ROMA – Trump-Iran, prima e fino al 2015 l’alternativa era accordo o guerra. L’accordo venne faticosamente raggiunto e siglato nel 2015 come alternativa alla guerra. Accordo o guerra, una terza soluzione non appariva praticabile. E quindi nel 2015 accordo firmato da Iran, Usa, Cina, Russia, Unione Europea e successivamente sorvegliato dall’associazione internazionale, Aiea, [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui, Ladyblitz – Apps on Google Play] che monitorizza e ispeziona le attività nucleari.
Era accordo o guerra perché il resto del mondo, praticamente tutto, non voleva che l’Iran si dotasse di armi nucleari. C’erano due strade per fermare Teheran sulla via già intrapresa che portava a fabbricarsi la bomba atomica. Una era attaccare l’Iran, bombardare le sue centrali e le sue installazioni e le sue fabbriche, insomma la guerra. Era la strada indicata da Israele. L’altra era quella di negoziare: da una parte lo stop iraniano allo sviluppo della bomba atomica, dall’altra la fine dell’isolamento e accerchiamento politico, economico e militare.
Tre anni fa prevalse, non senza difficoltà e opposizioni anche in Iran, la strada dell’accordo. E prevalse anche se non soprattutto perché l’alternativa era accordo o guerra. Terzo non c’era.
Anche oggi terzo non c’è: accordo o guerra e Trump ha cancellato accordo. Resta la guerra. E non è che Trump non lo sappia. Nel suo discorso di abbandono dell’accordo, mentre straccia l’intesa Trump ha detto che l’accordo serviva a proteggere solo il regime iraniano. Rivelando così qual è l’obiettivo di Washington: abbattere il regime di Teheran.
Alla Casa Bianca si fa conto che le nuove sanzioni economiche indeboliranno il regime ma soprattutto si fa conto su altro. Si conta sul fatto che Teheran riprenderà la costruzione dell’atomica iraniana. A quel punto Israele avrà , anzi ha già il via libero americano per attaccare, bombardare, spianare le centrali e installazioni iraniane e quindi il sistema di comunicazione e difesa di Teheran. Sotto un tale colpo di maglio, calcolano a Washington e a Tel Aviv, l’Iran crollerà , o meglio crollerà il suo regime.
L’aviazione israeliana sta già facendo le prove, ormai frequenti gli attacchi a basi iraniane in Siria. E soprattutto il punto, quando sarà il punto di attaccare, se Teheran sia o no vicina all’atomica, saranno Trump e il governo israeliano a deciderlo. Nei fatti l’hanno già deciso, entrambi hanno già denunciato al mondo la loro certezza che Teheran non ha mai smesso di fabbricare la bomba. E questo nonostante siano stati smentiti sul campo dagli ispettori Onu della Aiea.
Il via libera all’attacco a Teheran è già scritto nell’abbandono dell’accordo, è tutto nella mastodontica firma che teatralmente Trump appone e mostra, espone in calce alla disposizione presidenziale che straccia l’intesa. Se, anzi meglio dire quando attaccato, o in via preventiva (i fautori della guerra ci sono e numerosi anche in Iran) l’Iran può rispondere con i suoi missili o via terra colpendo Israele dal Libano e dalla Siria. In fondo è Trump stesso che indica agli iraniani come reagire: Kim, il nord coreano Kim si sta per così dire meritando un accordo con gli Usa perché la bomba atomica ce l’ha e l’ha mostrata. La lezione che viene dalla Casa Bianca è che senza bomba atomica provano a rovesciarti, se invece la bomba ce l’hai, allora trattano con te. Tutto è quindi apparecchiato per la seconda, no terza, no quarta o forse quinta guerra nel Medio Oriente in cui gli americani si imbarcano o che gli americani promuovono.
In fondo sempre maledettamente la stessa: a consigliare o a far da claque a Trump stavolta ci sono Bolton e Pompeo, gli stessi e la stessa matrice ideologica delle guerre in Iraq per abbattere il regime e portare lì niente meno che la democrazia. Questo colossale e ormai comprovato errore strategico, ravvivato, riesumato e quindi ripetuto grazie ad una ideologia suprematista su scala internazionale, unita all’ossessione israeliana per una sicurezza garantita solo da ricorrenti guerre, hanno apparecchiato per il mondo la prossima, imminente guerra.