Antonio Del Giudice

Parrucchieri riaprono post Coronavirus ma non sono più quelli di una volta. E noi nemmeno

Coronavirus. Neanche i barbieri sono più quelli di una volta. Fra qualche giorno, se Dio vuole, riaprono i barbieri e i parrucchieri. Per due mesi ci siamo inselvatichiti. I capelli ormai candidi, mi sono cresciuti a lunghezza 1968, che non ho avuto neanche a quel tempo.

Per un vezzo giovanile, frequento parrucchieri per signora, così godo dell’allegra compagnia delle mie coetanee. Constato che loro, manipolate a dovere, escono con venti anni di meno. Io no.

Cinquant’anni fa le cose erano diverse. Le mie coetanee dovevano fare la rivoluzione. Non avevano tempo per shampoo, taglio, colore e occultamento degli anni che anche allora passavano. La rivoluzione non si preparava col phone.

I giorni del Coronavirus mi hanno negato anche l’innocente curiosità per signora. Che fine avranno fatto le mie coetanee? Per me, restano donne senza nome, ma non vedo l’ora di sapere.

Il mio Figaro prepara il ricomincio.  Sanifica il locale, distanzia le poltrone, legge e rilegge i decreti. La fila dei prenotati è già lunga. La precedenza alle donne è scontata. Il Virus le ha imbiancate come la neve d’inverno con gli alberi nel bosco.

Non so se avrà posto per me prima di Natale. Intanto sto in fondo alla classifica come le squadre-materasso nel calcio. Proverò a farmi raccomandare o a chiedere un po’ di comprensione. Escludo la parità dei diritti, intruso quale sono.

È un fatto che l’uno alla volta per carità, imposto per legge, potrebbe mandarmi alle calende greche. Forse a Pasqua del 2021, se va bene.

S’affaccia la tentazione di tornare al barbiere per soli maschi. Guardo le sale affollate di giovinastri rasati e tatuati.

Stanze lunghe e strette che saranno anche fuorilegge. Al meglio, ci sarà da fare la coda fuori, come al supermercato, carrello escluso.

Mi viene nostalgia di quando ero ragazzo. Il battesimo al barbiere degli adulti era una conquista.

Come stare al bar, continui arrivi di caffè e di pasticcini, persino l’amaro Petrus per stomaci da cavapietre.

Le mani abili dell’omino in camice bianco. La rapida passata di macchinetta per rasatura all’Umberto, spruzzata di una specie di colonia, lo scappellotto sul collo incassato con stoicismo adulto.

E se il Coronavirus mi regalasse un salto indietro di settant’anni?

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Marco Benedetto