Forse si è rotto il motore che avrebbe dovuto “invertire” le eliche e allontanare la Jolly Nero dalle banchine, invece di accostarla rovinosamente. O forse c’è un’altra ragione, chissà quale, quante perizie, quante indagini, quante vivisezioni aspettano un porto già sofferente.
Scattano subito le inchieste della Capitaneria e quella della Procura che parlano di incidente, di omicidi colposi, addirittura qualcuno ipotizza la strage, probabilmente esagerando.
Il colpo al cuore non è una stilettata unica a Genova. È come una grande ferita che sanguina progressivamente in tutta la città, uno strazio che parte da quel cuore colpito a morte e che si allarga a tutto il porto che è immenso, chilometri di banchine e moli e retrospazi e che avvolge tutta la città. Se succede una tragedia in porto da sempre è come se tutta la città si ferisse, sanguinasse. Quando muore un portuale, un camallo, magari nella stiva di una nave o schiacciato da una gru, è come se Genova perdesse il respiro.
Il lutto cala ovunque. E allora oggi che i morti sono come non mai, se non in tempo di guerra e che vengono in mente solo le tragedie più grandi come quella del 1970, quando una nave inglese London Valour in un giorno di vento pazzesco, si schiantò sulla diga foranea e provocò quasi venti morti, cosa succederà?
Sulle banchine arriva il sindaco Marco Doria, il cui antenato era niente meno che l’ammiraglio, Andrea Doria, gloria genovese del Cinquecento, figura storica e mitica della Superba, della sua marineria e del suo porto. E proclama il lutto cittadino con la faccia grave, che riassume anche la storia profonda dei dolori, delle ferite, delle vittorie e delle sconfitte che il porto e il mare hanno sempre portato a questa città.
Alle undici di mattina, come in una sequenza di rintocchi tragici in una giornata di sole forte, di cielo beffardamente azzurro, dopo una stagione di piogge e freddo, trovano il quinto corpo. Sono i sommozzatori dello scalo che salgono e scendono da quelle acque del porto, cercando insieme agli uomini che a terra sotto le macerie della torre sbriciolata fanno la stessa disperata ricerca.
Sanno che troveranno solo corpi senza vita, vite stroncate come da un colpo di maglio immenso nell’unico punto pulsante in una notte di primavera. Luci accese, computer in funzione e quella nave come una immensa macchia nera che piomba sulla luce spegnendola.
A Genova le campanelle delle scuole suonano prima per ricordare la tragedia. Il neo ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi sta arrivando a Genova, corre al capezzale di un porto colpito al cuore.
Inspiegabile, incredibile, impossibile: è come se tutta la città sia affacciata su quella banchina in un silenzio irreale: solo le pale degli elicotteri che volano sopra Molo Giano, solo i richiami dei sommozzatori che si tuffano e riemergono da quell’acqua nera.
Ore 11:30, altri tre rintocchi della campana a morte: si recuperano tre altri corpi intrappolati nell’ascensore della torre. Un particolare ancora più terribile, probabilmente stavano cercando di fuggire.