
1-La questione elettorale.
Nei paesi anglosassoni, l’elettore si pronuncia per un programma, vale a dire sceglie il candidato in base al suo atteggiamento nei confronti di un problema concreto. La forza di un partito sta nella capacità di interpretare i bisogni reali del corpo elettorale: la Thatcher aveva contestato la linea Laburista in nome di un nuovo rigore. Il repubblicano Trump ha prevalso sulla Clinton ottenendo i voti dei lavoratori “democratici”, promettendo di riportare a casa le imprese trasferite all’estero.
Durante la Prima repubblica, l’elettore italiano ha sempre avuto delle idee politiche e votava il candidato o il partito appartenente a una determinata famiglia spirituale. Immaginiamo ora un gruppo politico che cerchi di contenere in sé i programmi di tutti i “sottogruppi” della coalizione: i fautori dell’art. 18 e del Job Act, europeisti e scissionisti, della spesa e del rigore, all’insegna dello slogan “partito di governo e di opposizione”. Un’esperienza di questo genere l’hanno vissuta gli italiani con i “partiti artificiali”, che comprendevano la sinistra ex comunista, quella riformista e democristiana, oppure liberali, ex missini, leghisti e formazioni di supporto. Gruppi gelosi della propria identità, pronti a differenziarsi alla prima occasione.
I “rivoluzionari” della Seconda repubblica volevano arrivare a due grandi “alleanze”, promettendo che “il primo giorno dopo il voto sapremo chi ci governerà per cinque anni”. Il sistema dei due blocchi, agglomerati che raggruppano interessi territoriali, clan, apparati, è stato un fallimento. Infatti, il conflitto esterno tra i gruppi elettorali in competizione, si è trasferito all’interno dei partiti artificiali, con lo stesso risultato dell’ingovernabilità. Anche in Inghilterra, nonostante il sostanziale bipartitismo, i conservatori di Cameron hanno dovuto accordarsi con i liberali per raggiungere una maggioranza.
Una cosa è il dissenso individuale, altra cosa è l’uscita di una componente qualificante, come quella di Bertinotti, Bossi, Fini o Casini. Il vulnus del nostro sistema politico è l’esistenza dei blocchi artificiali. Non è dunque il sistema elettorale in sé a garantire la stabilità: in Inghilterra vige il sistema elettorale maggioritario, in Germania il proporzionale, con analoghi risultati pratici. I “voti difformi” in questi due paesi europei costituiscono entità trascurabili, perché la forza dei loro sistemi elettorali risiede nei partiti disciplinati e compatti.
2-Il voto indisciplinato, il premio di maggioranza, la soglia di ingresso.
Per difendersi dalla pratica del voto “dissenziente”, il movimento 5 Stelle ha introdotto un risarcimento economico a carico del transfuga. Per dare attuazione alla decisione dei vertici grillini, bisognerebbe prevedere che ogni deputato eletto nella lista, inosservante la disciplina di partito, possa essere privato del suo seggio in base ad una decisione di un “tribunale” speciale. In tal caso gli succederebbe come deputato chi, dopo di lui, abbia riportato nella stessa lista il maggior numero di voti. Una tale previsione richiederebbe peraltro una modifica della legge costituzionale. Per attenuare i limiti del “frazionismo”, sono previste elevate soglie d’ingresso (raccomandate in Europa entro il range del 3-5 per cento) e il premio di maggioranza (che in passato è stato contestato dalle sinistre, come avvenne nel 1953 per la Legge Truffa).
3-Democrazia e limitazioni del diritto di voto.
C’è una questione di democrazia in discussione, perché, in linea di principio, ciascun elettore ha il diritto di essere rappresentato dalla formazione politica che ha scelto, ancorché di assoluta minoranza. Non si possono sopprimere le minoranze in forza di una legge. Ma se il sistema elettorale non realizza una selezione normale, un giusto rendimento delle istituzioni? Se esso dà il potere a dei mediocri, a delle nullità o a degli incapaci? Se il sistema non è in grado di scegliere dei buoni governanti? Se gli eletti non raggiungono più nemmeno quella media accettabile che si esige e si ottiene nell’amministrazione e nel commercio? Problemi del genere si pongono a tutte le democrazie moderne, che devono contrapporre metodi “spicci” alla degenerazione della politica.
