Decine di migliaia di italiani, in queste ore, stanno votando per le elezioni politiche del 2013. Gli italiani all’estero hanno già ricevuto il materiale per poter votare per corrispondenza per il prossimo presidente del consiglio. Per esempio, io sono andato a votare oggi, lunedì 11. Ho messo la mia busta in una cassetta della posta gialla (gialla per i residenti in Francia. I residenti all’estero di Londra mettono i loro voti in una casetta della posta rossa).
Quando, venerdì scorso, 9 febbraio 2013, ho trovato il plico del Consolato italiano, ho avuto un attimo di sollievo. «Vatti a fidare del Consolato, come si fa a fidarsi del Consolato, impossibile fidarsi del Consolato» avevo pensato con preoccupazione per settimane.
A causa di una naturale diffidenza verso l’«ufficio pubblico» da novembre mi sono attaccato al telefono per contattare l’ Ambasciata. Volevo essere sicuro di poter votare, volevo dissipare il dubbio di non essere nella lista degli elettori all’estero, che mi spiegassero cosa dovevo fare. Nonostante decine di chiamate agli orari più diversi, impossibile però parlare con qualcuno. «Buongiorno, le linee sono occupate. Ci richiami nuovamente». «Mannaggia, vatti a fidare del Consolato italiano».
Poi ho adottato una strategia differente. Mi sono messo a chiamarli prima che aprissero. Alle nove meno due minuti. Centoventi secondi di vantaggio. Speravo in un addetto di buon umore, qualcuno che avesse passato una serata speciale il giorno prima e che, altruista, rinunciasse a due minuti… Un giorno, dopo innumerevoli tentativi andati a vuoto, ce l’ho fatta: alle nove meno uno di mattina, ho parlato con un addetto dell’ambasciata. «Come-si-vota-mi-dica-per-favore?», ho chiesto senza quasi prendere fiato.
Si è stupito, mi ha rimproverato, ha confermato quello che avevo sentito dire: avrei ricevuto una lettera dell’ambasciata con tutti i documenti necessari. Per sicurezza mi sono fatto ripetere l’informazione due volte. Poi ho abbassato il telefono. Il sollievo è durato poco. Subito mi sono detto «Se è così difficile fare una chiamata…Vatti a fidare del Consolato». In cuor mio già rinunciavo al vuoto e mi ricordavo che quando in Italia dovevo ricevere le multe da pagare, queste non mi arrivavano mai, e poi pagavo la maggiorazione. «Mannaggia, vatti a fidare del Consolato italiano».
Poi venerdì scorso, nella mia cassetta delle lettere, ho trovato un plico A4. In alto sulla destra la stella emblema dell’ Italia. Ecco, doveva essere… Ho aperto il plico e ci ho trovato dentro: due buste di cui una affrancata, l’elenco dei candidati e dei partiti che si presentano al Senato e alla Camera «Circoscrizione Estero – Ripartizione Europa», il certificato elettorale, un foglio informativo. E poi, piccole e discrete, le schede elettorali, due piccoli quadratini, due fogli piegati più volte su stessi, uno blu ed uno grigio su cui scrivere solo con «una penna biro di colore nero o blu».
Evviva, ce l’ho fatta. Forse sarà perché all’estero, non potendo vedere i dibattiti televisivi, ci si dimentica dello spettacolo della politica italiana, ma alla fine ci tenevo proprio a votare. Sennò non li avrei tempestati di chiamate. Come molti altri non ho votato per convinzione ma solo perché ho un’idea del «meno peggio degli altri». Però malgrado tutto ci tenevo a poter votare per il meno peggio.
Francesco Montorsi ha 28 anni,vive e insegna a Parigi. La sue opinioni sono interessanti nella doppia ottica geografica e generazionale.
