GENOVA – Si potrebbe sintetizzare così la figura del candidato finalmente trovato dal Pdl, partito in disfacimento a Genova e in Liguria più che altrove: “L’uomo che sussurra ai cardinali”. Dopo una settimana di tentativi andati tutti a vuoto, il partito di Berlusconi ha trovato come candidato sindaco il quarantacinquenne Pierluigi Vinai, un ex Carneade, nato come fattorino della vecchia Dc, oggi segretario regionale dell’Anci, vicepresidente della Fondazione Carige (socia di maggioranza della banca Carige, sesto istituto di credito in Italia per patrimonializzazione, settecento sportelli), membro numerario dell’Opus Dei, il vero ruolo che gli consente la possibilità di tentare la scalata genovese.
Vinai un uomo in grigio, già superscudiero di Claudio Scajola, l’ex ministro imperiese, deve la sua fortuna alla appartenenza alla sacra Prelatura fondata da don Escrivà Di Balaguer, grazie alla quale ha ottenuto il ruolo nella fondazione Carige e la vicinanza a due dei cardinali più potenti dei questa era moderna e ratzingeriana: l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, che è pure presidente della Cei e Tarcisio Bertone, sottosegretario di Stato, anche lui in passato arcivescovo di Genova, sulla cattedra di san Lorenzo.
Trovarsi all’incrocio tra il ministro di Imperia, l’Opus Dei e la superbanca genovese ha messo Vinai nella posizione di essere indicato come candidato in quella specie di terra di nessuno che è diventato il partito Pdl a Genova oggi.
Stare in quell’incrocio delicato, tra la Chiesa ai suoi massimi vertici, il partito fu potente del Cavaliere e il ministro di Imperia, è stato la carta che ha permesso a questo personaggio un po’ appartato ma molto ambizioso, sempre vestito di grigio, un filo di barba, due lauree di cui una in teologia, quattro figli, sempre in prima fila nelle cerimonie religiose della Curia, di addirittura farsi pregare per accettare una candidatura che a Genova non voleva nessuno.
Avevano rifiutato già in sette di sfidare il “campione” del centro sinistra, il marchese diseredato Marco Doria, erede del grande Ammiraglio cinquecentesco Andrea, sorprendente vincitore delle Primarie del centro sinistra contro le due zarine Marta Vincenzi, sindaco Pd uscente, e la senatrice Pd Roberta Pinotti sua sfidante, e il senatore Enrico Musso, cinquantenne ex Pdl, sfuggito alle grinfie berlusconiane due anni fa per tentare un assalto civico alla fortezza rossa di Genova: imprenditori, professionisti, presidenti di ordini professionali, prof universitari, broker assicurativi, tutti a dire di no alle profferte di un centro destra in grande crisi di rappresentanza.Una serie di porte sbattute in faccia appunto fino al Vinai, che già un anno fa si era affacciato a una ipotetica candidatura, ma che era stato stoppato proprio dal suo mentore di oggi, lo stesso onorevole Scajola, che lo aveva sconsigliato (“Sei bravo, ma in quanto a prendere voti…..”) e che, invece, oggi lo proietta in una operazione difficilissima di sfida nel clima surriscaldato delle elezioni amministrative più importanti di questa tornata, quelle della Superba governata da un quarantennio da forze di sinistra. Tanto non c’è nessun altro disponibile…..
Vinai si è presentato bello sbarbato e ben pettinato alla conferenza dell’accettazione di candidatura, dopo aver fatto passare tre giorni di riflessioni che gli sono servite a cercare di guadagnarsi una stupefacente patente di indipendente, lui che milita da un buon decennio sotto le bandiere azzurre: “Mi presento come tale, non per rinnegare il passato – ha dichiarato – ma per cercare di intercettare un consenso più vasto che la società civile può esprimere”.
Sorriso ecumenico e benedizioni cardinalizie sulla testa, il candidato del centro destra ha subito dato prova di cosa significa per lui questa indipendenza civica, annunciando che il suo lancio avviene con l’aiuto di due liste, appunto, civiche, che meritano una attenta osservazione da chi cerca di decifrare lo sconquassato quadro politico genovese di questi mesi.
La prima lista è capeggiata da Pasquale Ottonello, niente meno che un attuale assessore della giunta Vincenzi, cioè un “nemico” che, vista andare a fondo la barca della signora sindaco, silurata da Doria nelle Primarie, ha compiuto un clamoroso voltafaccia. Questo Ottonello, già socialista dell’era craxiana, sindacalista Uil passato a Forza Italia negli anni d’oro del berlusconismo, un anno fa aveva mollato il suo incarico di presidente di un importante Municipio genovese, quello del Medio Levante, uno dei pochi in mano alla Destra, per saltare sul carro di Marta Vincenzi.
Anche allora il gesto aveva destato grande scalpore a destra, e nel centro sinistra, dove era stato interpretato come l’estrema spregiudicatezza della signora sindaco, capace di decidere da sola come fare e disfare le alleanze, tanto sicura era di stravincere nelle elezioni del suo secondo mandato. Ottonello ha governato in una giunta di centro sinistra aperta anche al Sel, cioè alla formazione oggi vicina a Doria ed oggi abbandona il vascello per risalire a bordo del centro destra, rivendicando una matrice socialista, che forse non è tanto gradita ai cardinali, nelle orecchie dei quali il suo nuovo capo sussurra confidenziale.
