Cofferati a Pisapia, Zedda e Doria: Unità? Non con questo Pd

Sergio Cofferati
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Per Sergio Cofferati “la stagione del centro sinistra in Italia è finita” perché il Pd, con l’elezione di Renzi segretario e la nomina di Renzi a premier “ha cambiato natura”. Il governo dell’ex sindaco di Firenze ha fatto “sul lavoro, sui diritti, sulla scuola o sulle riforme costituzionali” cose che segnano “una distanza evidente rispetto alla stessa definizione di sinistra”.

Quindi è giusto sostenere l’idea di una sinistra di governo, di una “unità delle forze progressiste” ma è sbagliato “difendere l’unità in astratto”. Insomma, sembra dire Cofferati nella sua lettera all’Huffington Post, cari Pisapia (sindaco di Milano), Doria (sindaco di Genova) e Zedda (sindaco di Cagliari), dobbiamo cercare di dare delle risposte di sinistra ai nostri elettori: difficile farlo cercando intese a tutti i costi col “partito della nazione”.

Ho avuto modo di leggere la lettera dei Sindaci di Milano, Genova e Cagliari che si appellano ad una auspicabile rinnovata unità del centro sinistra.

Ritengo l’unità delle forze progressiste un valore indispensabile, così come l’obiettivo, che una forza di sinistra deve avere, di assumersi la responsabilità di governare, se governare consente di dare sostanza ai propri valori, di migliorare le condizioni materiali delle persone che si rappresentano e dell’intera comunità. L’unità è un valore che non può prescindere dal merito che la deve creare e dai valori che le alleanze prendono a riferimento e dalla sostanza delle politiche. Difendere l’unità in astratto credo sia invece un errore, un appiattimento che non può più alimentare alcuna speranza ma rischia invece, anche inconsapevolmente, di inasprire disaffezioni e stanchezze ormai molto diffuse.

La stagione del centro sinistra in Italia è, secondo me, finita, ed occorre dirlo con la dovuta nettezza e chiarezza. È finita perché il Partito Democratico ha cambiato composizione, natura ed elementi valoriali. Quanto questo Governo ha fatto sul lavoro, sui diritti, sulla scuola o sulle riforme costituzionali (giusto per citare le scelte più recenti) segna una distanza evidente rispetto alla stessa definizione di sinistra. Il Partito Democratico, erede della tradizione della sinistra riformista italiana, è semplicemente diventato un’altra cosa. La proiezione verso il partito della nazione è la rappresentazione plastica di questo cambiamento, accompagnata dall’abbandono lento e silenzioso di molti iscritti.

È vero che le notizie francesi, l’avanzare generalizzato di forze nazionaliste, razziste e xenofobe con retaggi fascisti, è un campanello d’allarme serio che rischia di non essere isolato. In Francia come nel resto d’Europa però il problema non è l’unità delle forze progressiste, semmai invece una crisi profonda del socialismo europeo che dove governa o è appiattito sulle logiche di grande coalizione o non riesce a dare quelle risposte di sinistra agli elettori che gli avevano chiesto. In Francia come in Italia ed in Europa, la risposta non può essere un’unità incondizionata, ma la riscoperta o la costruzione di una identità rinnovata.

Sono poi d’accordo, come hanno detto i tre sindaci, che la scelta di sostenere un candidato sindaco debba partire dal lavoro svolto dall’amministratore uscente. Io credo ad esempio che le forze di sinistra debbano identificare elementi specifici per giudicare le politiche cittadine (mobilità, rifiuti, gestione degli spazi pubblici, sociale etc..) e su questa base esprimere un giudizio circostanziato. Per questa ragione risulta incomprensibile una loro richiesta di unità che prescinda sia dal giudizio sull’amministrazione che dalle possibilità di garantire una continuità effettiva. Faccio un esempio per esplicitare ancor meglio la mia opinione.

Credo che a Milano Pisapia abbia amministrato bene e che bisognerebbe provare a creare le condizioni per una continuità adeguata. La candidatura di Sala non la garantisce di certo perché la Milano di questi anni non è stata solo Expo ma soprattutto molto altro che non appartiene alla cultura politica ed alle esperienze passate di quel possibile candidato. Ecco quindi un caso pratico nel quale l’unità a prescindere dal merito rappresenterebbe un danno, più o meno inconsapevole.

 

Published by
admin