Genova, il diluvio delle responsabilità

GENOVA – Innocenti, la strage degli innocenti. Questo è l’urlo che esce dalla pancia ferita,allagata, distrutta, sommersa della città di Genova nella livida mattina dopo, quando ancora si alza lo sguardo verso un cielo nero grigio e verso le distruzioni che sono a terra, tra i due fiumi assassini, il Bisagno e il Fereggiano.

Sono morte innocenti Djala Shiprese, albanese, 35 anni e le sue bimbe Gioia di 8 anni e Janissa di 11 mesi, Serena Costa, di 19 anni che ha salvato il fratellino ed è stata inghiottita dalle onde di fango, Angela Chiaramonte di 41 anni e Evelina Pietranera di 51 anni, che aveva appena dato il cambio al marito nell’edicola della maledetta via Fereggiano. Morti o meglio morte innocenti, donne, ragazze, bimbe, infanti, femmine in una città al femminile che andavano a scuola o tornavano in una mattinata impossibile o come l’edicolante lavoravano in una strada che stava per diventare un fiume spaventoso, un Rio delle Amazzoni scatenato, ma non nella foresta pluviale, i n mezzo a un quartiere ultracementificato con le auto posteggiate pronte ad essere trascinate dalla corrente e a diventare proiettili assassini.

Non dovevano essere lì, non dovevano uscire di casa, non dovevano stare nell’epicentro di una tragedia climatica epocale, a decine di metri dal corso di un rio-fiume-torrente che stava per centuplicare la sua portata di secchezza storica, di siccità perfino irridente. Chi lo controllava quel fereggiano, fino dove sono saliti a controllarlo, fino a dove hanno misurato la pienezza del suo corso gonfiato di quattro metri in un quarto d’ora, con quali trombe hanno urlato a valle che stava per esplodere?

Era un fiume studiato, radiografato, perfino finito in una clamorosa inchiesta giudiziaria di Tangentopoli nella quale alcuni politici si erano spartiti una maxitorta per costruire il suo scolmatore, che avrebbe deviato la corsa assassina, la piena improvvisa, l’imprevedibilità monsonica, invocata con voce di pianto dalla signora sindaco Marta Vincenzi.

Innocenti perchè nessuno a quelle donne, a quei bimbi portati per mano, a quella ragazza che andava a prendere il fratellino a scuola, avevano detto forte e chiaro di stare a casa, nessuno aveva pensato seriamente che sarebbe stato meglio chiudere le scuole, impedire che quarantamila persone, professori, maestre, genitori, insegnanti, bidelli, ma sopratutto ragazzi, bambini, studenti attraversassero pezzi di città, quelli pericolosi intorno ai fiumi assassini, rischiassero la vita.

Innocenti loro, vittime incomprensibili di una città che è stata colpita al cuore da una tragedia annunciata per molti aspetti, se non forse per la parte che riguarda la dimensione della pioggia monsonica, 584 millimetri in una mattina di tregenda.

Innocenti quelle centinaia se non miglia di cittadini, commercianti, abitanti presi in ostaggio dalla marea di questo tsunami alla rovescia, precipitato dalla collina avariata di Genova, dai corsi e rii di fiume incassato nel cemento o in argini spesso guardati come opere inutili, ma ieri non guardati per niente come se non esistesse una cultura, una scienza che potesse organizzare la guardia dei fiumi, su, sempre più in su nel corso del fiume che non è il Rio delle Amazzoni, ma un piccolo corso d’acqua che precipita da colline dissestate dalla cementificazione.

Diluviano polemiche terribili nel secondo giorno dell’allarme All’erta 2, quando tutta la Liguria sta rintanata a casa, guardando i danni nel centro di genova, guardando il cielo che spara acqua a Ponente, guardando le onde gigantesche che tappano il deflusso dei fiumi a Albenga, Savona, e in cento altri comuni della costa ligure. Oggi le scuole sono chiuse ovunque, anche a Genova e il traffico privato, fortemente sconsigliato dalla sindaco e dalla sua giunta comunale che continua a battere il tasto della “imprevedibilità monsonica” e a piangere “ i suoi morti”.

“La faccia tosta dei politici” _ urla nel suo editoriale Umberto La Rocca, direttore de Il Secolo XIX” che mette in stridente confronto la irresponsabilità degli amministratori pubblici con l’abnegazione degli abitanti, dei pubblici servizi che hanno fatto da pronto soccorso in un giorno tragico. Quella faccia tosta oggi è rigata anche di lacrime e da un affannoso tentativo di difesa.

“Lasciare aperte le scuole _ spiega un assessore comunale durante una di quelle dirette di tv locali che hanno informato la popolazione di quanto accadeva_ è stata una scelta per non creare terrorismo o allarmismo o per non infierire su tanti padri e madri che non avrebbero saputo dove sistemare i figli”. E invece Djala, Gioia, Janissa, Serena, Angela, schiacciata tra le automobili, Evelina, sono morte perchè stavano andando o stavano tornando a scuola, richiamate dai responsabili degli istituti a prendere i figli sotto l’alluvione.

E quanti genitori e quanti ragazzi sono stati salvati nelle auto, nei negozi, nelle strade, lungo gli argini dai volontari del soccorso mentre cercano di avvicinarsi a scuola?

Oggi il Fereggiano è beffardamente sporco, invaso da rumenta, la spazzatura in genovese, ma quasi secco anche se lo risali di chilometri, anche se vai dove ieri nessuna guardia ha pensato di andare a misurare la piena per lanciare un allarme che avrebbe salvato gli innocenti.

Oggi sono in stato di allarme altri fiumi, altri rii, il Bormida, l’Entella, il Chiaravagna, il Leira, il Boate…..ma chi li controlla?

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fmanzitti