Il caso di scuola è stato quello della democrazia americana ai tempi di Reagan. Carter, il predecessore, non intendeva mettere in discussione il diritto di sciopero, con la conseguenza che i ritardi cronici dei treni ed aerei stavano mettendo in ginocchio il paese. Reagan impiegò l’esercito e licenziò tutti gli addetti, con divieto di riassunzioni nel comparto pubblico per vent’anni. Grazie a questo comportamento “antidemocratico”, il Presidente fu rinnovato nella carica con maggioranze schiaccianti. Per difendere la democrazia, in Italia è necessario limitare i diritti delle minoranze.
3-Lo spoil system nelle imprese pubbliche.
Allo scopo di premiare i portatori di voti, i partiti cercano di occupare le posizioni di potere, secondo il principio dello spoil system all’americana. Con la vittoria di Trump, circa quarantamila dipendenti pubblici sono usciti dai loro uffici con le scatole di cartone. Negli Usa, peraltro, le imprese industriali nelle mani pubbliche sono piuttosto rare, mentre nel nostro paese rappresentano le principali realtà economiche. Inoltre, i nostri governi hanno bisogno di stampelle esterne: paragonare la situazione americana a quella italiana è quindi una forzatura.
Renzi ha preteso di eliminare dal potere le sinistre interne, richiamandole comunque alla disciplina di partito. I boy scout della Leopolda hanno occupato tutte le società a partecipazione statale, con individui il cui principale merito era quello della fedeltà. Si è trattato, in prevalenza, di presenzialisti, personaggi di basso profilo tecnico-culturale, molto attivi nei convegni, alcuni dei quali mettono in pericolo la nazione con la loro goffaggine. Gli amministratori così designati, a loro volta, cambiano collaboratori, professionisti e fornitori: si impossessano “manu militari” dell’Ente a spese della collettività. Questa tecnica trova controindicazione nel fatto che i successivi pirati finiranno per sostituire i precedenti ricorrendo alla medesima prassi. Una situazione sconvolgente per le società quotate che perdono credibilità internazionale.
5-Lo spoil system nei ministeri e nelle amministrazioni locali
Più difficile è l’occupazione delle tecnostrutture dei ministeri e dei grandi Comuni. Ad esempio, il dicastero dell’Industria, in passato è stato un feudo della sinistra, che gestiva le “contrattazioni” aziendali per il mantenimento dell’occupazione e pilotava le procedure liquidatorie delle cooperative, diventate insolventi. La sostituzione dei grand commis dello Stato o dei Comuni (come si sta verificando a Roma) è un’impresa molto difficile e nessun ministro o sindaco è in grado di liberarsi dalle presenze scomode ereditate dalle gestioni precedenti. Accade invece che sia il politico improvvisato, a farsi portavoce dei tecnici di carriera.
6- La classe dirigente. Folle vocianti, popolo e democrazia del sorteggio.
I cattolici dovrebbero ricordare l’insegnamento di Pio XII, il quale, in un radiomessaggio del 1944, invitava a diffidare di coloro che pretendono di rappresentare la folla ma non sanno esprimere una classe dirigente credibile: “Per compiere un’azione feconda, per conciliare la stima e la fiducia, qualsiasi corpo legislativo deve raccogliere nel suo seno una schiera eletta di uomini, spiritualmente eminenti e di fermo carattere, che si considerino come i rappresentanti dell’intero popolo e non già come i mandatari di una folla, ai cui particolari interessi spesso purtroppo sono sacrificati i veri bisogni e le vere esigenze del bene comune”.
Il Papa aveva in mente le folle organizzate e inneggianti del periodo nazista, fascista e staliniano. La radio popolare di Hitler consentiva di indottrinare e guidare le masse come si cerca di fare oggi con il mezzo televisivo. Alla crisi dei partiti, diventati centri d’interesse, ha cercato di rimediare Beppe Grillo, selezionando i parlamentari con il metodo del sorteggio o della designazione pilotata nell’ambito di un popolo lillipuziano.
7- La falsa democrazia mediatica.
