Ma che c’è da stupirsi? Avogadro non era nuovo a queste imprese un po’ spettacolari da sindaco: fu lui a proibire di passeggiare nel mitico “budello” di Alassio in bikini e più generalmente in costume da bagno (il budello è il vicolo che corre parallelo alla spiaggia di Alassio, in mezzo alle case del borgo storico), fu lui, sindaco leghista succeduto a generazioni di primi cittadini democristiani e anche in qualche ca caso vicini al Pci, a sfoderare il pugno duro padano in riva al Mar Ligure, inibendo anche di circolare per strada con il cono gelato in mano. Una sorta di estrema provocazione per “dare ordine” alla cittadina che doveva recuperare il suo aplomb.
Va detto che nel regno precedente di Avogadro il recupero di Alassio, a parte i diktat di stampo nordista, ivi compresi quelli contro gli immigrati dilaganti sulle spiagge, avvenne perchè la sua politica urbanistica e di riordino della rete turistica e commerciale era stata proficua.
Ma il gusto del gesto clamoroso questo sindaco anti Totò non lo ha perso nella sua lontananza dal potere e dopo avere vinto elezioni in cui nessuno scommetteva un euro su di lui, uscito dalla Lega e schierato da indipendente con il centro sinistra, non ci ha messo un attimo a fare il colpo che ha riportato Alassio in prima pagina, magari ispirato da qualche consigliere-stratega in fregola di revanche sul regime spadroneggiante di Melgrati, il suo predecessore.
Ma toccare Totò non è come vietare il passeggio con cono gelato in mano e ora la guerra del busto è diventata nell’estate dei nostri molti dolori, un tema che infiamma. Cuneo e Napoli sono state le prime città a chiedere di avere quel busto di bronzo. Napoli si capisce, Cuneo anche perchè è la città dove Totò si vantava di avere fatto tre anni di militare con quella battuta, mentre altercava sul treno con l’onorevole Trombetta, che è stata una delle sue carte d’identità, una supergag, quasi come la lettera dettata a Peppino De Filippo: punto e virgola, anzi due punti, esageriamo che è meglio abbondare.
