GENOVA – Qualche secolo fa sarebbe equivalsa a un bestemmia, a un sacrilegio, da un punto di vista più terreno, ancor di più al segno della sottomissione di una potenza all’altra, anche se qui si tratta di Chiesa e dei suoi più augusti principi. Il Patriarca di Venezia sarà, dal prossimo mese di aprile, un genovese, sua eccellenza reverendissima monsignor Francesco Moraglia, 55 anni, oggi vescovo di La Spezia e Luni, di origine genovese-sanremese. Un genovese, consacrato da Giuseppe Siri sacerdote e da Angelo Bagnasco vescovo, sul trono di una delle chiese patriarcali più importanti nella storia di Occidente e di Oriente: questa è la soffertissima decisione del Vaticano, che ha atteso otto mesi per sostituire Angelo Scola, oggi arcivescovo di Milano. E nulla di più storicamente imprevedibile e di più politicamente inatteso è avvenuto con questa decisione, che insedia un prelato straordinariamente somigliante al fu papa Luciani, l’ultimo patriarca veneziano salito al soglio papale seppure per un tempo brevissimo nel 1978.
Sulla cattedra che fu di sua eminentissima eccellenza, il cardinale Roncalli diventato nella gloria del Vaticano e del Regno dei cieli Giovanni XXIII, il papa buono e poi, appunto, che fu di Luciani, una meteora per ventisette giorni papa Giovanni Paolo I, il pontefice della morte misteriosa e folgorante, sale oggi questo altro genovese, un prediletto del fu cardinale principe Giuseppe Siri, riscoperto e lanciato da quel grande stratega che è Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano.
Patriarca di Venezia al posto di Angelo Scola, appena trasferito sotto la Madonnina, a sostituire Dionigi Tettamnanzi: così questo ex monsignore di Curia genovese, riservato, timido, studioso, teologo raffinato, mai pastore se non nella sua breve traslocazione spezzina, genovese doc nato nel quartiere borghese di Castelletto, nella parrocchia del Carmine, dove esplosero le intemperanze di don Andrea Gallo, il prete degli emarginati, dei disperati, delle prostitute dei drogati, diventa l’ultima pedina di una partita a scacchi che oramai si sta giocando in modo evidente nel prossimo Conclave, quello che eleggerà il successore di papa Ratzinger.
Come mai in precedenza nella storia della Chiesa sta crescendo nel Supremo Consesso dei cardinali il numero dei genovesi di nascita e in qualche modo di adozione, sulla cui testa la berretta porpora dell’investitura cardinalizia è stata imposta sull’asse Siri-Bertone, ambedue arcivescovi di Genova ma in tempi distantissimi, Siri dal 1945 al 1989 e Bertone tra il 2003 e il 2007.