L’altra lista civica di appoggio è, non a caso, indicata come particolarmente aperta al mondo cattolico, quello dei “sussurri”, ma non è stato ben identificato da Vinai, troppo impegnato in queste ore a decidere se dimettersi o no dal due ruoli importanti che ricopre nella Fondazione Carige e nell’Anci.
“Vado senza paracadute per rendere servizio alla città “, dice ancora ecumenicamente alla platea un po’ interdetta dei maggiorenti Pdl, insanabilmente divisi tra i seguaci scajolani, che risultano vittoriosi e quelli del senatore Luigi Grillo, il nemico interno, sostenitore di altre soluzioni molto più esterne e sicuramente meno “integraliste” di quelle che la candidatura Vinai rappresenta.Sembra che la benedizione cardinalizia di almeno uno dei due principi della Chiesa che hanno fatto la fortuna di Vinai, sua eminenza Angelo Bagnasco, sia stata il vero lasciapassare per lanciarlo, mentre i rapporti con Bertone, il segretario di Stato, siano un po’ più freddi da qualche tempo. Non erano caldissimi neppure i rapporti con il capo politico di Vinai, quello che lo sdoganò dal suo ruolo di ex galoppino Dc, Claudio Scajola, costretto in qualche modo a porre la sua mano protettrice sull’ex pupillo, che un po’ di distanza aveva preso dopo lo scandalo della casa comprata dall’ex ministro a sua insaputa con vista Colosseo.
Vinai è, d’altra parte, un cattolico tutto d’un pezzo, uno che era abituato a mollare qualsiasi impegno a una certa ora del pomeriggio, per “andare a recitare compieta” la preghiera serale, che solo i fedeli più devoti e tradizionalisti vanno a celebrare. In realtà tutta la partita genovese sembra ruotare intorno alla Curia, dove il cardinale “regna” con grande influenza al punto di cercare di pesare pure sulle scelte già decise dal Terzo Polo di Casini-Fini-Rutelli, che per Genova hanno scelto il terzo candidato, Enrico Musso.
Gli uomini del Terzo Polo, già schierati nella città laboratorio della “nuova politica postmontiana, con il professor Musso, starebbero trattando le liste del loro candidato, chiedendo addirittura lo schieramento un numero preciso di “cattolici di provata fede” per adempiere al loro impegno di alleati.
Cose mai viste nella città del fu cardinale Giuseppe Siri, campione di tradizionalismo nella Chiesa, inventore dei Comitati Civici di Luigi Gedda anti Pci degli anni Cinquanta-Sessanta, ma che nel clima confuso che si sta creando a Genova sono legittimate dal sentimenti di riverenza e totale soggezione, manifestati da illustri esponenti del ceto borghese, dell’imprenditoria cattolica.
La “minaccia” di una ennesima vittoria della Sinistra, questa volta più radicale e “estremista”, perché incarnata dal figlio del “marchese rosso”, quel Marco Doria sbucato dal nulla e che ha stravinto le Primarie, continua a spaventare quegli strati di opinione pubblica che ondeggiano vistosamente tra il professor Musso, un laico convinto e Vinai, l’uomo dell’Opus Dei.
Il quadro si complica ancora di più perché i candidati sindaci sono anche altri, sicuramente uno della Lega Nord, tradizionalmente non molto forte a Genova, ma capace di mettere in campo un trentacinquenne popolare, Edoardo Rixi, consigliere regionale che ha fatto della battaglia anti moschea un vero punto di forza e anche l’unica donna candidata, Susy De Martini per la Destra di Starace, una signora che nell’arco delle ultime tre consultazioni elettorali a Genova, in Liguria e in Europa è riuscita a farsi mettere in lista dal centro destra, dal centro sinistra ed ora dalla Destra postfascista.
Questa ultima candidatura, probabilmente quasi insignificante per il peso che potrà rappresentare, è il sintomo di una confusione totale e del disfacimento progressivo del quadro partitico, dove le capriole e le giravolte sono diventate la cifra caratterizzante della vigilia.
Se si aggiunge la notizia che Beppe Grillo, genovese doc, ha minacciato di ritirare dalla competizione elettorale il suo movimento Cinque Stelle e quindi di cancellare la corsa del suo candidato-sindaco, allora le incertezze aumentano. I sondaggi, infatti accreditavano, i grillini di una percentuale intorno al 5-6 per cento, capace di tenere giù il centro sinistra, sotto il 50% più uno, che garantirebbe la “solita”, per la Sinistra, vittoria al primo turno. Doria non avrebbe, in questo caso, il freno che fece saltare il banco nelle ultime regionali piemontesi, facendo cadere Mercedes Bresso e consegnando la Regione al leghista Roberto Cota.
A due mesi esatti dal voto, dopo la grande sberla delle Primarie che hanno capottato il Pd, gli ultimi avvenimenti, l’unzione sacra di Vinai e il ritiro dei grillini, agevolerebbero alla fine l’ex marchese Marco Doria, il cui galeone continua a veleggiare al largo della Superba, come il più accreditato alla vittoria finale.