Lì era un muro a muro e i primi preti che si erano andati a infiltrare nelle roccaforte rossa erano, non a caso, preti operai, cappellani di fabbrica che Siri, cardinale lungimirante e acuto, si era inventato per entrare e convertire nella Stalingrado rossa o per fare testimonianza, come predicavano angelici i reverendi in tonaca e tuta blu.
Oggi, in un altro mondo, anche a Sestri, dove gli operai sono decine di migliaia in meno e dove il parroco – Satana compare sulla collina e dove Berlusconi ha passeggiato qualche anno fa, in un clamoroso comizio elettorale itinerante, cercando di strappare al centro sinistra il governo della Provincia genovese, sfidando il cuore rosso e comunista di Genova (e fallendo la performance), la parte della conversione la fa proprio il cardinale Bagnasco in persona che arriva a Sestri per fermare non l’ondata rossa ma quella di fango di don Riccardo Seppia.
Arriva il cardinale presidente della Cei a poche ore dall’arresto con una tempestività inusuale per la Chiesa e una frontalità davanti allo scandalo pedofilo che mai era stata usata da Roma in nessuno degli angoli della terra dove lo scandalo sessuale di preti, vescovi, cardinali era esploso con una deflagrazione mostruosa, minando dalle fondamenta le certezze della cattedra di Pietro.
Arriva Bagnasco senza stuolo di scorta e incensi e paramenti ricamati d’oro e profumi di incenso. Sale con il suo segretario lassù sulla collina di via Calda e va a dire la messa al posto del parroco appena arrestato, a rassicurare, come si può farlo, i fedeli sconvolti. “Provo vergogna e sgomento, sono vicino alle vittime”, dice dal pulpito con gli occhi bassi, il pastorale in pugno, lo zucchetto porpora piantato sulla testa.
Un gesto tempestivo mai visto, che prende le distanze dalla macchina del fango che l’inchiesta sta sputando più forte dei torrenti impazziti che qualche mese fa hanno messo in ginocchio la “delegazione” (come chiamò Mussolini i vecchi comuni industriali della riviera genovese dopo l’incorporazione nella grande Genova) saltando fuori dai loro alvei stretti nei toboga di cemento di una urbanizzazione selvaggia.
Qua di selvaggio c’è nelle carte dei giudici l’azione del parroco – Satana, le sue parole trascritte nei fiumi di verbali delle intercettazioni che raccontano la trama incredibile del suo vizio perverso e impunito per decenni. Lo chiamavano “il prete della notte” nei sussurri schifati della gente, perché lo vedevano sgusciare dalla canonica e andare “a strusciarsi” nei locali by night di Sampierdarena, la “delegazione” più vicina al porto, dove una volta si ubriacavano i marinai americani della Sesta Flotta di stanza a Genova prima che la trasferissero a Napoli perché nelle banchine genovesi navi come la mitica Forrestal non ci stavano, e dove si sfogavano la mala nobile di allora, contrabbandieri, prostitute che sembrano duchesse rispetto al mondo che bazzica ora nel by night del terzo millennio, dove gli incontri si organizzano lì dopo i corteggiamenti e gli approcci chat line e le cacce sfrenate alle pulsioni più segrete, confessate sui computer e non nei confessionali dove Satana – don Seppia faceva gli agguati alle sue vittime.
Un mondo a rovescio su quella collina, in quella chiesa.