ROMA – Neppure il grande Giuan Brera avrebbe potuto trovare una ragione a lui cara per giustificare il patatrac simultaneo delle squadre di calcio genovesi, il Genoa in seria A e la Samp in serie B, magari invocando la mitica macaja, vento caldo di scirocco più nuvole basse e tasso di umidità spaventoso. Quel clima pesante era spesso stato invocato da uno dei più grandi giornalisti italiani del Dopoguerra per spiegare le debacle di campioni e squadre che scendevano in campo a Genova e sembravano trasformati negativamente, come fiaccati da una meteorologia inconsueta per chi arrivava o dalle gelide pianure del Nord o dai climi caldi nei quali germogliavano i talenti sudamericani.
La macaja in questo incredibile inverno di secco e tramonti di fuoco a Genova se la sono dimenticata da tempo e il clima è diventato una altalena di “bombe d’acqua” e di clima californiano. Allora come spiegare il simultaneo crollo delle due squadre di calcio che sono rimaste tra i pochi vanti della Superba, insieme a Roma, Milano e Torino, l’unica città italiana a schierare due società nelle categorie alte del calcio italiano?
Il Genoa di Enrico Preziosi, detto il Joker, industriale dei giocattoli, avellinese di origini, brianzolo di impresa, fino a un paio di anni fa il re del mercato calcistico, ha incominciato il 2012 ancora sotto choc dopo avere perso 6-1 a Napoli l’ultima partita del 2011, un anno interlocutorio per i rossoblù del Grifone.
Tanto sotto choc che malgrado un nuovo allenatore il siciliano Salvatore Marino e il bomber Gilardino, acquistato dalla Fiorentina dei Della Valle da quattro giorni, e grandi promesse di riscatto, a Cagliari il Genoa ha non solo perso 3-0 ma rimediato una figuraccia da far rabbrividire. E così la classifica che sembrava tranquilla, grazie sopratutto a quello che era stato battezzato il fattore “c” nel senso di culo-fortuna del precedente allenatore Malesani, fino alla vergogna di Napoli che gli è costata la panchina, è diventata meno brillante e il clima si è fatto torbido dopo anni di spolvero e tranquillità.
La Samp della famiglia Garrone, i noti petrolieri, sta precipitando in un buco nero e sembra che non si fermi più. Tredici mesi fa era appena uscita dai preliminari di Champions League dopo una rocambolesca partita con il Werder Brema, persa al 94′ e da allora la sua caduta è diventata quasi farsesca.
Cacciato dalla squadra il genio e sregolatezza, Antonio Cassano dopo una rissa con il presidente Riccardo Garrone negli spogliatoi, venduto all’Inter il centravanti Pazzini, che con Fantantonio faceva volare la Samp e incantava le platee del calcio, cambiati quattro allenatori di fila dopo Del Neri, Di Carlo, Cavasin, Atzori ed ora Iachini, è precipitata in serie B dove doveva fare polpette di tutti gli avversari. E, invece, l’altra squadra di Genova sta squagliandosi malgrado una campagna acquisti faraonica per la serie cadetta.
Non riesce più a vincere da nessuna parte, ma sopratutto sul suo campo di Marassi e oramai ogni partita è un calvario. L’ultima domenica ha perso contro il Varese che a Genova non aveva mai vinto nella sua storia, ma prima aveva rischiato la sconfitta contro la Juve Stabia e la Nocerina, compagini che non avevano mai calcato l’erba del Luigi Ferraris, lo stadio in riva al Bisagno che negli ultimi quindici anni aveva visto con la maglia blucerchiata giocare non solo Cassano e Pazzini, ma le superstar del calcio italiano e mondiale, da Vialli e Mancini a Gullit, Seedorf, Montella e molta altra compagnia cantante del miglior football mondiale.
Mettere sullo stesso piano Genoa e Samp a Genova è un po’ come bestemmiare, ma oggi con i rossoblù, patetici in seria A e i blucerchiati che rischiano la C, l’accosto è quasi automatico, a discapito sopratutto della sponda genoana che vive, dopo una quindicina di anni appunto, la situazione opposta a quella in cui si è macerata e cioè la superiorità di categoria, la abissale differenza del parco giocatori, una prevalenza tecnica che negli ultimi derby si è quasi sempre manifestata in modo anche clamoroso.
