C’era stato un patteggiamento con la sindaco, quasi disposta a ritirarsi a patto che si profilasse una candidatura “forte”, dettata da Roma che tagliasse fuori anche l’altra zarina dalla corsa. Insomma, incominciando a riemergere dalle acque, la Vincenzi ha, piano piano, recuperato tutta la sua aggressività, mettendosi nella posizione di chi detta le condizioni della ritirata. Aveva anche suggerito il nome dei possibili successori, l’eurodeputata Francesca Balzani, avvocato fiscalista, un’altra sua creatura e lo stesso segretario regionale Basso, che si potevano schierare a patto che la Pinotti rinunciasse come lei. Una trattativa veramente incredibile che trasformava le Primarie, massimo strumento di democrazia dentro al Pd in una clava per imporre la propria linea.
Ma la senatrice Pinotti, ben chiusa nella sua armatura, ha rifiutato ed anche i candidati, che la ex SuperMarta aveva indicato come suo successori, con una procedura forse più consona alla antica famiglia Doria che al partito erede del Pci dello storico centralismo democratico, hanno cortesemente rifiutato.
E allora con la classica scena madre, la Vincenzi è tornata sulla ribalta annunciando la sua partecipazione alle Primarie.
In questo modo le elezioni genovesi di maggio, delicatissime sullo scenario italiano insieme a quelle palermitane, diventano una specie di rodeo del centro sinistra al quale parteciperanno le due zarine, l’erede del Principe Doria e altri candidati, tra i quali, per il Partito socialista, un’altra signora Angela Burlando ex commissario di polizia e consigliere comunale e Andrea Sassano, un ex assessore della vecchia giunta del sindaco mai così rimpianto Beppe Pericu, il predecessore della Vincenzi.
Un rodeo al quale parteciperà rigidamente separata tutta la galassia dello storico ex Pci genovese con qualche illustre novità, come l’eurodeputato Sergio Cofferati, trasferitosi per amore a Genova e schierato autorevolmente con la Pinotti insieme all’ex presidente di Assindustria Stefano Zara, ex deputato della ex Margherita.
La galassia esplosa con la luce di una supernova sotto la Lanterna comprende anche i vecchi compagni che appoggiano Doria e, ovviamente, la guardia di ferro della sindaco uscente, la sua aggregazione di assessori e famiglie che stanno sospirando di sollievo: l’uscita di scena della Vincenzi avrebbe prodotto uno smottamento consistente.
Un Pd diviso per tre che va verso Primarie ed elezioni sicuro, comunque, di non perdere il governo della città, saldamente nelle mani della Sinistra, nelle sue evoluzioni da una trentina di anni, forte anche del governo della Regione in mano al sempiterno Claudio Burlando, rivale anch’esso della Vincenzi, ma mefistofelicamente silenzioso e del governo del Porto, in mano al Pd spezzino Luigi Merlo, un quarantenne che sta per essere riconfermato.
Ma avranno fatto i conti con l’oste, cioè con gli altri schieramenti e con il potente soffio delll’antipolitica, che scuote anche Genova in direzione ostinata e contraria – per citare Frabrizio De Andrè – contro il potente establishment “rosso”?
L’opposione di centro destra si dibatte in un altro psicodramma che non è affatto simile a un rodeo e che svela la incapacità storica a trovare a Genova candidati capaci di affrontare anche una sinistra così spaccata nelle sue anime. Scajola, il leader imperiese, gioca cauto, forse perché la sua priorità è quella di collocarsi nel dopoBerlusconi, i suoi scudieri si contendono le briciole e non hanno candidature forti al punto che qualcuno propone di lanciare Edoardo Rixi, un giovane leghista, consigliere regionale, molto pimpante. Ma che ci azzecca la Padania con la Liguria?
Così fuori dall’arena del rodeo resta il senatore Enrico Musso da tempo in lizza con la sua lista civica di Oltremare. Musso ex Pdl, uscito con grande clamore dalle fila berlusconiane, giudicato dai suoi un traditore, vezzeggiato dalla parte nazionale del terzo Polo, Casini, Rutelli, Fini, stoppato dal fronte locale dell’Udc, parla a una città fuori dai partiti, malgrado la sua iscrizione al Gruppo Misto e il suo ruolo nazionale di vice presidente del Partito Liberale. La sua candidatura è trasversale e molto discussa, attrae alcuni ceti borghesi e imprenditoriali e ha successo tra i giovani, anche perchè rappresenta comunque il “nuovo”. Ma senza un appoggio strutturale di partiti sembra fragile. A meno che il rodeo nel Pd e gli scontri in tutta la sinistra non lascino troppi morti in campo e allora…