
ROMA – Vincenzo Longo ha scritto questo articolo dal titolo “Recupero listini europei” anche per il sito Uomini e Business:
Seduta di recupero per i listini azionari europei dopo una partenza di sessione dettata ancora una volta dalla volatilità . Questa mattina gli indici hanno aperto in forte calo in concomitanza con l’apprezzamento dell’euro sui mercati valutari e una prosecuzione delle vendite sul comparto obbligazionario. A metà seduta questi movimenti sono rientrati, complice anche dei buoni dati Usa. Le nuove richieste di sussidi di disoccupazione la scorsa settimana sono salite a 265 mila unità , ben sotto le attese fissate a 280 mila unità . In realtà , però, la reazione dei mercati potrebbe essere del tutto riconducibile alla volatilità che stiamo attraversando nelle ultime settimane. Siamo nel pieno della tempesta e le prossime sedute saranno molto interessanti. Domani sono in agenda i Non Farm Payrolls negli Usa, mentre lunedì l’Eurogruppo tornerà a riunirsi nel tentativo di risolvere la crisi greca. Questi due fattori terranno la volatilità ancora molto alta.
Dollaro sotto i riflettori in vista NFP
Sul fronte Non Farm Payrolls, ci aspettiamo che dei dati sotto le attese possano indebolire ancora un po’ il biglietto verde sull’aspettativa di uno slittamento del rialzo dei tassi della Fed a fine 2015. Il comparto azionario potrebbe non risentirne molto, dato che il dollaro debole dovrebbe riportare un cauto ottimismo sull’export made in Usa, dopo i dati pessimi sulla bilancia commerciale di marzo. Al contrario solo delle indicazioni positive potrebbero rafforzare il biglietto verde e penalizzare maggiormente le borse.
Tra le valute, il cambio Eur/Usd è arrivato a sfiorare area 1,14 questa mattina, salvo poi ritracciare violentemente nel pomeriggio. Crediamo che continuerà a rimanere valida la correlazione inversa tra Euro/Dollaro e borse europee, che penalizzerà quest’ultime ogni qualvolta il cambio tenterà di allungare il passo.
Petrolio
Seconda seduta di correzione per il petrolio dopo la violenta ascesa degli ultimi giorni, che ha visto il Brent arrivare a toccare 69,60 dollari/barile (+19,5% da inizio anno e +50% dai minimi toccati a gennaio). Mentre il balzo dei mesi scorsi può essere inquadrato come un mero effetto correttivo dopo la violenta discesa, quello degli ultimi giorni è riconducibile per lo più al deprezzamento del dollaro. Nonostante le scorte settimanali di greggio siano scese per la prima volta da inizio anno la scorsa settimana, dai fondamentali i segnali che arrivano continuano a mostrare un eccesso dell’offerta, con la produzione statunitense di shale oil che continua a salire. Probabilmente, però, questo rialzo del petrolio potrebbe spingere molte società produttrici di shale oil a tornare a investire nel settore, dopo i tagli apportati nel primo trimestre, anche se dopo i violenti movimenti dell’ultimo anno prevale un po’ di cautela sul mercato.
Fuori dai confini Usa, gli operatori tengono l’attenzione rivolta a quello che succede nel Medio Oriente, con gli sviluppi in Iran che rimangono sotto osservazione. L’accordo sul nucleare, che porterebbe sul mercato milioni di barili di petrolio, sembrerebbe ancora molto lontano. Alla luce di ciò, ci aspettiamo che la corsa al rialzo del petrolio possa non durare a lungo. Probabilmente il Brent potrebbe stemperare la sua forza verso i 75 dollari e il WTI verso i 68 dollari. Qui potrebbe sostare per un po’ prima che la discesa riprenda piede. Verso la fine dell’anno, l’eventualità di un accordo in Iran e l’ipotesi di un apprezzamento del biglietto verde aprirebbe a una nuova debolezza.
Intanto i forti movimenti degli ultimi giorni, potrebbero creare non pochi problemi alle Banche centrali del mondo, tutte impegnate a inizio anno a tagliare i tassi di interesse. Le aspettative inflattive, che preannunciavano una debolezza prolungata fino a qualche settimana fa, vengono ora riviste frettolosamente dagli operatori e questo ha giustificato i forti sell off sui bond governativi di tutto il mondo.