Eppure la due crisi, che stanno diventando un tormentone genovese, alimentato da tensioni quotidiane forti, sopratutto intorno ai campi di allenamento delle due squadre, a Bogliasco e a Pegli, dove i tifosi assediano, contestano e nel caso SAMP coprono anche di sputi i giocatori, sono oramai parallele e molto simili e strisciano in una città che ha i suoi guai gravi al di fuori del calcio: la crisi della Fincantieri, l’ultima grande fabbrica che costruì navi come il Rex e oggi le grandi ammiraglie della flotta crocieristica con tremila posti di lavoro che ballano, l’Amt, azienda dei trasporti sull’orlo del patatrac finale, l’alluvione del novembre 2011, che ha lasciato prospettive pesanti nell’assetto idrogeologico di una città con le colline cementificate.
Prima ci si consolava con il calcio, con il Genoa di Preziosi e Gasperini, l’allenatore spedito via un anno e due mesi fa e con il quale il ciclo d’oro è finito e con la Samp prima di Mantovani e Vialli e Mancini, poi di Garrone con , appunto, Cassano e Pazzini, a furoreggiare per conto loro. Oggi non c’è più quella distrazione. Il Genoa sembra come spinto da chissà chi e che cosa da una “coazione a cambiare”, così l’ha definita Mario Sconcerti uno dei giornalisti guru del calcio tv, a non stare mai fermo, a vendere i suoi gioielli andando a caccia di altri con minore fortuna, a giganteggiare nel mercato ma sempre meno sul campo. Dopo i colpi clamorosi di Milito, che stava sparendo nella serie B spagnola con il Real Saragozza e di Thiago Motta, affossato nelle riserve senza speranza del Barcellona, che Preziosi, allora quasi un Re Mida, materializzò nel campionato italiano, dopo le scoperte di nuovi astri del nostro calcio come Criscito, Ranocchia, Bonucci, Bocchetti o di campioni venuti da più lontano, come l’argentino Rodrigo Palacio, il Genoa si sta ubriacando di acquisti, di ingaggi e cessioni, in un tourbillon senza fine.
Appunto la coazione a cambiare: il caso più clamoroso è quello dei centroavanti, che il Joker ha comprato e venduto con una progressione senza fine in un paio di campionati.
Tra il 2009 e il 2011 hanno indossato la maglia rossoblù una serie impressionante di famosi bomber, che però hanno avuto prevalentemente fortuna e sopratutto gol, prima e dopo il Genoa. C’è da divertirsi con i nomi: da Di Vaio, Figueroa, Borriello, Milito (i due unici baciati dalla fortuna rossoblù), Floccari, Crespo, Acquafresca, Oliveira, il mitico Luca Toni mundial, Suazo, Boselli, Destro, mica gente qualsiasi, ma anche star mondiali in ogni Continente come l’argentino Herman Crespo, promesse italiane come Floccari e Acquafresca, maturi cannonieri come Marco Di Vaio, revenant come Toni, e gente che oggi tutti vorrebbero nelle proprie fila come Mattia Destro o come il cosidetto faraone El Shaarawy, oggi al Milan , un egizio-savonese con cresta in testa e piede al fulnicotone. E che, invece, il Genoa si è flippato via dopo pochi mesi questi bomber inespressi, deludenti o infortunati o, magari, incazzati perchè l’allenatore di turno non li schierava.
Si arriva così fino ai giocatori dell’inizio di questo campionato, l’argentino Pratto, soprannominato per la sua andatura “Il Cammello” e Caracciolo, denominato per i suoi voli che i genovesi non hanno mai visto l’Airone. Ridotti al Cammello e all’Airone, non in uno zoo, ma in un campo di calcio i tifosi rossoblù si sono strappati i capelli e il presidente Preziosi, in quel deserto da cannonieri, ha scucito la borsa ingaggiando il suddetto Gilardino, un bomber da 147 gol in serie A, quello che segna e poi si inginocchia a mimare il suono del violino. Alla prima partita, appunto quella di Cagliari anche il violino ha steccato, senza che l’orchestra degli altri giocatori gli facesse da sfondo per i suoi acuti e Preziosi è piombato a Pegli furibondo-triste, per l’ennesimo insuccesso ed ha pure ammesso quello che fino ad ora non aveva mai ammesso: “Forse mi sto un po’ rincoglionendo: credevo di avere una squadra forte e invece…” .
In realtà il Joker, presidente funambolico, con quel tocco da Re Mida sul mercato sembra da anni, proprio come dice Mario Sconcerti, obbligato a cambiare. Ha licenziato in tronco Gasperini Giampiero, l’allenatore di Grugliasco che aveva riportato il Genoa in A dopo dodici anni, facendolo giocare come in paradiso, dopo cinque anni e un lungo conflitto tra di loro che erano come cane e gatto o come i ladri di Pisa, si odiavano, ma poi si mettevano d’accordo, accusandolo di eccesso di presunzione e di decisionismo.
