ROMA ā Eā singolare che ci sia ancora una Procura, quella di Bergamo, che vuol mandare sotto processo Umberto Bossi, il Senatùr, per le sue mattane. Lo scrive āRepubblicaā nellāedizione milanese, e la notizia passa un poā inosservata. Un Paese con i tribunali soffocati dai fascicoli arretrati, si continua a giocare ancora col lego delle baggianate pronunciate durante i comizi. Il declinante (ex) capo e giĆ fondatore della Lega ha regalato qualche espressione colorita delle sue (ācujunazzā) a Mario Monti e ha dato del āterunā a Giorgio Napolitano, il capo dello Stato.
Credo che nĆ© Monti nĆ© Napolitano si aspettino complimenti da Bossi, e non credo che siano interessati a vedere condannato il nuovo Vercingetorige. Certo, lāonore delle istituzioni va difeso, a prescindere dai sentimenti personali di chi le rappresenta, ma vogliamo o no tener conto di chi ĆØ Bossi? Di qual ĆØ il suo livello di approccio alla politica? Del suo rapporto con la lingua di Dante?
Bossi ĆØ certamente stato un innovatore che neanche Beppe Grillo può sognarsi di essere. Eā partito da solo, seguito da quattro simpatici sfaccendati da bar di periferia, e ha messo a soqquadro la politica italiana. Ha predicato la rivoluzione dei costumi nazionali, ha pregato il suo dio politico alla foce del Po, ha fatto molto folklore e ha conquistato le regioni più ricche dāItalia, col consenso di imprenditori e partite Iva. Poi ĆØ finito di colpo, perchĆ© predicava benino e razzolava maluccio. Razzolava allāitaliana: familismo, clientelismo, assalto alla diligenza del danaro pubblico. Uno statista piccolo piccolo.
Adesso ĆØ un uomo finito. Forse lascerĆ addirittura la Lega, il suo delfino Roberto Maroni lāha cancellato, mantenendogli uno scranno e uno stipendio in Parlamento. I suoi sogni di gloria sono roba per disegnatori di fumetti. Ma cāĆØ ancora qualcuno che lo prende sul serio e vuole processarlo per le sue colorite imprecazioni. Ma davvero, in un Paese cosƬ malridotto, non abbiamo di meglio da fare?