Nessuno di questi slogan è diventato realtà per colpa del porto stesso, ma anche degli amministratori di Genova, che non hanno mai fatto fare un salto decisionale al disegno complessivo della città. Sono riusciti a far spegnere l’altoforno dell’Ilva di Cornigliano, l’acciaieria del milanese Riva, sbrigativamente definito “quel mangianebbia”, ma l’area dove sorgeva il mostro inquinante, oltre alla fabbrica della lavorazione a freddo, è ancora un Eldorado indeterminato, potenzialmente invidiato in tutto il Mediterraneo, sprecato a Genova.
Burlando ha firmato in accordo con Riva, da presidente della Regione, che congela quelle aree quasi in secula seculorum, con concessioni novantennali e tutti sbavano davanti ai metri quadrati dei moli ex Ilva, ma non sanno decidere di concedere neppure un pugno di territorio, 25 mila metri quadrati, all’imprenditore più rampante e più liquido che ci sia oggi a Genova, quel Vittorio Malacalza, diventato anche vice presidente della Finanziaria di Pirelli e Tronchetti Provera, recentemente anche membro del cda di Rizzoli.
Gli hanno detto di no e lui, che siede su una montagna di soldi da quando ha venduto la sua Trimetal agli ucraini, va a caricare i maximagneti della sua industria di energia in altri scali, diventando la vittima-simbolo della incapacità di decidere. Fatti salvi gli Eventi con la maiuscola degli ultimi lustri, dal Mondiale di calcio del 1990, alle Colombiane del 1992, al G8 famigerato del 2001, al primati europeo della Cultura degli anni 2004 di Genova capitale, la Roccaforte rossa, non è riuscita a trovare spinte per “fare”. Nei casi di questi Eventi i sindaci erano più forti politicamente, come il mitico Fulvio Cerofolini, un socialista lombardiano, capostipite delle giunte rosse, o più pragmatici tecnicamente, come l’avvocato-professore Giuseppe Pericu, capace di sfruttare i finanziamenti eccezionali per cambiare pezzi interi di città.
Con la città che invecchia, i quartieri operai svuotati di fabbriche, ridotte a cimiteri di un’era oramai archeologica e riciclati da supermercati, Ikea, Mercatoni Unici e compagnia cantante di grande distribuzione, con il porto scannato da inchieste giudiziarie, liti tra terminalisti, armatori e istituzioni, la battaglia di Genova appare un vero puzzle. Chi ha l’ardire di assaltare la roccaforte ex rossa, dove Supermarta ne spara una al giorno di cartucce a salve, ma che fanno tanto rumore da assordare tutti?