Balla non il tango o forse proprio quello con i passi lenti, gli aggrovigliamenti e poi gli strappi sensuali, avvinghiandosi alla passione per la propria terra e poi strappando sanguinosamente con i propri consimili.
Fa la guerra agli inglesi per le Falkland-Malvinas e la perde, seppellendo qualche migliaia di marinai e soldati per quattro scogli al largo del Cono sud dell’America Latina negli anni Ottanta, sfidando niente meno che Margaret Tachter. Altro che Crisina, Evita, Isabelita, le donne del potere argentino dal 1950 ad oggi, più mitologia, affarismo e incapacità di governo che altro.
Commette il governo militare di questo paese, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, il più grande eccidio di civili dell’era moderna per domare la guerriglia e il terrorismo che sono montanti con i gruppi rivoluzionari contro un regime militare iniziato in modo soft ,ma diventato una iena assetata di sangue, mano a mano che era attaccata dai montoneros guerilleros.
Desaparesiscono in quegli anni decine e decine di migliaia di “nemici”, per lo più ragazzi o giovani o complici di una opposizione ai generali. Li portano via ovunque, le squadre della morte, e poi li giustiziano in qualche caserma della immensa periferia bonarense e poi li caricano sugli aerei e li buttano in mare, con un blocco di cemento ai piedi, in fondo al paese in fondo al mondo, sotto le Malvinas, in quelle onde grigie e cupe, la tomba, la lapide che solo anni dopo sarà sollevata e porterà uno a uno, ma non tutti, generali e colonnelli davanti a una giustizia che continua a non metabolizzare quegli anni cupi.
E tutto perchè? Perche le risorse umane, della classe dirigente argentina non sono mai state all’altezza della risorse naturali e il paese dal 1946 è nelle mani di una malattia senza rimedio se la possiamo chiamare maladia: il peronismo.
A un grande inviato speciale di un giornale americano che piombava in Argentina qualche anno fa per capire come mai il paese era divorato da una inflazione come quella di oggi, un acuto osservatore aveva fatto questa descrizione politica: “Qui trovi i socialisti, i radicali, i comunisti, i conservatori, i rivoluzionari, insomma trovi tutti gli schieramenti……”
E dove sono i peronisti? Aveva sollecitato il giornalista al suo interlocutore? “Che domanda? Sono “tutti” peronisti!”
Come uscire dal peronismo latente, diffuso, contaminante, creato dal general Juan Alberto Peron, quel pezzo d’uomo che aveva studiato in Italia, nelle caserme e nelle scuole ufficiali del nostro Paese e poi era tornato a casa, mentre l’Europa era divorata dalla seconda guerra mondiale e, conquistando il potere, aveva gettato un seme politico di populismo in um mix ideologico destra sinistra, di nazional popolarismo, di formalismo descamisado, che nessuno, dal 1946 della sua ascesa al potere in guanti banche, sciabola, alamari d’oro, non è mai riuscito a sradicare?
Intanto il pianeta cambiava, mentre tutta l’America cambiava, anche quella Latina e l’Argentina, tra uno scossone e l’altro, una tragedia, una riscossa e una catastrofe economica o bellica, restava sempre la stessa, con lo sfondo peronista e mutavano solo le “femmes fatales” non il modello di quello che non può neppure chiamarsi regime, che si succedeva nei saloni Belle Epoque de la Casa Rosada.
Lo schema restava uguale con l’eterea e immortale Evita, treccia d’oro, morta giovane di leucemia, adorata da viva, da morta, da santa, vera icona della mitologia argentina, con Isabelita, la seconda moglie del general, esile ma di fil di ferro, che lo seppellì e governò il paese accanto a un ex dentista senza scrupoli, l’incredibile Hestor Campora, preparando il terreno alla giunta sanguinaria dei generali, dei Videla e alla fine, dopo il superguappo Menem, anche lui peronista anni Ottanta e dopo la parentesi della resurrezione dalla svenduta del paese con il quasi rigore radical desarollista di Alfonsin, ecco di nuovo los Kirckner, la nuova genia che viene dalla profondità Argentina di Calafate, la città in fondo, in fondo, quasi quattromila chilometri da Buenos Aires, il cui governatore Nestor Kirchner conquista la casa Rosada e rispolvera il verbo peronista con una salsa da anno Duemila, studiando già di perpetuare la sua dinastia con la giovane moglie Cristina, ecco un’altra femme fatale anno Duemila, una mora de fuego, all’inizio una apparente pin up, che si svelerà una politica saettante, tanto erano bionde Evita e Isabelita, successora del consorte e dopo sua predecessora, se non fosse stato per quella morte improvvisa e un po’ misteriosa in ospedale a Calafate, alla viglia dell’elezione che avrebbe riportato lui, questo ennesimo demagogo criollo alla Casa Rosada, con le sue ricette nazional populiste, dopo la sbornia mondiale dei bond argentini. Il marito, poi la moglie, poi di nuovo il marito, in una sequenza che solo quell’Argentina può creare….. e che solo il solito dramma ha troncato.
