Di colpo le ferite si riaprono, come se i punti di sutura del tempo, di quei processi celebrati e anche di quelli che la Giustizia non ha potuto o voluto celebrare ( che dire delle violenze di strada con 1500 denunce con referto medico, finite al macero, più botte e violenze contro i manifestanti che mai nella storia d’Italia, Bava Beccaris compreso), di una globalizzazione che è andata avanti, dei G8 successivi, tutti sigillati e scoperchiati solo dagli scandali, come quello della Maddalena, non esistessero.
Genova è strabica perché le tensioni sociali che fanno ribollire questa città, come il resto del paese, immerso in una crisi dura, esaltano l’allarme che suona indipendentemente dai casus belli come la Tav o come gli anniversari pesanti dei dieci anni trascorsi. Il mondo è così cambiato. Due mesi dopo quel G8 di Genova a ferro e fuoco ci fu l’11 settembre che spazzò via come fossero fuscelli le macerie fumanti dello scontro genovese intorno agli 8 Grandi del mondo, riuniti nell’ombelico della zona rossa e i trecentomila occupanti dei cortei in una città svuotata dal terrore degli scontri, con l’esodo di almeno un terzo della sua popolazione.
Ma guardare alla Val di Susa, e al mondo capovolto di oggi rispetto a quello di ieri, non fa che aumentare il suono delle sirene: i rapporti riservati del Ministero dell’Interno, i sondaggi segreti delle Prefetture e della Questura hanno già messo un cerchietto rosso intorno agli appuntamenti genovesi dei prossimi giorni. E’ come se una sensibilità sopita si fosse riaccesa. Genova sembra già presidiata, ogni fiammata di disordine pubblico viene già monitorata e scortata, come non avveniva da anni. Il corteo del 23 luglio ha già subito un taglio di percorso per “ragioni di sicurezza”. Doveva partire dai cantieri della Fincantieri, Sestri Ponente, la ex Stalingrado genovese, sede della fabbrica che era nel programma delle chiusure con 800 operai a casa e doveva arrivare fino a Caricamento, area retroportuale, a tre passi dal centro, a valle di quella che era la Zona rossa di dieci anni fa, in tutto otto chilometri di strada dalla periferia operaia ai quartieri portuali.
