Sarà pure un caso, o una coincidenza, che sulla Riviera dei Fiori, epicentro il porto degli scandali in costruzione a Imperia, piombi di persona niente meno che il procuratore capo di Torino, il mitico Giancarlo Caselli, ex Torquemada di Andreotti in Sicilia e metta a ferro e fuoco la città, indagando perfino il presidente del Tribunale, Valerio Boccalatte.
Saranno tutti casi o coincidenze o congiunture del fato, ma da quando su quella Riviera che corre dalla oscura Ventimiglia alla tranquilla Imperia Oneglia si è alzato il coperchio feudale che vi aveva calato l’ex ministro Claudio Scajola, quello “che non sapeva” come gli avessero pagato la famosa casa con vista Colosseo, i big della famosa cricca di Anemone&Balducci, laggiù è l’inferno.
Intanto un inferno di fuoco, perchè oramai con pura sfacciataggine esibizionistica non passa settimana che non bruci qualche negozio o vengano incendiate macchine o saracinesche dalla mafia organizzata che pretende i suoi pizzi.
Era sempre successo, ma da qualche mese, da quando il flusso degli investimenti per porticcioli, nuovi insediamenti residenziali, infrastrutture di salvataggio dal traffico boom, si è moltiplicato, la malavita organizzata si è scatenata. Altro che le vecchie derivazioni calabresi e abruzzzesi di antichi coltivatori di serre e di fiori a Vallecrosia e Coldirodi, intorno alle quali camorra e indrangheta succhiavano le ruote, taglieggiando e minacciando. Allora erano petardi, oggi siamo ai fuochi artificiali se quella Riviera, con un po’ di sussiego ma anche di paura, l’hanno ribattezzata “la “costa dei cento fuochi”, alludendo alle fiamme appiccate ritmicamente a “chi non ci sta”.
Il consiglio comunale di Bordighera lo stanno per sciogliere, dopo rimpasti e dimissioni, per “connivenze” o vicinanze sospette dei pubblici amministratori con elementi malavitosi. Foto e video immortalano la presenza dei locali boss accanto a deputati, sindaci, assessori, magari all’inaugurazione di un porticciolo o a quella più modesta di un autosalone. Ma questa è la dolce Bordighera, riservata tra le palme e i giardini incantati delle vecchie ville belle epoque, che ora si sta incendiando perchè cosa vuole la malavita, formicolante a venti chilometri dalla Costa Azzurra, se non l’apertura di un paio di case da gioco, casinò che il governo ha promesso da tempo in un piano di rilancio dell’azzardo ovviamente con le nuove tendenze: meno roulettes, chemin de fer, trentequarante e più golden poker e altre smazzate più in voga, come insegnano i Casinò francesi.
Tutto questo però è l’antipasto di quanto, scoperchiato il pentolone, sta emergendo nelle città chiave dell’ex feudo scajolano, Imperia e Sanremo, alla vigilia di quel Festival di Sanremo che sta già accendendo i riflettori sul teatro Ariston, laggiù in fondo a quel Corso Matteotti con passiera rossa sull’asfalto e chiusura al traffico, dove sculetteranno la chiaccherata Belen Rodriguez e l’ermetica Elisabetta Canalis, annunciate in arrivo a far da vallette al sempreverde Gianni Morandi, ma senza George Clooney.
Imperia vive quasi sotto una permanente scossa tellurica che le due inchieste concentriche della Procura locale e di quella di Torino stanno perpetuando da mesi. Il colpo ad effetto l’ha inferto proprio Giancarlo Caselli, che è piombato in carne ed ossa con quattro sostituti per arrestare l’autista del presidente del Tribunale, Valerio Boccalatte, sessantacinque anni, una carriera da tranquillo magistrato, già presidente del Tribunale della ben più tentacolare Sanremo, perfino in odore di candidatura alle elezioni comunali della Città dei fiori, otto anni fa, nelle fila di una lista civica-progressista. L’autista fedifrago è accusato di avere usato il suo ruolo di vicinanza al presidente per promettere vantaggi giudiziari a personaggi della mala organizzata. E il povero Boccalatte è indagato per concorso in questi abusi. Tutto ciò ha mandato in onda la scena madre, mai vista anche a queste latitudini, di un presidente di Tribunale sotto il torchio per dieci ore di uno dei Procuratori più noti in Italia.
Caselli non ha schiodato da Imperia per una settimana intera. Il presidente del Tribunale si è messo in ferie e ora tutti si chiedono dove porta questa pista assolutamente inattesa, ma che fa uscire allo scoperto un altro aspetto della presenza malavitosa in Riviera: la vicinanza al potere giudiziario, magari non allo sventurato presidente, che non sapeva nulla, ma ai suoi guardaspalle. D’altra parte la pressione di chi appicca i “cento fuochi” lungo la costa, seminando le bombe e gli incendi in quegli angoli di paradiso che corrono da Bordighera fino a Imperia, lungo quella strada Aurelia resa celebre dalla Milano-Sanremo ciclistica, sta aumentando geometricamente. Ci sono troppi affari appetitosi, troppi appalti intorno a quella striscia di terra tra il mare, la collina e, subito alle spalle, le Alpi Marittime. Grandi insediamenti turistici, appunto porticcioli, tangenziali, svincoli e alternative alla Autostrada dei Fiori e il grande affare dello spostamento a monte della linea ferroviaria, che, come nel Far West americano, correva interamente su un unico binario lungo costa e che si sta spostando fuori dai paesi e dalle città su più binari, liberando dalla prigionia di ferro i centri urbani, favorendo quindi succulente speculazioni edilizie, commerciali.
