Tornado ammazza bambini, ce ne saranno sempre più: negli Usa e anche da noi

La devastazione prodotta dal tornado a Oklahoma city (foto Ansa)

ROMA – Sempre più fenomeni metereologici “estremi” e sempre più diffusi, con un bilancio di vittime che sarà, conseguentemente, sempre più pesante. E’ questo il futuro che attende il nostro pianeta, un futuro che è, in larghissima parte, responsabilità dell’uomo. Uragani come quello che si è abbattuto su Oklahoma City diverranno sempre meno eccezionali e, contemporaneamente, colpiranno parti del mondo solitamente non abituate a questi fenomeni.

Le inondazioni, le tempeste di neve sono conseguenze dell’effetto serra e, come osserva Gavin Schmidt, climatologo della Nasa: “all’origine di questi fenomeni c’è una decade più calda di quella precedente a causa della produzione di anidride carbonica”, e poiché “non siamo stati in grado di prevenirla oramai non abbiamo scampo, dobbiamo fronteggiare le conseguenze”.

Conseguenze che sono pesanti, pesanti in termini economici e pesantissime in termini di vite umane. Analizzando quanto accaduto solo negli Stati Uniti negli ultimi anni salta agli occhi la “capacità killer” di super uragani ed altri eventi estremi. Il bilancio dei danni in dollari causati da questi eventi è stato infatti astronomico: 188 miliardi solo nel 2011/12. Ma ancora più astronomico è stato il bilancio delle vittime: 1107 le persone che hanno perso la vita. Numeri che fanno del clima il pericolo pubblico numero uno, la maggiore minaccia alla sicurezza del paese.

Se al danno economico gli Usa sono in qualche modo abituati, viste anche le caratteristiche del loro territorio dove uragani e tempeste sono “di casa”, un’assoluta novità è il numero di vittime da queste causate. Ad Oklahoma, ad esempio, i rifugi anti-uragani costruiti negli anni passati, non hanno retto. Demolendo la sensazione di sicurezza che i cittadini conservavano pur sapendo di vivere in zone soggette a rischio tornado e, allo stesso tempo, dimostrando l’inadeguatezza delle contromisure pratiche prese dall’uomo per difendersi dalla natura.

Se l’analisi di Schimdt è corretta, e non ci sono motivi apparenti di smentita, l’unica è ormai attrezzarsi per fronteggiare questi eventi, visto che non siamo come genere umano stati capaci di controllare le nostre emissioni quando eravamo in tempo. E’ in qualche modo arrivato il conto e, i fatti di Oklahoma come l’uragano Katrina, Sandy che colpì New York e la siccità record dell’anno passato fino alle tempeste di neve che hanno flagellato gli Stati Uniti, ne sono la dimostrazione.

Vivere però in zone come l’Italia, che fenomeni di questo tipo non ha quasi mai conosciuto, non ci può far sentire al sicuro. Perché se il cambiamento climatico genera tempeste “monstre” al di là dell’Atlantico, moltiplicando la loro forza, fa sì che contemporaneamente fenomeni simili arrivino a colpire anche dove non si erano mai spinte. Cronache di trombe d’aria eccezionali hanno da qualche anno cominciato a riempire le pagine dei giornali italiani, così come precipitazioni eccezionali e conseguenti allagamenti ed inondazioni. In altre parole nessuno è al sicuro, nemmeno l’Italia.

 “Se fino al 2010 – spiega Kevin Trenberth, scienziato del clima dell’Università del Colorado – era possibile considerare il clima estremo come un’eccezione, ora dobbiamo conviverci e ciò comporta adottare le necessarie contromisure”.

Contromisure che, in Oklahoma, dove sono perfettamente abituati ed attrezzati a fronteggiare gli uragani, non sono bastate. Gli allarmi, i rifugi, a poco o nulla sono serviti e il caso ha voluto che il prezzo maggiore in termini di vittime lo pagassero i bambini che si trovavano in due scuole sul percorso del tornado-killer.

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Emiliano Condò