
Coronavirus, quinta colonna russa in Italia, la talpa scava, Di Maio fa gaffe (foto ANSA)
Che la missione militare russa inviata in Italia sotto la copertura dell’emergenza Covid19 abbia avuto e continui ad avere una spiccata finalità di propaganda politica è cosa oramai nota e compresa.
Troppi sono i dettagli e le palesi incongruenze di questo dispiegamento, ben descritti e tracciati da alcuni (pochi, purtroppo) organi di stampa, per lasciare spazio a ricostruzioni che cerchino di minimizzare o spostare l’attenzione verso altro.
Perfino il ministro Luigi Di Maio, normalmente poco incline ad ammettere di avere avuto un ruolo secondario, ha ben compreso il potenziale impatto di un completo disvelamento di quanto avvenuto.
Così prima ha accolto, insieme al Capo di Stato Maggiore della Difesa, in maniera chinata e allegra i russi a Pratica di Mare, importante e strategico aeroporto militare vicino Roma.
Poi si è affrettato a riferire in Parlamento che la missione russa, è il frutto di una telefonata fra il Presidente del Consiglio e il Capo del Cremlino, escludendo la Farnesina da qualsiasi coinvolgimento.
La toppa è peggiore del buco, anche questa volta.
Chi ha un minimo di consapevolezza di come si svolgano le “telefonate” fra capi di Stato e di Governo, o chi abbia semplicemente un po’ di buon senso, capisce che, se mai esistita, la telefonata è comunque giunta a suggello di un ripetuto scambio di note, di valutazioni e di informazioni fra Italia e Russia.
La telefonata è il punto di arrivo di un lavoro precedente, non il punto di partenza.
Sono pochissimi i funzionari vicini al Premier ad avere l’autorità per imbastire un percorso così cordiale ed avere poi l’autorevolezza per convincere Conte a procedere in tal senso.
Sono verosimilmente gli stessi alti funzionari che in qualche modo riescono a filtrare il flusso informativo che dagli organi informativi nazionali e alleati dovrebbe giungere al Capo del Governo.
Così, anni di lavoro di analisi sulle tecniche di ingerenza russa (e non solo) e dettagliati piani di protezione e risposta a queste aggressioni “ibride” sono stati totalmente ignorati, causando prima sconcerto, poi aperta irritazione negli ambienti alleati.
Se il Generale Wolters, il militare più alto in grado della NATO ne parla pubblicamente, non è per desiderio di protagonismo.
Casomai, è perché questo incredibile episodio è stato oggetto di precisa valutazione in alcune Capitali che, con Roma, condividono responsabilità e dossier molto delicati.
La talpa russa scava da anni e la pervasiva presenza in tanti organi di informazione italiani era nota da tempo.
La minaccia personale che dai militari russi è stata recapitata al giornalista de “La Stampa”, è un chiaro segnale di pretesa impunità e sostanziale controllo del territorio mediatico italiano.
Se però, oltre a tanti media, anche alcune posizioni chiave nelle nostre istituzioni si dimostrano così allineate con Mosca, allora la questione non può più essere accantonata, né rimandata a tempi migliori.
