Viene conferita ai Comuni capoluogo di provincia e alle città turistiche e d’arte la possibilità di istituire un’imposta di soggiorno fino a 5 euro per notte a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive, con destinazione del relativo gettito ad alcune specifiche finalità, tra cui quelle a favore del turismo. Si prevede inoltre una nuova disciplina, dell’imposta di scopo, prevedendo la possibilità di aumentarne la durata fino a dieci anni e eliminare la destinazione del gettito. E’ evidente in questi casi la carenza del legame con il territorio e l’allargamento generalizzato della potestà fiscale locale per fronteggiare la contrazione delle entrate ordinarie attivate con le recenti manovre finanziarie.
Le nuove aliquote dell’imposta di registro, che entreranno in vigore dal 2014, sostituiranno l’imposta di bollo e le imposte ipocatastali, nonché i tributi speciali e le tasse ipotecarie. Si introduce la possibilità di aumentare l’addizionale IRPEF da parte dei comuni nei quali non risulti finora stabilita oltre la percentuale dello 0,4 per cento, che resta il limite massimo.
Anche l’IMU entra in gioco nella fase a regime (dal 2014), in sostituzione, per la componente immobiliare, dell’Irpef (e relative addizionali) dovuta per i redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché dell’ICI, ed ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale, da cui è esclusa. Nell’abolizione dell’ICI sulla prima casa va ricercato il vulnus principale del fisco municipale in quanto i proprietari delle altre abitazioni in molti casi non risiedono nel comune che colpisce l’immobile.
Ancor più efficace sarebbe, per rendere i sindaci responsabili di fronte ai loro cittadini, una imposta basata sul possesso, sul modello della “pool tax” inglese. L’aliquota dell’IMU sarà pari allo 0,76% e viene ridotta alla metà per gli immobili locati. I comuni possono estendere in tutto o in parte tale riduzione anche agli immobili posseduti da contribuenti IRES, nonché modificare la aliquota di 0,3 punti percentuali, in aumento o in riduzione (0,2 punti nel caso degli immobili locati). Sono esenti dall’IMU gli immobili posseduti dalle amministrazioni pubbliche, nonché alcune categorie di immobili già esentati ai sensi della normativa dell’ICI (fabbricati destinati ad usi culturali, all’esercizio del culto, utilizzati dalle società non profit ecc..).
Il decreto prevede infine, a regime, l’imposta municipale secondaria, da introdursi con deliberazione del consiglio comunale (che potrà anche prevederne esenzioni ed agevolazioni) in sostituzione degli attuali tributi sull’ occupazione di aree pubbliche, sulle affissioni e sull’installazione dei mezzi pubblicitari. La nuova imposta sarà disciplinata con un regolamento, sulla base di alcuni criteri tra cui la previsione che il soggetto del tributo sia chi effettua l’occupazione di spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni.
Dal punto di vista quantitativo la massa finanziaria correlata alla attuazione del decreto ammonta a 11,2 miliardi di trasferimenti che dovranno essere sostituiti dal gettito dei tributi devoluti. Dalle prime simulazioni effettuate dalla CGIA di Mestre emerge una sperequazione a favore dei comuni settentrionali rispetto a quelli meridionali. In euro pro-capite si registrano: Milano (211), Monza (201), Parma (144), Imperia (141) e Siena (132) a fronte di Foggia (-192), l’Aquila (-208), Taranto (-215), Cosenza (-269) e Napoli (-327). Una previsione che non promette bene, anche se attraverso il fondo di riequilibrio tali differenze dovrebbero essere compensate.