ROMA – Franco Abruzzo ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog.
Pensioni. La sentenza della Corte Costituzionale che ha messo fuori legge il blocco della perequazione delle pensioni, cioè il loro adeguamento alla inflazione, è «autoapplicativa», come spiegano giuristi e fonti vicine alla Consulta stessa. Il che significa che non ci sarà bisogno di fare ricorso per ottenere il rimborso del mancato adeguamento all’inflazione per il 2012 e il 2013 – e relativi effetti a cascata anche sugli assegni 2014 e 2015 – che i giudici costituzionali hanno dichiarato illegittimo. L’idea di non restituire tutto a tutti, secondo alcuni ministri, «è compatibile con la sentenza della Consulta». Soluzione che, però, non trova d’accordo tutto il governo, e Renzi in primis, come in serata chiariscono fonti di Palazzo Chigi.
Matteo Renzi sembra stretto fra la sentenza della Corte Costituzionale sulla perequazione delle pensioni, che, secondo i giuristi, è “autoapplicativa” e il fantasma di Mario Monti interpretato da Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia e segretario di Scelta Civica. Sempre che Renzi, da quel gran furbacchione che è, non stia giocando un crudele gioco delle parti facendosi beffe di milioni di elettori over 65: ma rischia grosso.
Riporto qui un articolo del sito di Rai News che spiega cosa si deve fare per avere il rimborso e una cronaca di Silvia Gasparetto dell’agenzia Ansa che traduce l’aria che tira a Palazzo.
Rai News.
La sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni e il blocco delle indicizzazioni, senza l’introduzione di eventuali interventi del governo, vale di per sé erga omnes ed è immediatamente applicativa: tecnicamente non serve un ricorso, anche se questa può essere una via per sollecitare il rimborso. E’ quanto spiegano sia fonti vicine alla Corte sia alcuni giuristi riguardi alla sentenza n° 70 della Consulta che ha bocciato il blocco della perequazione introdotto dal governo Monti. Le sentenze della Corte, salvo diverse indicazioni contenute nel provvedimento emesso dai giudici – che, in questo caso, non ci sono – acquistano efficacia il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Per ottenere il rimborso delle somme non percepite in termini di indicizzazione – spiegano le fonti – si deve fare una domanda all’Istituto pensionistico, non serve un ricorso, perché dopo la sentenza la restituzione è un obbligo da parte dello Stato. Ciò non toglie che, come accaduto in casi, in casi analoghi, gli stessi avvocati possano consigliare la via del ricorso come strada per rendere più forte l’azione e per sollecitare il rimborso. Intanto, fonti di Palazzo Chigi sottolineano come, sul tema delle pensioni, fanno testo solo le parole del ministro Pier Carlo Padoan. E questo per rassicurare Bruxelles su eventuali buchi di bilancio e porre fine alle indiscrezioni e ricostruzioni riportate da alcuni organi di informazione che – sottolineano dal goveno – non riflettono gli orientamenti dell’Esecutivo al riguardo. E per spegnere inoltre ogni polemica in merito alle ipotesi di non pagare tutti, come aveva ipotizzato il sottosegretario Enrico Zanetti.Ansa, Silvia Gasparetto:
«Nessuna decisione presa». È il leit motive che rimbalza da un palazzo all’altro del governo, alle prese con la bomba esplosa dopo la sentenza della Consulta sulle pensioni. Governo che è alla ricerca di una soluzione che tenga insieme il rispetto delle indicazioni della Corte Costituzionale – anche per evitare di incappare in nuovi stop in futuro – e la tenuta della finanza pubblica, sempre sotto la lente Ue, messa a dura prova da un ‘conto che dovrebbe attestarsi, al netto, attorno ai 9-10 miliardi.
Sempre che si scelga la via, e questo è il vero nodo da sciogliere, di rimborsare tutto a tutti. Perché sul punto l’unica certezza, al momento, è che la sentenza è «autoapplicativa», come spiegano giuristi e fonti vicine alla Consulta stessa. Il che significa che non ci sarà bisogno di fare ricorso per ottenere il rimborso del mancato adeguamento all’inflazione per il 2012 e il 2013 – e relativi effetti a cascata anche sugli assegni 2014 e 2015 – che i giudici costituzionali hanno dichiarato illegittimo.
Insomma, al netto di un intervento del Governo, dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale la sentenza sarà operativa, e la restituzione del pregresso sarà un obbligo. Proprio per questo nel frattempo il Governo sta studiando come modulare un intervento «proporzionale e progressivo», come chiede la Corte, ma che riduca il buco di bilancio alle porte.
Di ora in ora, intanto, il dibattito si fa sempre più acceso, mentre anche dalla Ue il pressing diventa più serrato: il Governo, è il monito, stia attento a «non compromettere il rispetto del Patto» di stabilità e dia priorità «alla sostenibilità dei conti pubblici».
Si rispetteranno Consulta e conti, ribadisce il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il quale assicura l’esecutivo sta «pensando intensamente sia agli aspetti istituzionali che di finanza pubblica». Per farlo, è la via indicata dal sottosegretario Enrico Zanetti, non vanno rimborsati tutti i pensionati, anche perché farlo sugli assegni più alti sarebbe «immorale».
Posizione che trova qualche sponda nel governo, dove alcune fonti fanno filtrare che l’idea di non restituire tutto a tutti «è compatibile con la sentenza della Consulta».Soluzione che però non trova d’accordo tutto il governo, e Matteo Renzi in primis, come in serata chiariscono fonti di Palazzo Chigi: la posizione del Governo, fanno sapere, è quella espressa dal titolare di via XX Settembre e tutto il resto non corrisponde agli orientamenti dell’esecutivo.
Alla base di tutto c’è un problema giuridico da sciogliere: di che natura siano le somme non corrisposte ai pensionati e se non siano del tutto assimilabili allo stipendio (la sentenza parla di «retribuzione differita») e in quanto tale intangibili. E bisogna capire se non restituire queste somme a una parte dei pensionati, attraverso un provvedimento emesso dopo la sentenza della Consulta, non esponga ad altri rischi di ricorsi e pronunce di incostituzionalità. Peraltro non restituire il pregresso a chi percepisce pensioni alte, osservano alcuni, non risolverebbe il problema dell’impatto sui conti, visto che la maggior parte dei pensionati che non hanno avuto l’adeguamento Inps in questi anni si colloca nella fascia tra 3 e 5 volte il minimo (le pensioni fino a 3 volte il minimo non erano coinvolte).
Una delle ipotesi al vaglio resta però quella di agire per scaglioni, sulla falsariga della norma Letta attualmente in vigore. Ma c’è anche chi caldeggia la soluzione precedente al Salva Italia, che agiva sulle fasce, più progressiva ma anche più onerosa.
In pista resterebbe comunque anche l’idea di un intervento, un decreto, per differire l’entrata in vigore, e quindi gli effetti, della sentenza della Corte, e avere così più tempo per mettere a punto un meccanismo che sventi il rischio di nuove azioni legali.
A complicare ulteriormente un quadro già caotico starebbe per arrivare poi, secondo indiscrezioni di stampa, una bocciatura da Bruxelles dell’estensione dell’inversione contabile dell’Iva alla grande distribuzione. Misura che vale 700 milioni di euro e che prevede, in caso di stop Ue, una clausola di salvaguardia equivalente sulle accise. Sulla reverse charge, chiarisce ancora Padoan, «intanto vediamo cosa dirà la Ue. Ne prenderemo atto. Comunque c’è l’impegno del governo ad eliminare tutte le clausole di salvaguardia».