La “più bella Costituzione del mondo” (quella italiana) è il risultato di un compromesso, una vera e propria “spartizione” tra i principali partiti. Calamandrei aveva affermato che “La Costituzione è stata scritta nei corridoi”.
In quel periodo, un sistema politico non era pensabile senza i partiti, con i loro uffici studi, sezioni, giornali, che si facevano portatori delle idee e dei programmi. Il sistema parlamentare non è altro che un regime di partiti, ma di partiti forti, disciplinati e organizzati. Chi non vuole i partiti o ne distrugge la credibilità, attenta alla democrazia.
Il “vecchio” sistema dei partiti definito dalla Costituzione è stato scardinato da Mani pulite, un episodio tragico della storia repubblicana che non ha uguali nel mondo occidentale. Il movimento che più aveva approfittato della clava giudiziaria era la Lega Nord di Bossi.
I nuovi “onesti” denunciavano alle procure i casi di mala gestio di socialisti, comunisti e democristiani. La maggior parte di loro non aveva esperienze di partito. Un professionista milanese mi confidava che, uscendo dallo studio, fu avvicinato da una persona che conosceva di vista. Si trattava di un esponente di base che stava organizzando la “marcia padana su Roma ladrona”. Egli chiese al mio amico: “vuole presentarsi nella nostra lista, bisogna andare a firmare dal notaio entro dieci minuti”. Il mio amico accettò, divenne senatore e ministro del Bilancio, famoso per essersi proposto di ridurre la spesa pubblica.
Fu per questo chiamato ministro Tagliarini. Egli fece la pericolosa scoperta che la voce di spesa che superava di cento volte il finanziamento pubblico dei partiti era costituita dagli interventi a favore di associazioni, enti sportivi, organizzatori di spettacoli, Festival, saghe paesane e così via all’infinito. Le agevolazioni fiscali a favore delle cooperative sarebbero state ridotte dopo trent’anni di battaglie. Alla fine, la Lega nord aveva dovuto cambiare nome e utilizzare la “scopa” per fare “pulizia” nel movimento.
Mentre un tempo i deputati intervenivano per ridurre l’entità delle contribuzioni governative, oggi è il governo che deve limitare l’esercizio di questo potere dei deputati. Si è arrivati alle erogazioni a pioggia come i bonus edilizi, le rottamazioni e così via. Tutto avviene alla luce del sole e la coscienza collettiva non viene intaccata. Se però un consigliere comunale prende un rimborso spese senza idonee pezze giustificative, le procure si scatenano.
La classe politica è stata talmente screditata che i “candidati” dichiarano di non avere nulla a che fare con le stesse formazioni che li hanno messi in lista. Sono sorti i partiti “del fare” che hanno soppiantato quelli del “pensare”.
La società di oggi non è più divisa tra reazionari e progressisti, rossi o neri. La gente pretende risposte a problemi concreti: non esistono famiglie “spirituali”. Le nuove formazioni politiche nascono sulla base di obbiettivi cosiddetti “qualificanti” e al tempo stesso “divisivi”, come il reddito di cittadinanza, “quota cento”, i “diritti civili”.
I governi di compromesso (nobilitati con il termine di “unità nazionale”) stanno in piedi finché le singole componenti possono mettere le proprie “bandierine”. In questo modo, le leggi approvate a larga maggioranza esprimono la volontà di trascurabili minoranze. Il secondo effetto pratico è che si aumenta la spesa pubblica senza limiti e si determinano le condizioni di tipo condizionante-ricattatorio.
Il governo Draghi è sorto allo scopo di realizzare il PNRR e la politica green, ma soprattutto per far recuperare al paese un minimo di credibilità internazionale.
A seguito dei massacri russi in Ucraina, la mission del governo è mutata. Gli obiettivi originari sono diventati semplici vicende di bottega. Bisogna affrontare la questione energetica nel breve periodo, il posizionamento nella Nato, la fornitura di armi ad un paese aggredito, il problema alimentare della Terra, la perdita di competitività di un paese privo di risorse energetiche adeguate. E qui si scatenano rinnovate battaglie “ideologiche” che impediscono di estrarre gas o petrolio
Solo che le attuali forze politiche non sono in grado di comprendere ed affrontare i problemi di un paese “in tempo di guerra”.
I 5 Stelle hanno espresso una classe dirigente incapace di dare impulso alla vita pubblica, selezionare i migliori, mediare tra le forze in campo senza demonizzare gli avversari. Partecipano alla discussione pochi parlamentari di questa formazione politica che era solita ricorrere alla consultazione permanente della “base”, dimostrando così che parlano i “saggi” e decidono gli “stolti”: l’assoluto trionfo della mediocrità.
Il fatto è che la base “popolare” di questo gruppo non ha connotati democratici. Crede che i problemi riguardino un conflitto all’interno delle classi dirigenti e non attribuisce un ruolo alla minoranza che guida il paese. Dichiara a gran voce che “uno vale uno” e pensa che un Conte equivalga a un Draghi.
Bisogna sperare che la folgorante “conversione” ai principi democratici dell’attuale ministro degli esteri Di Maio, sia seria e definitiva. Nessuna garanzia può derivare da un Salvini, attento solo ai sondaggi di opinione o dalla Meloni che rischia di catturare voti inutili per governare. La tecnica “silente” di Letta che vive degli errori altrui, fa guadagnare scampoli di consenso ma è improduttiva nel lungo periodo.
Tutti questi gruppi non sono in grado di esprimere un leader credibile sul piano internazionale. La sola possibilità delle attuali formazioni in campo è quella di garantire solidità al governo Draghi “whatever it takes”.