E ora questa Argentina da cui è partito il padre Bergoglio e dove Cristina sta terminando il suo mandato senza più delfini e successori, solo il velo nero per andare a ossequiare in Vaticano papa Francesco, passato da avversario a salvagente dell’intero Continente, sta di nuovo affondando. Solo il Venezuela del dopo Chavez ha una inflazione più alta e, scandalo degli scandali, il paese ora è settimo nell’esportazione di carne che era il suo vanto, il suo primato, la “firma” di quella primogenitura di agricoltura, di fertilità che il Dio di Francesco le ha concesso per sempre.
Si fa la spesa con la sporta piena di pesos e si beccano decreti del governo che saccheggiano le pensioni per creare fondi di salvaguardia dei ceti sociali ridotti alla fame.
E allora perchè in questa situazione ciclica, ma permanente di recessione spaventosa l’Argentina dovrebbe smettere di piangere?
Alberto Preve, un imprenditore che ha diviso la sua vita tra l’Argentina e l’Italia, a capo prima con suo padre il mitico Riccardo Preve, con i suoi fratelli, di una grande azienda di famiglia, che produceva il riso sia in Italia che in Sud America e che ha attraversato tutte le fasi del paese in fondo alla fine del mondo, osservandolo dall’interno e dalla sponda italiana dei suoi affari e dei suoi interessi politici e intellettuali, ha scritto un pamphlet che fotografa questa immensa contraddizione tra l’Argentina “ baciata” dai “recursos” naturali., le sue immense risorse e dalle capacità umane, che alla fine, malgrado grandi tradizioni professionali, non le consentono di svilupparsi, di far decollare il suo sviluppo, la sua immensa forza di materie prime e di fertilità.
Chi meglio di un imprenditore che ha partecipato da una parte all’altra dell’Atlantico ai corsi e ai ricorsi di una economia, così facilmente intuibile in Italia, per affinità genetiche e migratorie, tanto diversa, invece, per le sue radici geografico-storico-culturali?
Non sono forse stati italiani i nomi tra i più importanti che hanno influito nello sviluppo dell’economia argentina, a partire da Paolo Rocca, che andò laggiù e poi con la sua faniglia fondò Tekint e continuando anche con Riccardo Preve, il padre di Alberto, che impianto il Riso Gallo, partendo da Genova e dalla ditta Frugone Preve?
Il rimbalzo Italia-Liguria-Argentina non è stata solo una rotta di emigrazione per gli italiani, di braccia forza-lavoro, un flusso nel quale viaggiò all’inizio del Novecento anche la famiglia Bergoglio, dalla provincia di Asti e dalle vicinanze della città ligure di Lavagna, ma è qualcosa di più profondo, di più viscerale che lega le origini genetiche, il modo di vivere, perfino lo sport di massa, il calcio e i suoi campioni, passeggeri di una rotta contraria a quella degli emigranti.
Lo scrive Preve nel suo “messaggio”, intitolato “Algunas consideraciones sobre aspectos de la Argentina e inversiones en el pais”,( Considerazioni sull’Argentina e possibili cambiamenti del paese).
La riflessione parte da un punto fermo: come l’immagine dell’Argentina e anche del confinante Uruguay sono per gli italiani più attrattive degli altri paesi del sub continente sudamericano. Più dell’esplosivo Brasile, del drammatico Cile, del lontano Perù, della rivoluzionaria Venezuela, della andine Colombia e Bolivia, per non dire del mistero Paraguay, dove al governo si alternano dittatori e ex vescovi.
E allora eccole contrapposte le risorse naturali e quelle umane. Non esiste forse al mondo una estensione di terra fertile con riserve di gas, petrolio tanto ricche da consentire ancora negli anni Novanta esportazione al 20 per cento del totale export.
La classe dirigente argentina è formata anche da dirigenti, professionisti imprenditori, intellettuali, uomini di cultura, tanto forte che si impone facilmente in ogni angolo del mondo per profondità di formazione, scuola, cresciuta in patria grazie alle tradizioni di insegnamenti portati dall’Europa sull’onda di potenti ondate migratorie, un po’ per necessità, come quelle italiane dalla fine dell’Ottocento, alle altre pre belliche, post belliche o comunque dettate da sconvolgimenti che portarono sul Rio de La Plata gli ebrei in fuga dalle leggi razziali e poi, per contrappasso micidiale, i nazisti e i fascisti post 1945, in un mix che poteva coesistere solo in un posto come l’Argentina.
Preve ha la memoria veramente piena di storie di personaggi piovuti più o meno drammaticamente a Buenos Aires, dopo la guerra mondiale e sorride ora che si può farlo, a ricostruire le incredibili convivenze tra ex perseguitati e persecutori. Al Circolo Italiano di Buenos Aires, vero luogo ombelicale, dove si riunoivano gli importanti italiani di Argentina, non era infrequente incontrare Vittorio Mussolini, il figlio del Duce, assolutamente affabile e a suo agio, come era possibile ospitare illustri personaggi di stirpe ebraica, magari affermati nelle professioni, nella scienza, nell’imprenditoria e nel commercio, seduti nella stessa stanza di ex ufficiali del Terzo Reich.
Storie che magari finiscono nel ritratto molto più attuale di Guillermo Moreno, l’attuale addetto commerciale presso l’Ambasciata Argentina a Roma, un personaggio che ama le divise e i simboli nazisti, che li ostenta, li indossa come se niente fosse e ha sempre posato sulla sua scrivania un revolver carico.
