Il big one della acqua maledetta ha colpito come ci si aspettava nelle previsioni più nere da decenni, in una cittĆ costruita in spazi stretti, sopratutto sulle colline cementificate a oltranza, con cattedrali dell’urbanistica più selvaggia erette a mezza costa o addirittura sui crinali, dove i grandi della Repubblica Genovese dei secolo d’oro edificavano i forti della difesa dalle invasioni per proteggersi dagli austriaci e dai francesi, i nemici esterni, mentre gli amministratori del dopoguerra, invece, ci hanno sparso colate di cemento che hanno distrutto l’assetto idrogeologico e permesso ai fiumi e ai rii sconosciuti di gonfiarsi come belve feroci e scatenarsi a valle.
Genova ĆØ una cittĆ piegata e sommersa dal fango nel cuore di un autunno che segue un’estate rovente, con sbalzi climatici spaventosi,dove la distruzione dei suoi quartieri ombelicali impedisce, verso la sera della grande esplosione, agli abitanti di spostarsi, di tornare a casa. Migliaia di persone per strada, soccorse da vigili del fuoco, carabinieri, mezzi di soccorso che spediscono squadre speciali di sub, fornite di natanti in strade sommerse, dove i danni alla rete commerciale sono incalcolabili. Aspettando l’ondata di piena, la bomba d’acqua che ha colpito giĆ si sta spostando dall’altra parte del Golfo di Genova verso i più popolosi quartieri di Sestri Ponente (colpita un anno fa in modo distruttivo, ma non mortale), verso l’aeroporto e il porto di Voltri e poi, secondo la linea delle previsioni meteo, tutte improntate al nero, verso il resto della Liguria, Savona, Imperia, Sanremo, dove le scuole per precauzione sono giĆ state chiuse.
Un vento di libeccio potente e fragoroso batte la costa, ostacolando il deflusso dei fiumi e dei torrenti che hanno seminato la morte e la distruzione in un mix micidiale simile a quello prodotto il 25 ottobre la tragedia dei dieci morti di Vernazza, Monterosso, Borghetto Vara e che quaranta anni fa provocò la prima delle grandi alluvioni, quella dopo la quale Genova ha incominciato fatalisticamente ad aspettare questo big one.
Una attesa lunga e inquieta durante la quale il āsaccoā delle colline, cementificate, non ĆØ quasi mai smesso nell’orgia del cemento a tutti i costi, nel mito della costruzione di una cittĆ policentrica, il cui centro storico doveva essere svuotato dalla sua vocazione residenziale e i cui quartieri periferici dovevano diventare le nuove aree di abitazione.
Una lunga attesa, intervallata da periodi di siccitĆ , ma anche da alluvioni improvvise e qualche volta letali, come negli anni Ottanta e Novanta, quando morirono ancora bambini e anziani schiacciati nelle cantine o dentro a case impunemente costruite in mezzo agli alvei dei fiumi, come se fossero piste ciclabili e non letti di corsi d’acqua. Tragedia annunciata in una cittĆ coperta di cemento non solo sulle colline, ma anche in pianura sopra i fiumi, nascosti, come se sotto scorressero solo le fogne e i topi da fogna e non acqua capace di sfondare il cemento, il tetto stesso del fiume. Tragedia prevista da allarmi continui, da battaglie che una volta chiamavamo ecologiche, poi di equilibrio idrogeologico cercato e mai trovato, combattute anche da rari sindaci come Adriano Sansa, l’ex pretore d’assalto che poi la politica licenziò in quattro e quattr’otto.
La bomba d’acqua era stata prevista, oggi, nel novembre del 4 novembre al di lĆ dello stato di Allerta 2, una specie di carta velina tra la coscienza del sindaco Marta Vincenzi e la vera emergenza? No, perchĆØ altrimenti almeno le scuole sarebbero state chiuse, come ĆØ avvenuto in provincia di Imperia. āNon ce lo aspettavamoā _ piange la signora sindaco alle 16,30 al Tg2, mentre i suoi cittadini con l’acqua e il fango ai primi piani della case aspettano l’onda di piena del fiume Bisagno e mandano maledizioni al cielo nero che āballaā sopra la ex Superba, come se dovesse decidere dove far cadere la prossima bomba. Ieri le Cinque Terre, oggi Genova centro, fra poche ore dove? Scende una notte buia, sotto un cielo assassino, aspettando l’onda di piena, con l’annuncio tardivo delle scuole chiuse e il quasi annuncio del rinvio della partita di calcio Genoa-Inter, prevista a mezzo giorno di domenica a Marassi. Lo stadio, il quartiere sono circondati dal fango, dai detriti e il Bisagno ringhia da sotto la copertura del fiume.