Ammettiamo che si realizzi un sistema di Internet, in grado di registrare in tempo reale il voto popolare su ogni questione importante per il paese. Diamo per scontato che esista un miracoloso software in grado di evitare brogli, patacche e false notizie, come quelle organizzate dagli hacker a carico della Clinton e della Merkel. Potremmo forse concludere di avere realizzato una democrazia compiuta perché l’intero popolo è messo nelle condizioni di cliccare il proprio voto? In una situazione del genere non vi sarebbe bisogno di governo ma solo di tecnici che eseguano in modo automatico le decisioni della piazza mediatica.
La democrazia non sarebbe più delegata ma diretta. Una civiltà di questo tipo ci farebbe ritornare al villaggio contadino, perché il “cliccante” non può avere le competenze necessarie per valutare la materia trattata. Su questo piano si poneva la recente consultazione popolare sulla riforma della Costituzione, il cui esito è stato segnato da vicende diverse da quelle referendarie, incomprensibili al 95% degli elettori.
8-Parlamento e partiti
Il sistema parlamentare non è pensabile senza l’esistenza dei partiti. In tal modo l’organo supremo della vita politica non è più il Parlamento, ma una riunione di comitati di partito responsabili a loro volta dinnanzi ad altri comitati, senza il controllo del suffragio universale. La democrazia moderna si basa interamente sui partiti politici, la cui importanza è tanto maggiore, quanto più il principio ha una vasta applicazione. Il sistema parlamentare non è altro che un regime di partiti, ma di partiti organizzati, rappresentanti delle concezioni, delle idee, delle forme di pensiero.
I partiti sono una costruzione del mondo moderno. Neppure la Convenzione, durante la Rivoluzione francese, conosceva la nozione di partito. La Gironda e la Montagna non erano partiti in senso tecnico nel significato che diamo ora alla parola; tutti i deputati consideravano come ingiuriosa l’idea che si potesse sospettare di mettersi d’accordo prima della seduta per distribuirsi i compiti e per concertare un’azione determinata. Il voto doveva esprimere l’insieme dei pareri individuali e non quello dell’opinione dei gruppi.
Allo scopo di evitare l’instabilità ministeriale e il rovesciamento dei gabinetti ad opera di maggioranze occasionali, i costituenti di Bonn avevano inventato un sistema che doveva premunire il governo contro il voto di una coalizione puramente negativa, animata unicamente dal desiderio di rovesciare il ministero a priva di un programma comune. Propendo verso i sistemi di tipo americano o elvetico, fondato sulla separazione e l’equilibrio dei poteri e, di conseguenza, sulla suddivisione della sovranità, che assicurano al potere esecutivo, nella sua particolare sfera d’azione, un’autorità indipendente e continua. Tali sistemi creano dei poteri stabili ed hanno inoltre il grande merito di sostituire la nozione reale di controllo alla nozione, un po’ illusoria, della responsabilità che ha avuto parte troppo grande nel nostro paese.
9-La lotta per la democrazia.
La lotta per lo Stato degli uomini liberi è anzitutto la ricerca di un’etica, di un’etica sociale e individuale. La democrazia è un comportamento e un impegno: se manca questo impegno, la tecnica legislativa è morta. Non vi è stabilità politica senza un minimo di moralità nell’azione dei partiti. Questo minimo di moralità sta nel fatto che, pur avendo il diritto di combattere il governo, una opposizione non deve tuttavia opporsi a quei provvedimenti governativi che essa stessa proporrebbe se fosse al potere.
E’ fuori discussione che le strutture costituzionali sorte dopo la Liberazione non abbiano creato una tecnica adatta alla vita, ai bisogni, allo spirito dei nostri tempi. Il rinnovamento del sistema esige non soltanto innovazioni tecniche, ma fiducia dottrinale, nuovi apporti al pensiero politico, ampiezza di respiro, slancio. Esige la rottamazione degli attuali costituzionalisti e il ripristino della gerarchia delle istituzioni elettive rispetto a quelle di carriera. Minacciata dal globalismo economico al quale non ha saputo adattarsi, esasperata dalla possibile rinascita di sistemi autoritari, l’Italia democratica attende tuttora il suo rinnovamento costituzionale.