Copyright di Goffredo Bettini.
Anzi no: di Enrico Letta.
Anzi no: di Massimo Cacciari.
Anzi no: di Giuliano Pisapia.
Anzi…stop, avverte Antonello Piroso su la Verità.
Andiamo con ordine. Il Cdl, Campo democratico largo, è la nuova frontiera della ricostituenda coalizione di centro-sinistra a trazione Pd. Partito quasi sempre al governo senza aver mai vinto una competizione elettorale.
E come si regolano le aziende per rilanciare un prodotto senza più appeal?
Se non trovano il modo di innovarlo, prendono quello vecchio e lo infilano in una confezione rivisitata per l’occasione.
Ma sotto la rivoluzione, niente.
Così è in politica.
Conia un nome “creativo”, lancia uno slogan inedito, rifai il look al simbolo, e vai con un’arma di distrazione di massa che dissimula il vuoto pneumatico di idee.
Il Cdl (Campo democratico largo) è figlio di tale logica, ennesimo maquillage che neanche Madonna la popstar alla sua sesta o settima reincarnazione.
Un appartamento, il centrosinistra, in cui periodicamente si spostano porte, muri e finestre, ma rimane sempre della stessa metratura, come le percentuali nei sondaggi politici.
In principio fu l’Ulivo, 1996.
Coalizione composta da 13, tredici!, liste, da Ds ai Popolari per Romano Prodi fino al Patto di Mario Segni.
Dieci anni dopo, 2006, ecco l’Unione, il cui leader era ancora Prodi, ma con alle spalle un politbüro in cui sedevano 9 generali, da Piero Fassino (Ds) a Clemente Mastella (Udeur).
Dovendo accontentare l’atavica fame di poltrone di tutti loro, Prodi battè il record di Giulio Andreotti quanto a esponenti dell’esecutivo: 102, tra ministri, viceministri e sottosegretari (il divo Giulio nel 1991 si era fermato a 101).
Non solo.
Prodi uguagliò se stesso: andò a casa dopo due anni, proprio come nel 1998.
Espressione rilanciata da Michele Gubitosa, vicepresidentente del M5S, in chiave tutt’altro che inclusiva, a proposito dei “muri” di cui sopra: “Con Carlo Calenda e Matteo Renzi nessun Cdl è possibile”.
Una conventio ad excludendum prontamente ripresa da Goffredo Bettini, paraguru del Pd variante thailandese, il quale, in un’intervista a SkyTg24, ha però “salvato” Renzi per bombardare Calenda, eletto malgré soi a bestia nera.
“La sua azione è solo in polemica con il Pd. Dobbiamo dire ai nostri elettori che Calenda non lavora per rafforzare il Cdl. Altrimenti c’è un equivoco, cioè che Calenda possa rappresentare una variante più decisionista (del medesimo Cdl). No, lui sta lavorando per colpire, ridurre, distruggere la forza del Cdl di cui parla Enrico Letta” è stata la fatwa alla vaccinara di Bettini.
Quindi: nel Cdl Pierferdinando Casini e Bruno Tabacci sì -campo democratico…cristiano- Calenda no, da internare metaforicamente in un “campo di rieducazione” (sarcastica la replica di Calenda via twitter: “Dopo la variante omicron, la variante decisionista. Manco fosse un insulto. Good night and good luck”, un anglicismo che a Napoli sarebbe tradotto con “salutame a soreta”).
Da notare che l’ira funesta verso Calenda nasce dal fatto che -annunciando lui di presentarsi nel collegio di Roma in cui si voterà per sostituire Roberto Gualtieri diventato sindaco, seggio per il quale il Pd aveva offerto la candidatura a Giuseppe Conte- l’operazione “Giuseppi in Parlamento” è saltata.
1) l’ “avvocato del popolo” è fuggito dal giudizio del popolo nelle urne, e avanza rinculando;
2) Letta è stato mortificato da Conte non solo con il suo “sì” poi diventato un “no”, ma anche con la gaffe successiva: “Non voglio entrare alla Camera dalla porta di servizio”, cosa che ha fatto proprio Letta vincendo le supplettive a Siena due mesi fa;
3) Renzi si è appropriato della scena con la classica mossa del cavallo, candidando la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti. Ministra “riscaldata” nel caso, essendosi lei presentata alle politiche del 2018 con il Pd (non risultando eletta), per poi passare a Italia viva.
Il tutto mentre nel Pd volano gli stracci. Vedi la riunione sulle nomine negli enti culturali della Capitale in cui Gualtieri ha voluto ribadire a muso duro, davanti a Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, con il fido Salvo Nastasi di complemento, e altri capataz della palude correntizia romana.
Esternazione riferita a Bettini, che avrebbe replicato: “Stia attento, come ho fatto cadere Ignazio Marino posso fare lo stesso con lui”, duello di wrestling verbale smentito dal sindaco (“Ricostruzioni fantasiose”). E dallo stesso paraguru (“Parole mai pronunciate”), ma che intanto hanno portato alle dimissioni di Bettini dalla fondazione Cinema per Roma.
La formula del Cdl è dunque frutto della fertile inventiva del segretario Pd? Neanche.
Risalendo per li rami, è agli atti che fu usata da Massimo Cacciari in un articolo su Repubblica del 2 agosto 2018. Il filosofo chiamava alla “mobilitazione per frenare e arginare la pericolosa deriva antidemocratica dell’Italia”.
(Si sa che quando le proposte politiche convincenti latitano, l’allarme contro il fascismo “montante” o “eterno” funziona sempre, almeno per una parte dell’elettorato).
Il manifesto si chiudeva con l’appello a “costruire un campo democratico largo ma chiaro nelle sue finalità, contro i seminatori di odio e di divisioni”.
En passant: all’epoca chi era al governo da due mesi, dopo le urne del 4 marzo? La Lega e il M5S, Matteo Salvini e Luigi di Maio, entrambi ministri e vicepremier, con presidente del Consiglio Conte. Che appariva così intimidito dal ruolo che gli era capitato tra capo e collo da sembrare ai più come il vice dei suoi vice,
Quindi: nel 2018 Cacciari auspicava la nascita di un novello fronte popolare, il Cdl appunto, da contrapporre ai sovranisti fascio-populisti. Cdl. Che però oggi vede i sinistrati di Pd e LeU far parte dell’esecutivo di Mario Draghi proprio con gli acerrimi avversari di ieri.
Ora che vi ho confermato come il centrosinistra omaggi sempre il pensiero tutto cinese di Mao Zedong, “grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”, sono pronto a svelarvi l’arcano.
In un evento alla presenza di Gad Lerner, Laura Boldrini, l’odierno leader delle Cgil, Maurizio Landini, Nicola Zingaretti e il sempiterno “misirizzi” Tabacci- su iniziativa del già sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
Oggi europarlamentare eletto nel 2019 con il…Pd.
Essì: perché nel frattempo il progetto Campo progressista, nato il 14 febbraio per unire le forze a sinistra del Pd, nel dicembre dello stesso anno era già passato a miglior vita.
Non esattamente un bel viatico per Bettini & compagni.