Antonio Del Giudice

Spiagge deserte, valle di lacrime. Confessione di uno che odia la folla

Spiagge e Coronavirus. La minaccia dell’estate. Abito a quattrocento metri dalla spiaggia, lungomare di Pescara. Amo il mare di inverno, le lunghe passeggiate mi risistemano la coscienza. I peccati della tavola diventano veniali.

Durante l’estate compio il mio dovere la mattina prima delle sette. La spiaggia è deserta come neanche con il Coronavirus, l’acqua è fredda e pulita almeno alla vista. Gli ombrelloni sono belli se sono chiusi.

Alle nove sono di ritorno a casa, pronto per mettermi al riparo dalle folle sudate e vocianti. Serro le stanze al buio e mi godo la giornata con le mie manie.

Mentre faccio la strada a ritroso, incrocio i forzati della spiaggia che si avviano al supplizio quotidiano. Arrivano già sfiniti, ma non cedono. La spiaggia è un comandamento e un dovere.

Intere tribù si disputano le sdraio, le seggiole di tela, i cuscini a misura d’uomo, ragazzini che urlano a squarciagola e che sparano pallonate al vicino. Fra un bagno e l’altro, rassettano i destini del mondo, in attesa fiondarsi al bar per il caffè a metà dell’opera, prima dell’assalto alla tavola calda.

Mi levo all’alba per non partecipare alla kermesse. A costo di qualche mugugno di mia moglie. Per me l’estate è fresco e silenzio, e mi dispiace per gli altri.

Quest’anno la partita cambierà verso. Le spiagge saranno contingentate per decreto, il Virus ama le ammucchiate e le tribù. Andare al mare sarà come salire in aeroplano, con tutti i controlli per la sicurezza del bagno.

La cosa mi fa uno strano effetto. Finalmente poca gente per ombrellone. E pochi ombrelloni. Finalmente nessuno ti salterà addosso senza neanche guardarti. Finalmente si potrà mangiare un gelato in santa pace, senza file che spintonano a casaccio.

Arriva la spiaggia dal volto umano, pensata per me. È l’osso inseguita per una vita di estati. Eppure mi viene il sospetto che resterò a casa, al fresco e col cane. O addirittura trascinerò in montagna mia moglie e il cane.

La montagna è triste per chi ama il mare. Ma l’estate prossima, fra divieti e rischi, la spiaggia sarà una valle di mugugni e di lacrime. Avrò nostalgia dei ragazzi che prendono il mondo a pallonate.

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Marco Benedetto