Non c’è tempo: domani asta dei Bot. E poi 50 miliardi entro l’anno

foto Lapresse

ROMA – Domani, 10 novembre, c’è un’asta dei Bot. Non c’è tempo. Due giorni fa un’asta dei Bot era stata annullata dal Tesoro italiano, il tempo stava finendo. E il 14 di novembre c’è un’asta dei Btp: il tempo è finito. Non c’è tempo per le dimissioni alla moviola di Berlusconi. Non c’è tempo per i tempi usuali di una crisi di governo. Non c’è il tempo per una campagna elettorale e poi elezioni. Wall Street, le Borse, le banche e i governi di tutto il mondo vogliono sapere non “come” e per quali strade arriva il successore di Berlusconi ma subito, possibilmente ieri, chi è il suo successore. E dedurre da questo nome cosa l’Italia farà. Ora, qui, adesso. Non si fidano più di nessuno, né delle dimissioni a scadenza di Berlusconi, davvero si può escludere un colpo di coda? Nè di altre ipotetiche maggioranze e governo che sono appunto ipotetiche. Nè del “bagno elettorale”, per definizione incerto nei modi, tempi e risultati. Al mondo della finanza, delle banche e dei governi eventuali elezioni italiane appaiono poco “spagnole” e molto “greche”. Quelle spagnole hanno dato, se non la certezza, la possibilità di un cambio. Quelle greche, sotto forma di un referendum a dicembre, l’Europa le ha impedite minacciando ad Atene lo sfratto dall’Europa. Per quelle italiane comunque non c’è più tempo, il tempo è scaduto.

Nella più tenera delle ipotesi tempo agli sgoccioli.  Il tempo che l’Italia ha a disposizione prima che sia “troppo tardi”. Il presidente del Consiglio ha comunicato che “domani” si dimetterà, dopo l’approvazione della legge di stabilità.

Provvedimento che per legge deve essere varato entro il 31 dicembre. Berlusconi quindi, ammesso che adempia alla sua promessa, probabile, ma non ancora avvenuto, potrebbe teoricamente rimanere capo del governo per quasi due mesi ancora. Non sarà così, sarà molto meno. Ma comunque troppo tempo. Quel tempo che non c’è. I mercati dicono che non c’è, lo spread tocca ogni giorno nuovi record e i tassi sono ormai nella zona (7%) considerata punto di non ritorno. La stessa soglia che ha portato alla resa di Irlanda, Portogallo e Grecia. E il calendario incalza anche con le nuove aste di titoli di stato in programma nei prossimi giorni. Il cavaliere prende, di fatto, ancora un po’ di tempo, ma l’Italia, quel tempo non l’ha più.

La nostra economia somiglia ad un malato già più di là che di qua. Quanto tempo ci sia prima del “punto di non ritorno” è difficile da stabilire, ma certo molto poco.

Prima fra tutti a dire che di tempo il nostro Paese non ne ha, è la borsa più importante del mondo: Wall Street. Vista da lì, la crisi finanziaria italiana, ha dimensioni tali che l’impegno a dimettersi da parte di Berlusconi non basta a scongiurarla: servirebbe che il Cavaliere si facesse davvero da parte e che si reificasse un successore e con lui un nuovo esecutivo, in grado di adottare quelle misure impopolari necessarie a tirare fuori il nostro Paese dalla crisi.

Il timore di un imminente default italiano è descritto dell’incertezza degli indici di Wall Street di ieri (8 novembre), dove la giornata di contrattazioni è stata dominata dall’attualità italiana. Poco prima della campanella di inizio i futures sono saliti perché “si attendevano le dimissioni di Berlusconi”, come titolavano Cnbc e Fox Business. In attesa del voto alla Camera, l’interesse sui titoli di Stato decennali ha toccato il 6,74 per cento, ridiscendendo poi tradendo l’auspicio della caduta di Berlusconi. Ma quando i mercati si sono resi conto che la sconfitta in aula non comportava le dimissioni immediate la discesa si è arrestata e poi l’interesse è tornato a risalire a quota 6,71 per cento.

Parallelo l’andamento dello spread con i titoli tedeschi. Un documento di analisi di Barclays Capital riassume la situazione: “Il costo del danaro per l’Italia è chiaramente insostenibile: più l’interesse sul debito sale, più deve prendere prestiti dai privati e a causa dell’elevato debito pubblico ciò rende difficile se non impossibile ridurre il debito senza ricorrere ad aiuti”. “I mercati vogliono vedere una soluzione veloce del problema italiano, Berlusconi non può garantirla e così i settori azionario e obbligazionario premono affinché se ne vada in fretta” sottolinea Kenny Polcari, direttore di Iacp Equities e, il commento della tv Cnbc è chiarissimo: “L’orientamento dei mercati non cambierà fino a quando l’Italia non sarà guidata da un governo stabile capace di fare le riforme”.

Oggi poi (9 novembre 2011), le cose vanno se possibile peggio. Milano sta perdendo circa il 4% e, cosa peggiore, i titoli di stato italiani sono arrivati ad essere pagati al 7,4% con uno spread con i Bund tedeschi che ha toccato quota 568. La sensazione che Berlusconi stia cercando di prendere tempo, condannando, volente o meno, l’economia italiana ad altri giorni d’incertezza, è chiaramente negativo per i mercati. Mercati dove ormai la situazione del nostro Paese è considerata drammatica e dove, ieri, nel giorno della votazione sul rendiconto finanziario in cui la maggioranza di Berlusconi si è dissolta, la Bce sembra non abbia comprato titoli italiani.

E nei prossimi giorni sono in calendario aste di titoli nostrani: il 10 novembre sarà la volta dei Bot, il 14 dei titoli a medio-lungo termine, il 25 di Bot e Ctz, e poi ancora il 28 e il 29, e di nuovo il 12, il 14, il 28 e il 29 dicembre. Ma non solo titoli da vendere a tassi, probabilmente, insostenibili, ma anche titoli in scadenza per decine di miliardi di euro nei prossimi mesi: più di 30 miliardi a novembre e poco meno di 25 a dicembre, oltre 50 miliardi prima della fine del 2011: 50 miliardi da vendere sui mercati mentre in Italia c’è ancora la crisi di governo o c’è, al posto di un governo, la campagna elettorale. Non c’è tempo e forse siamo già fuori tempo.

 

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