Peggio di come sta andando la città non potrebbe andare, molto per colpa della Grande Crisi che taglia i fondi, riduce i finanziamenti statali, spazza via i servizi di una grande comunità civica che è, udite, udite, la più vecchia d’Italia, d’ Europa e, molto probabilmente, del mondo. Non è un’invenzione mediatica, ma un calcolo matematico sull’indice di invecchiamento, il rapporto tra cittadini al di sopra dei sessantacinque anni e quelli al di sotto dei quattordici. Questo rapporto è tanto alto che gli esperti Usa stanno spedendo a Genova i loro emissari per studiare il fenomeno dell’invecchiamento e come una città può farvi fronte.
Da Atlanta vogliono sapere, per esempio, qual è l’indice di usura delle badanti. Non è una barzelletta, ma un quesito importante, in un luogo dove le badanti, prevalentemente straniere, rumene, ucraine, sudamericane, indiane, sono oltre trentamila, in una regione dove sono quarantacinquemila. Cosa succederà quando anche le badanti saranno vecchie da sistemare? Torneranno a casa loro o non potranno e, se resteranno qua, cosa succederà del sistema: badanti per le ex badanti, pagate da chi, visto che le badanti spediscono nei loro paesi il grosso dei loro guadagni?
Ma la città di Genova va male non solo perchè invecchia così massicciamente, ma anche perchè ha faticato troppo, sotto i colpi della crisi postindustriale e poi di quella moderna del 2008, a fare le scelte che le spalancassero qualche altra prospettive di sviluppo. Persi 55 mila operai tra la fine degli anni Settanta e la metà degli Ottanta, non ha sostituito il suo destino industriale con qualcosa di certo e produttivo occupazionalmente. Ci prova, certo. Sta costruendo sulla collina basica della città degli Erzelli, a cavallo tra Il Ponente post industriale e il centro dei caruggi e del porto, una cittadella dell’industria high tech, dove andranno Siemens, Eriksson, Marconi, e tutto il pulviscolo delle aziende della new economy insieme, forse a un nuovo Politecnico universitario, lanciato dalla Facoltà di Ingegneria.
Ha insediato in una delle sue ex valli industriali, beffardamente definita la Ruhr di casa nostra, ai piedi del mitico santuario della Madonna della Guardia, l’IIT, Istituto Italiano per la Tecnologia, un immenso laboratorio dove studiano e lavorano oramai più di cinquecento tecnici e universitari, esperti della nuova tecnologia.