“Decido di pancia” _ aveva spiegato raccontando che la sua pancia gli suggeriva di cambiare. E di pancia, ma probabilmente anche di portafoglio ha deciso di dirottare al Milan il fenomeno Boateng Prinze, che aveva sgraffignato dopo gli exploit mondiali, senza neppure fargli toccare la maglia rossoblù, ha spedito in turchia Ferrari un difensore centrale maestoso e potente, che si faceva incantare dalle sirene dei soldi turcomanni, non ha fatto nulla per fermare l’enfant del pays Domenico Criscito volato nelle Russie anche lui per dineros, si è spogliato dei due difensori centrali più giovani e promettenti come Bonucci e Ranocchia, cedendoli a Agnelli e Moratti, campioni in erba. Non si è neppure voltato a guardare andar via Bocchetti e Papastatopulos, due altri terzini un po’ acerbi ma molto promettenti. Non è che stava mani in mano a vedere il suo parco giocatori svuotarsi, Preziosi, ma cercava sembra di rimpiazzare in un tourbillon frenetico da grand hotel, gente che va gente che viene, giocatori che vanno e giocatori che vengono, sempre con l’occhio voglioso per il supercolpo come quelli iniziali di Milito e Borriello e Motta, presi per due palanche e rivenditi a decine di milioni di euro.
E così sono arrivati in tanti non solo centroavanti da overdose, altri, come il ceko Kuzka centrocampista-ruspa, che sembrava una iradiddio e quindi opzionato dopo tre mesi dall’Inter, ma che poi ha fatto un flop improvviso ed ora si becca la censura del presidente che non riesce neppure a vederlo giocare nella sua squadra e lo sentenzia così : “Quello altro che nell’Inter, non può neppure giocare nell’InterNapoli, squadra di divisione dilettanti in Campania. Insomma a Preziosi le ciambelle hanno incominciato a non riuscire più con il buco, come capitava negli ultimi anni. E gli è successo anche con gli allenatori come l’esperto Malesani, quello del fattore C, che ha licenziato alla vigilia di Natale dopo le sei sberle di Napoli e in precedenza l’ermetico Ballardini che aveva condotto la squadra dopo Gasperini in un onesto fine campionato 2010-2011. Per ora la coazione a cambiare ha un po’ drogato il mercato genoano innestando una giostra che non si ferma più. Forse.
Nella Samp la giostra, invece, è piuttosto un tunnel buio nel quale non si vedono luci dopo il caso Cassano e la sua cacciata dal giardino di Bogliasco. Lì non c’è un joker decisionista che sconvolge il mercato azzeccandole e poi facendosi prendere la mano dalla posta e dal gioco. Lì c’è una famiglia proprietaria, i Garrone , tifosa ma non tanto conoscitrice del calcio che aveva trovato in Marotta, attuale general manager della Juventus, un superdirigente capace e autorevole che aveva le chiavi in mano della società e della squadra e che si era inventato il miracoloso acquisto di Cassano dal Real Madrid e poi l’accoppiata con il bomber Pazzini, proiettando la Samp in cielo.
Ma poi, sparito Marotta, la passione sincera dei Garrone, padre Riccardo e del figlio Edoardo, non si più coniugata con una dirigenza all’altezza. E la Samp è finita nel buco nero, spendendo e comprando anche il fior fiore della serie B, quando vi era precipitata, ma non trovando più l’animus pugnandi, né in A, né in B, in un declino quasi inspiegabile. Così Bogliasco è diventato un fortino presidiato dalla Polizia e Marassi quando giocano i blucerchiati una specie di arena dove i giocatori Samp sono le vittime sacrificali, non dei leoni affamati, ma degli avversari e del pubblico.
E il cielo di Marassi è sempre più pulito, senza macaja come verrebbe meno alle antiche analisi del Brera e sempre più carico della furia tifosa che rimbalza da una gradinata all’altra senza confini di colori e _ quel che è più triste per lo spettacolo_ senza più i derby tra le due squadre cittadine, che davano un po’ di senso anche a campionati magari depressi come questi. Andavi male e vincevi il derby con i cugini. Bastava quello per salvare la stagione. Ora genoani e sampdoriani si guatano da lontano. Leccandosi le proprie ferite, senza poter troppo consolarsi con quelle degli odiati cugini.