Da dove erano passati per arrivare al cuore di una città che il Governo Berlusconi II, insediato da meno di un mese, e il Ministero dell’Interno, affidato al ligure Claudio Scajola avevano trasformato in un fortilizio tanto spaventoso che un tipo duro come il sindaco di allora, l’avvocato amministrativista del Pd, Giuseppe Pericu aveva protestato con le lacrime agli occhi, per lo stravolgimento totale del vivere civile?
Non erano solo svedesi, tedeschi, francesi, inglesi quegli estremisti determinati a sfondare la zona rossa. Come Marco Imarisio, il noto giornalista del Corriere della Serra ha, appunto, raccontato, in uno dei più bei libri rievocativi di quei giorni, intitolato “La ferita”, si trattava sopratutto di italiani, pugliesi, calabresi, romani, veneti ed anche genovesi, “le staffette” delle operazioni-distruzioni incominciate in quella mattinata di calore rovente, che avrebbe introdotto un pomeriggio tragico, quello culminato con la morte di Carlo Giuliani.
“ Steso sul selciato della piazza, come un Cristo in croce, con una macchia di sangue allargata sotto la testa e sotto il passamontagna, con le braccia allargate” – aveva drammaticamente descritto, raccontando la tragica scena madre del G8 genovese, Fabrizio Ravelli, inviato di Repubblica. Da dove erano arrivati, in una città stretta tra il mare, le colline cementificate, pochi varchi autostradali, poche strade statali, tutte controllabili dal dispiegamento di forze della polizia del neogoverno, tanto deciso a offrire una prova di forza a Genova, da schierare personalmente nei quartieri generali della repressione l’allora vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini e il ministro della Giustizia il leghista Roberto Castelli.
Il primo acquartierato nel comando dei Carabinieri, il secondo in visita nella famigerata caserma di Bolzaneto, dove i medici aguzzini torturavano( le sentenze lo hanno certificato) i ragazzi fermati durante i cortei? Sembra impossibile, ma la stessa domanda di allora risuona oggi nella vigilia dell’anniversario, perché il blocco nero sembra ancora un’entità incontrollabile, ieri dalle coperture insospettabili, oggi, nel giorno delle condanne e delle censure firmate persino da Beppe Grillo, il genovese, ancora sigillo di una protesta che promette di trascendere a Genova come a Exilles e Chiomonte.
Genova sembra strabica e di nuovo indifendibile? La cecità della politica ha sempre impedito di scoprire quello che veramente accadde dieci anni fa, non lasciando indagare una commissione parlamentare e affidando la ricerca della verità solo alla magistratura inquirente e giudicante. Nessuna commissione d’inchiesta, nessuna ricerca del perché la polizia avesse adottato una tattica cilena o messicana nel gestire l’ordine pubblico, solo pugno di ferro e clamorosi errori come dirottare il battaglione Tuscania dei Carabinieri, punta di diamante della formazione antisommossa, a caricare i non violenti delle Tute Bianche, lasciando indenni i Black Bloc.
Nessun approfondimento per scoprire la vastità della sospensione dei diritti civili, la sua ragione tattico strategica. Perchè quelle cariche selvagge contro mamme, nonni, nonne, dopo le sfilate con il manganello che percuoteva gli scudi antisommossa?
Tutto questo e molto altro di quel G8 non ha mai avuto risposta, come la domanda precedente sulla inarrestabile calata del blocco nero. E sarà anche per questo che l’allarme risuona di nuovo forte. La verità nascosta e non sufficientemente investigata autorizza la paura e legittima che l’allarme continui anche se sono passati dieci anni.
