Espellerli, certo. Tenerli in galera, sicuro. E senza un giorno di domiciliari. Abolire per loro ogni sconto di pena, non fa una piega. Fargli scontare, in Italia o a casa loro, fino all’ultima ora di condanna, garantito. E pure cercarli per strada, nei bar, nelle stazioni e nei campi dove si aggirano e, si fa per dire, risiedono. Perfino aumentare il peso in anni di prigione delle condanne, perchè no? Ci vogliamo mettere anche diffidare di loro in blocco? Non è giusto, anzi è statisticamente falso oltre che umanamente sbagliato. Però è comprensibile, comprendiamo anche questo. Con l’unica eccezione dell’incitamento al linciaggio, questa sì da rispettare con rigore, trattiamo dunque il romeno stupratore il peggio possibile. Ma almeno che sia quello giusto il rumeno, quello che ha stuprato.
Sembra ovvio ma non lo è. Non è ovvio per i bravi ragazzi di Guidonia che erano pronti a caricare di botte l’inviato de “Le Iene” che si era “travestito” da rumeno e fingeva di parlare rumeno. Bravi ragazzi pronti a mandare all’ospedale il rumeno sbagliato, anzi quello giusto che è in regola con la legge. Ma si dirà che sono ragazzi, un po’ cresciuti magari, ma sempre ragazzi quanto a cervello. Non è ovvio anche per tanti di noi che il rumeno lo vedono giusto al mattino quando fa il muratore e sbagliato la sera quando passeggia per strada, anche se il rumeno è sempre lo stesso. Ma, si dirà , è strabismo sociale indotto dalla paura, comprendiamo anche questo.
Ma non è ovvio invocare e preparare l’inferno in terra al rumeno stupratore, quello che davvero ha stuprato e non un rumeno qualsiasi, neanche a chi ha indagato e arrestato per l’ultimo stupro. Sul corpo e sugli abiti di quella quindicenne non ci sono i segni biologici dei due che stanno in galera. Forse sono complici, forse sanno chi è stato. Ma loro pare proprio non siano stati, lo dice il Dna e non il “buonismo”. Allora, cattivi sì, come dice Maroni. Ma almeno non a vanvera. Dagli al rumeno ma, per favore, non all’italiana.