Il grande cardinale Dionigi Tettamanzi, colonna della Chiesa, oggi arcivescovo di Milano, allora qui a Genova lo aveva messo sotto controllo quel prete chiacchierato, ma non era andato oltre. Bagnasco lo aveva ammonito in una processione, forse avvertito da qualche sussurro che era riuscito a penetrate le muraglie del pudore, della vergogna ed anche del silenzio un po’ omertoso che copre i misfatti dei ministri di Dio se riguardano la sfera sessuale, il voto vacillante della castità, frantumato dall’onda degli scandali del terzo millennio: “Mi raccomando!”, gli aveva detto severo con uno sguardo fulminante.
Ma Satana – don Seppia era oramai un malato incurabile. Non si fermava più, cercava freneticamente nuove vittime. Adocchiava perfino case – famiglia che accoglievano bambini disabili per avere meno difese da abbattere, meno coca da sprecare, in una cavalcata ossessiva, in una capriola totale di se stesso dei suoi principi, in uno sdoppiamento completo della sua personalità, del suo ruolo. Scendeva dall’altare dopo l’”Andate la messa è finita” e si attaccava al telefono per spiegare ai suoi partner, come lo voleva fare, “Come in un film hard”.
E tutto questo si ferma e erutta dalla collina di Sestri, solo perché la Procura di Milano indagando su un traffico di coca “becca” il don e incomincia a intercettarlo e scopre l’indicibile, molto e molto di più di quanto suggerivano le rimontanti chiacchiere della delegazione di Sestri, le paure della mamme, i dubbi dei colleghi preti.
Don Riccardo Seppia, parroco di Santo Spirito, via Ludovico Calda è rinchiuso in isolamento nel carcere di Marassi. Lo hanno controllato a vista, temendo gesti disperati. Poi hanno lasciato la guardia. Non è pericoloso per se stesso. Ha confessato solo che si drogava da 17 anni. Sul resto tace. Guarda i Tg e si avvale della facoltà di non rispondere. Finirà davanti al Gip la prossima settimana. Nega gli atti sessuali commessi sui minori. Aspetta che la valanga delle accuse, delle testimonianze gli rovini addosso. Come se franasse dalla collina dove sta la sua chiesa, tra le case, lontano dal mare, sommersa dal fango, non quello delle alluvioni, ma il suo.