Ma il taglio del percorso, operato per impedire contestazioni al sindacato da parte delle ali più radicali del movimento operaio contrarie alla firma su contratti e rappresentanza, lo ha ridimensionato di almeno quattro chilometri: solo da Sampierdarena alla stessa piazza di Caricamento. Con il rischio che i chilometri precedenti, tutti calanderizzati in āpiazze tematicheā e dibattiti non si incendino per conto loro, magari accese dalle scorribande dei più violenti, in cerca di fiamme da appiccare in un terreno fertile.
Il corteo nelle intenzioni degli organizzatori del Decennale, che hanno battezzato le manifestazioni in memoria con il titolo āVoi la crisi , noi la speranzaā, deve ripercorrere lo spirito di quello violato del 2001 che insanguinò il dopo Giuliani e precedette la notte della scuola Diaz, con l’irruzione del famoso reparto della Celere in quello che la polizia aveva individuato come il covo dei Blak Bloc e, quindi, l’arena dove vendicare lo scacco in cui i manifestanti bianchi e neri avevano tenuto le forze dell’ordine.
Il filo nero ĆØ proprio il collegamento che tiene insieme fatti che i processi non hanno consumato per niente e la valle di Susa degli scontri recenti. Dieci anni non hanno mutato nulla dei Blak Bloc, cui la magistratura genovese ha dato una caccia investigativa, tanto massiccia quanto scarsa di risultati. Se si pensa che il processo per le distruzioni e i vandalismi ĆØ finito con poche decine di condanne, per altro dure, ma cosƬ sporadiche, si spiega come le apparizioni del blocco nero nei boschi di Chiomonte e Exilles diventino un incubo. E muovano il comitato organizzatore e le istituzioni a correre ai ripari, cercando di ridurre la esposizione al rischio di una cittĆ che non ha dimenticato e dove l’anniversario numero dieci brucia come una miccia a lenta combustione.
Vestiti di nero, con la faccia coperta dai passamontagna, le imbottiture coperte e tutta la loro attrezzatura da guerriglia urbana, i Blak Bloc del 2001 erano spuntati improvvisamente in Piazza Paolo Da Novi, nella mattinata del 20 luglio, quasi Genova non fosse giĆ una cittĆ blindata, svuotata, paralizzata come mai nella storia era capitato in Occidente: 25 mila poliziotti e carabinieri schierati per difendere pochi chilometri quadrati del suo ombelico centrale, i famosi caruggi chiusi in gabbie di ferro e chiavistelli, pochi abitanti che per entrare e uscire dovevano mostrare documenti e credenziali.
