Calabria, Sanità fra ridicolo e Cencelli, ricostruita la trama della telenovela. Nella foto: il prefetto Guido Longo. Che sia la volta buona...
Calabria, Sanità, il commissario c’è, finalmente. O almeno si spera. È il prefetto Luigi Longo, un passato di poliziotto e di combattente di mafie e camorre. Siamo al tentativo numero nove, ricorda Antonello Piroso sulla Verità.Longo, che è in pensione dagli organici statali, ha accettato. Segue di ore l’ultimo no, quello di Agostino Miozzo, quasi-commissario straordinario alla sanità calabrese. Il suo è stato l’ottavo nome “bruciato” nella telenovela alla nduja. Che vede il governo di Giuseppe Conte rimediare una figura da cioccolataio via l’altra.
Ricostruire la trama della telenovela Calabria è una fatica degna di un romanziere
Miozzo è coordinatore del Cts, Comitato tecnico scientifico, anche se è andato in pensione dal primo ottobre. Gli era stato proposto l’incarico, aveva chiesto condizioni che non sono state accettate. E ha rinunciato.
Se non ci fosse da piangere – per i lutti e per la generale dissipazione– ci sarebbe da ridere – per la tragicommedia messa in scena da “Giuseppi” per il diletto degli italiani (un po’ meno, c’è da ritenere, per i calabresi).
Perché prima di arrivare a Longo, sul campo ne sono già caduti (per dimissioni, revoche, ripensamenti, rifiuti, veti incrociati), con Miozzo, ben otto. In un paio di settimane: Saverio Cotticelli, Giuseppe Zuccatelli, Eugenio Gaudio, Francesco Paolo Tronca, Federico D’Andrea, Narciso Mostarda, Luigi Varratta. Che pure ha confermato la sua disponibilità mentre il governo si era già orientato verso Miozzo, poi caduto anche lui.
Ai primi cinque si sono infatti aggiunti, nelle ultime frenetiche ore, prima Mostarda e poi Varratta. Quest’ultimo abbattuto, mentre era in corso un agitatissimo Consiglio dei ministri, in diretta tv su La7 dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. “Io penso che più che di un prefetto in Calabria ci sia bisogno di competenze”.
Mostarda è medico specializzato in neuropsichiatria infantile. Ma con un Master alla Sapienza di Roma conseguito nel 2012 in management nelle aziende sanitarie. È stato il nome che i ministri dell’Economia e quello della Salute, Roberto Gualtieri e Roberto Speranza, hanno opposto al ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia.
Che lunedì si trovava in Calabria. Da dove è tornato con la convinzione che l’attuale direttore generale del dipartimento della Salute calabrese, Francesco Bevere, potesse rappresentare una soluzione idonea a sciogliere la matassa.
Niente da fare. Speranza Bevere non lo vuole vedere nemmeno dipinto, dopo averlo silurato, nel dicembre scorso. “Dimissionandolo” dal vertice dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Dove Bevere si trovava dal 2014 e dove era stato riconfermato solo quattro mesi prima.
Così Speranza ha tirato fuori dal cappello il nome di Mostarda. Che nel curriculum può vantare sì di essere stato direttore generale in una Asl di Roma. E, ancora prima, dirigente nella Asl di Frosinone. Solo che nello stesso comune è stato anche assessore alla cultura in quota Pd. Peccato imperdonabile, agli occhi dei Cinquestelle.
Che quindi hanno sposato, contrapponendola a quella di Mostarda, la causa di Varratta. Già prefetto a Reggio Calabria e di cui si sarebbe fatta in qualche modo garante il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
Con tale viatico, ci si sarebbe potuti aspettare che Varratta avrebbe messo tutti d’accordo. Macché. Nella notte dei lunghi coltelli, tra martedì e mercoledì, la candidatura è stata affondata. Perchè il manuale Cencelli e le spregevoli logiche lottizzatrici della partitocrazia, si sarebbe detto ai tempi della disprezzata Prima repubblica, sono tuttora in auge.
E nessuno voleva mollare di un centimetro.
Si arriva così a Miozzo, “portato” dallo stesso Conte e dal viceministro alla Salute, il pentastellato Pierpaolo Sileri.
Il bello è che Miozzo, dieci anni fa, da sinistra veniva visto con il fumo negli occhi. Perchè era tra i “protetti” di Guido Bertolaso alla Protezione civile. Che lo aveva fatto passare da lavoratore parasubordinato con contratto co.co.co. a dirigente generale della Presidenza del consiglio. Grazie ad una norma ad personam inserita nel famoso decreto “rifiuti” (all’epoca tale emergenza investiva Napoli e la Campania).
Non basta. Miozzo sul coronavirus è incappato in un paio d’incidenti. Il primo quando ha ammesso di aver taciuto nel primo semestre 2020 i numeri della pandemia “per non seminare il panico”.
Il secondo quando una troupe di Report gli ha chiesto conto della sparizione del piano, pronto nella seconda metà di febbraio, del ricercatore Stefano Merler. Che -sulla base della diffusione del virus in Cina- aveva elaborato un modello matematico di contenimento del Covid.
Il piano fu girato dall’Iss, Istituto superiore di sanità, al Cts. Come è stato confermato dall’ex direttore generale del ministro della Salute Claudio D’Amario. “Noi tecnici lo ricevemmo e lo validammo”.
Qualcuno invece lo mise in un cassetto. Miozzo, che l’ha declassato a semplice scenario, al programma tv ha replicato: “Non dico niente, parlo solo se mi autorizzano”. Il ministero ha ribattuto: “Veramente dipende da lui, ma non ha tempo”.
Ora tocca a Longo. Se nel frattempo non cambierà idea.
* da La Verità