Corrado Formigli in intervista a La Repubblica: “Vorrei Putin in studio, per incalzarlo!” Curiosa e bislacca quanto diffusa questa certezza del conduttore televisivo. Mica solo Formigli, sono tutti assertori convinti e sicuri che loro, nel loro studio tv, farebbero a pezzettini chiunque. In effetti spesso va così, ma dipende quasi sempre dal poco spessore intellettuale (non di rado anche umano) della fauna-ospiti. Ma cosa rende i Formigli della nostra tv così, diciamo, spavaldi?
Tu portalo in studio…Il talk è in fondo tutto qui: nel comporre l’ospitata. Poi ci pensa il conduttore. La presunzione di poter “incalzare” un Putin con gli strumenti dell’intervistatore televisivo è tanto ingenua quanto, appunto, professionale. Mediamente i conduttori di talk-show non intervistano, non ne hanno il tempo, le modalità dell’interlocuzione televisiva fanno da ostacolo (bisogna spezzare, sottrarre parola altrimenti ascolto si annoia e cala…). Non raramente i conduttori, almeno alcuni, non hanno categorie concettuali a misura di una competente intervista ad un Putin. Tralasciando poi la circostanza che un Capo di Stato non si presta ad una diretta tv, il dato indiscutibile che maggiormente evidenzia perché di presunzione si tratta è che il conduttore di talk-show ha come funzione quella della spalla nella scenografia dello show appunto. Suscita la battuta, esalta la battuta, ruota intorno alla battuta. Ma la battuta è sempre altrui.
Formigli esercita al meglio una professionalità specifica, quella di un mondo dove la realtà, i fatti, le cose sono le parole e le dichiarazioni. Mondo che nella osservazione e ricerca, nel culto e anche nel mercato delle parole ha abdicato, ha espulso dal reale niente meno che la realtà dei fatti e delle cose. Putin? farlo parlare in studio, magari il mio, è il massimo evento possibile nella guerra, che altro vuoi? Il Conduttore alza le penne perché nel mondo che lui governa e conosce la guerra finisce o comunque si risolve se lui, in studio, a Putin glielo fa dire, più o meno e poi la dichiarazione finisce sulle agenzie di stampa e poi i quotidiani il mattino dopo…La parolite, malattia invasiva e totalizzante, mutazione vincente del giornalismo.