ROMA – Giuseppe Turani ha scritto questo articolo dal titolo “Banche: il labirinto e la truffa”, anche sul sito Uomini & Business:
La questione delle 4 banche fallite (o quasi fallite) si sta complicando ogni giorno di più. Adesso è scoppiata anche una durissima polemica fra la Banca d’Italia e la Commissione UE. La prima, in pratica, accusa Bruxelles di non averla autorizzato ad avviare l’intervento del Fondo tutela dei depositi che avrebbe consentito di salvare tutto quanto, con buona pace di tutti. Bruxelles dice che non è vero e che la decisione è stata dell’Italia. Venire a capo di questa faccenda non sarà semplice. Anche perché poi è la stessa commissione UE a ribadire che, se si devono fare interventi di salvataggio, anche i privati devono intervenire, che è esattamente quello che sta avvenendo.
Ancora: la Banca d’Italia sostiene di essere intervenuta nel modo che si sa perché dal primo gennaio entra in funzione in tutta Europa il bail-in: quando si salva una banca devono pagare anche i privati, correntisti compresi. Un disastro. Per evitare il peggio, dice la Banca d’Italia, abbiamo fatto intervenire il Fondo di risoluzione, ma si è riusciti solo a garantire i correntisti (cioè i depositanti) e non gli obbligazionisti subordinati. Se non avessimo agito in fretta, dal primo gennaio anche gli obbligazionisti normali (e i depositanti sopra i 100 mila euro) avrebbero dovuto partecipare al salvataggio.
La situazione è complicata, come si vede, e si va complicando ogni giorno di più. Anche perché il premier Renzi ha lanciato una frase abbastanza polemica: la Germania ha speso 400 miliardi per salvare le sue banche, che sono messe comunque peggio delle nostre. Insomma, là i salvataggi di Stato si sono fatti, a noi li proibiscono.
L’irritazione di Renzi si può capire. Questa è una grana inattesa, ma sulla quale l’opposizione sta marciando forte.
Purtroppo, non ci sono molte soluzioni. La Ue sembra decisa a impedire che le quattro banche vengano salvate con soldi pubblici (o para-pubblici), vuole che siano rispettate le regole.
In sostanza, dovrebbe essere pacifico che gli azionisti delle quattro banche perderanno di fatto quasi tutti i soldi investiti. Capita anche a chi ha messo soldi in un’azienda di bottoni o di pompe e quindi la cosa non dovrebbe destare molto scandalo.
Resta la questione bizzarra degli obbligazionisti subordinati. Si tratta di obbligazioni che, a differenza di quelle normali, riconoscevano a chi le comprava un rendimento fino al 7 per cento (un sogno di questi tempi, le altre al massimo prendono il 2 per cento, quando va bene). Secondo le norme, le obbligazioni subordinate sono equivalenti alle azioni e quindi anche i possessori di questi titoli dovrebbero perdere tutti i soldi investiti.
E è qui che è scoppiata la rivolta. Gli obbligazionisti subordinati sostengono di essere stati truffati e non vogliono perdere i loro soldi. Truffati forse no, ma avidi certamente si: potevano comprare le altre obbligazioni (al 2 per cento) invece hanno preferito queste, assai più rischiose, che però pagavano il 7 per cento.
A loro ha risposto, in un modo che certo non gradiranno, il presidente delle banche, Patuelli: dite che vi hanno truffato, bene, andate dai carabinieri e fate una regolare denuncia.
Il governo, però, non può cavarsela così. Ormai si è sollevato un polverone politico grandioso. E allora si stanno cercando soldi per sistemare un po’ gli obbligazionisti subordinati (al 30 per cento, forse). Ma altre menti sono al lavoro per trovare il modo per fare arrivare qualche soldo addirittura agli azionisti (truffati anche loro?).
La conclusione è amara. Alla fine tutta questa gente, che ha fatto investimenti rischiosi (incassando fino a ieri fior di soldi) riuscirà a avere in qualche modo un aiuto dallo Stato, anche se la Commissione Ue continuerà a protestare.
Alla fine, quindi, a essere fregati saranno i cittadini che hanno tenuto i soldi in banche normali, a interessi zero, e che invece con le loro tasse dovranno partecipare al “salvataggio” di questi signori.