Come dire: certe tradizioni, usi e costumi si sono tramandati e resistono nel terzo Millennio dopo essere germogliati nel grande ventre argentino, una terra accogliente e fertile anche nel senso negativo.
E allora perchè può smettere di piangere l’Argentina di oggi, smazzata dalla sua ciclica crisi abissale, con la maggior parte delle sue finanze prudentemente esportate al sicuro in prevalenza nei paesi anglosassoni.
La ragione sta nella opzione che Buenos Aires ha di poter sviluppare oggi la sua agricoltura molto meglio che altrove e sopratutto meglio che in Italia e in Europa e non solo per ragione del suo clima, dei suoi benefici naturali, ma perchè oggi ci sono in quel Paese almeno 400 mila proprietari agricoli, che lavorano la propria terra con le proprie forze e competenze, sfruttando conoscenze e esperienze avanzate.
Nel mezzo del secolo breve la prosperosa terra argentina era di non più di 80 famiglie straricche, potenti, abituate a vivere tra Baires e Parigi, sfruttando quell’epoca d’oro che non è tornata più. Ma questa nuova classe di propietari grandi e piccoli di terra, capaci di sfruttare anche gli Ogm senza avere i vincoli che “frenano”, nel giudizio di Preve, le agricolture europee e non solo, ha un freno forte nella società argentina.
Perchè la classe professionale, imprenditoriale, commerciale aveva così prosperato nel Novecento? Perchè la società argentina era “innervata “ da una massiccia immigrazione europea, prevalentemente italiana, che a partire dalla fine dell’Ottocento fino al boom italiano degli Anni Sessanta, ne aveva “foraggiato” la crescita anche intellettuale, culturale, professionale.
Da quando si è fermato quel treno in corsa è incominciata un’altra immigrazione verso il Rio de La Plata e dentro ai confini della Repubblica Federal: quella interna sudamericana, dagli altri paesi del Sub Continente.
Insomma a una immigrazione dal “primer mundo” _ come scrive Alberto Preve _ se ne è sostituita un’altra, in arrivo dal “tercero mundo”. Non è stato solo un calo “tecnico” di capacità culturali e professionali, ma anche un grande cambio di valori _ si osserva nel pampleth _ assoluti.
“Perdita progressiva del senso della famiglia, del culto religioso caro agli antenati, dell’amore per la piccola propietà privata, distacco dal lavoro, da un comune sentire del dovere civico “ _ scrive Preve dal suo angolo visuale di imprenditore, con gli occhi puntati sul complesso della società, sui suoi valori base, magari pesati con l’ottica nord europea e capitalistica.
La discriminante ideologica, che è cambiata nella rivoluzione dei valori in Argentina _ secondo questa analisi che potrà fare molto discutere_ è che mentre nella cultura anglosassone, importata anche laggiù “al mondo alla fine del mondo”, non si parla mai di “redistribuzione della ricchezza” e piuttosto di “creazione della ricchezza”, in Argentina oggi il solo verbo è proprio quello di redistribuire. Cosa e come con la svalutazione galoppante?
Non certo solo in Argentina, ma in molti altri paesi del continente Sudamericano e del pianeta, ma questo discorso porterebbe molto lontano in questo mondo globalizzato. Restando in Argentina, alle sue emergenze, più galoppanti dei gauchos nella pampa sempre meno redditizia e alle analisi intelligenti come quella di Alberto Preve, l’allarfme che suona quasi alla vigilia delle prossime elezioni proiettate nel buio del dopo dinastia Kirkner è uno dei più forti.
E si ripete per la seconda volta in questo terzo Millennio appena cominciato. I suggerimenti di un imprenditore agricolo che ne ha viste di tutti i colori dal primo avvento di Peron a tutte le traduzioni del suo giustizialismo, ai pugni dei ferro dei generali, alle carneficine e al terrore per la sicurezza pubblica, sono orientati a stare lontani dagli accordi commerciali con i governi nazionali e locali, a mantenere una autonomia finanziaria che protegga dai cambi di politica del Banco Central, a temere la politica dei prezzi del governo , a mettersi al riparo dai terremoti finanziari provocati da svalutazioni innescate da improvvisi capovolgimenti politici del multiforme giustizialismo.
Sullo sfondo c’è la corruzione endemica che corrode non solo i governanti, ma tutti i corpi dello Stato, dalla burocrazia, alla polizia stessa: la conseguenza è il distacco tra il mondo del lavoro e quello politico. Per questo la classe politica tende a scaricare fuori da se stessa le conseguenze delle disfatte economiche.
Fino a quando non si arriva alle estreme conseguenze, quella classe politica, che magari si è arricchita personalmente, capitalizza il crak e non ne porta responsabilità.
Insomma, un quadro simile può far pensare che è impossibile che l’Argentina smetta di piangere. Ma laggiù “in fondo al mondo” o, meglio, dove “il mondo finisce” e dove si trovano oggi le ossa dei Dinosauri giganti delle nostre misteriose origini, sono ancora tutti convinti che Dio è argentino”.
Lo stesso Dio che aiutò la mano di Maradona a battere gli odiati inglesi nel Mundial di calcio e vendicare la sconfitta delle Malvinas.
Lo stesso Dio che ha scelto come papa di Roma un argentino, l’arcivescovo dei diseredati. E magari pensano, con una impossibile ed anche miscredente traduzione, che quel papa sia un segnale di speranza, che tutto si capovolga.
