
Cesare Lanza ha pubblicato questo articolo sul suo blog, con il titolo “Un solo capitano: dui capitagni, nave in ti schêuggi”.
“Dui capitagni, nave in ti schêuggi” (Antico proverbio marinaro, genovese).
È stata una intelligente amica genovese, Simonetta Prunotto, a farmi tornare in mente quel vecchio proverbio genovese, ricco di saggezza. Valido in mare, ma anche in ogni altra attività: una guida unica è indispensabile, democratica finché si voglia, ma unica.
Solo uno deve avere, in sintesi, l’ultima parola. È anche prezioso, ovviamente, l’affiatamento con il capo da parte dello staff, disciplina, un comune sentire. (En passant, mi viene in mente il caso della Concordia e del comandante Francesco Schettino: quanto mi piacerebbe occuparmi di questo caso, se ne avessi il tempo! Ho la sensazione – tutta da dimostrare – che qualche pasticcio, all’origine, ci fosse. I capitani forse erano due: Schettino rilevò il comando da un altro capitano, l’equipaggio, fedele al primo, non gradì molto l’avvento del secondo, di Schettino non piacquero la sua esibizione di intimità con quella bella figliola di cui tanto si chiacchierò e i suoi modi autoritari – autoritari e decisionisti nelle apparenze, ma solo fino al momento della tragedia).
Ma veniamo al punto, o al nocciolo, e il punto, e il nocciolo, è sempre Matteo Renzi. In un Paese di dinosauri, con la sua furbizia e la sua rapidità di interventi e decisioni, ha fatto piazza pulita e ha conquistato potere e comando, in pochissimo tempo.
Non era mai successo prima, nella storia della nostra Repubblica: che sia giusta e positiva o no, questa presa di potere è discutibile, ma esiste; e con essa bisogna fare i conti.
Che Renzi sia destinato a durare, fare le riforme, vincere la sua battaglia, è cosa molto discussa, ma imprevedibile al momento; anche se la politica è capace di inventare qualsiasi cosa, al momento non si vedono alternative.
Schettino finì sugli scogli non solo per la sua incapacità, presumo, ma anche perché non fu ben assistito, diciamo aiutato, da nessuno.
Chiedersi oggi se Renzi possa fare la fine di Schettino, come molti, ma solo privatamente fanno, non sarebbe solo una domanda insensata e arrogante a priori. Comanda solo lui, ma un equipaggio fedele ce l’ha, un equipaggio di amici e amiche, ma ubbidiente.
Sarebbe un’ipotesi stolta, ventilare la domanda che egli possa finire negli scogli, tra un “inchino” e l’altro ai grandi poteri: sarebbe stolto perché tutti siamo interessati a non finire sugli scogli, e Renzi dunque andrebbe aiutato, nelle sue ardite e a volte bizzarre e temerarie navigazioni, a evitare gli scogli che egli stesso, oltre a quelli esistenti, si procura spesso disinvoltamente.
Il paradosso è questo: la maggioranza degli italiani non vota, e quelli che votano hanno tolto molti consensi al premier; molti non nascondiamo perplessità e pesanti timori; eppure dobbiamo sostenere Matteo Renzi, se vogliamo evitare il naufragio.
Fino a quando? Ecco una bella domanda. Renzi con grande abilità ha sconvolto il vecchio Sistema di poteri in Italia. Ha rottamato il rottamabile, ma soprattutto ha annientato di fatto i vecchi e grandi poteri prima esistenti, diciamo i poteri dei dinosauri.
Ha imposto il suo ritmo. Mentre gli altri blaterano a ritmo slow, lui magari non fa, ma si muove a ritmo di rock, annuncia di voler fare, cambiare, incoraggia speranze, agita paure, condanna l’ignavia, presunta o vera che sia, di chi si limita a criticare.
Fino a quando? Direi che la risposta sta in un altro paradosso: dobbiamo aiutare Renzi per evitare di finire negli scogli, augurandoci che il premier riesca a fronteggiare l’emergenza; nel frattempo, preparare, e non sarà facile, una più affidabile successione.
Intanto, a Renzi mandiamo un affettuoso e interessato consiglio: non dica che il non voto è cosa secondaria; chiunque, da qualsiasi punto di vista politica, sa bene che è un vulcano in eruzione.