Chi va al traino di tutto ciò, se non la mafia? Prima poteva chiedere il pizzo al negozio di scarpe, ora lo può chiedere all’impresa di costruzione che scava la galleria o che trasporta i detriti nelle discariche.
Giusto le discariche sono oggetto di un’altra clamorosa inchiesta in una terra dove i rifiuti non sanno più dove sbatterli, non potendo certo affondarli in mare e essendo i siti locali stracarichi come quelli di Napoli e dintorni.
Tutto questo è ancora nulla rispetto all’inchiesta-madre, quella che sta crocifiggendo, dopo mesi di pressing, proprio Claudio Scajola, che figura già tra gli indagati. Era un fascicolo latente nella scrivania della Procura imperiese che riguardava la concessione a una società mista pubblico-privato della costruzione del porto turistico di Imperia, un gigantesco impianto a lungo vagheggiato e finalmente in realizzazione per mano di una santa alleanza tra imprenditori locali e il potente costruttore romano Francesco Caltagirone Bellavista. Dove sta l’inghippo? Dappertutto secondo i giovani pm di Imperia, Alessandro Bogliolo e Maria Antonia Di Lazzaro, che hanno già sequestrato valanghe di documenti dell’affaire, sostituendo all’inerzia precedente della Procura una indagine a tappeto. Come sono stati scelti i costruttori di quello che viene considerato potenzialmente il porto turistico più grande d’Europa, sono legittimi i volumi delle costruzioni a terra, nel territorio del Comune di Imperia, come sono stati venduti a prezzi d’oro i posti barca, ci sono violazioni al Prg e scavalcamenti demaniali, in un’opera annunciata con un rullio di tamburi nell’apogeo politico di Scajola, allora potente ministro dello Sviluppo Economico?
L’inchiesta sta dragando tutto ciò, mentre Scajola tace e fa trapelare solo la sua preoccupazione nell’eremo in cui si è blindato sulla dolce collina di Diano Calderina, sopra il centro di Imperia. Preoccupazione legittima ancor di più, dopo l’avviso di garanzia, quando la Procura ha messo sotto inchiesta per violenza privata il sindaco di Imperia Paolo Strescino e il segretario generale del Comune Andrea Mattarazzo, rei di avere esercitato una forte pressione su Pierre Marie Lunghi il dirigente comunale del Demanio che aveva clamorosamnente revocato la concessione per la realizzazione del porto a Caltagirone e Company. Sindaco e segretario difendevano a spada tratta la concessione.
La ragione della revoca alla società Porto di Imperia, giustificata dal funzionario demaniale da presunte false fatturazioni, mancanza di altre fatturazioni su lievitazione dei costi, subappalti vietati e irregolarità urbanistiche, erano state pesantemente avversate dal sindaco, eletto un anno fa sotto la regia della alleanza che poggiava su Scajola perchè metteva in crisi tutto il sistema del grande affare.
In realtà il cuore dell’inchiesta, che sta veramente facendo tremare Imperia, sono i rapporti tra Scajola e Caltagirone. Perchè e come si arrivò ad affidare l’opera al costruttore romano, dopo un romanzesco viaggio in elicottero del noto costruttore romano accompagnato da Scajola e _ lupus in fabula– di Pierangelo Fiorani, quello del Banco di Lodi, a pelo d’acqua nel dolce golfo di Imperia?
Scajola ha anche pubblicamente difeso quella scelta e la costruzione dell’opera, attesa da decenni in città, rivendicandone la paternità e l’importanza. L’accusa contesta quella scelta e mette in discussione il nocciolo dell’accordo tra il Comune, il costruttore, gli altri imprenditori locali e si chiede quali sono state le contropartite per Caltagirone di un impegno kolossal in Riviera?
E piove anche sul bagnato perchè, mentre i Pm scavano nei documenti risalendo a monte, altri giudici piemontesi stanno setacciando la Porto di Imperia in una inchiesta su imprese della loro regione sospette di legami con la n’drangheta. Hanno sequestrato carte che riguardavano la Reale Costruzione di Rivoli, che realizzò le opere di calcestruzzo delle banchine imperiesi.
Insomma un vero baillamme di giudici che incrociano giudici, una intera classe dirigente, dal suo apice scajolano, agli amministratori locali sotto scacco tra avvisi di garanzia e minacce di custodie cautelari, che agitano i sonni.
Un Ponente così bollente che ci si può perfino consolare andando a Sanremo, generalmente epicentro di tutti gli scandali dell’area, dove il Casinò perde colpi e l’immagine della città si appanna al punto che il suo sindaco Mauro Zoccarato, un altro scajolano di ferro, e il presidente dimissionario della casa da gioco, Di Ponziano, un abile manager dimissionario, ma in carica fino al dopo Festival e alla chiusura di un bilancio in forte deficit, corrono a Torino e stringono una santa alleanza con la Juventus di Andrea Agnelli, per legare l’immagine un po’ deteriorata della Città dei fiori alla squadra di calcio più popolare d’Italia, malgrado i tempi difficili, prevedendo alleanze, tourneè e scambi di marchi.
Come dire, riuscirà la Vecchia Signora del calcio, che in Riviera fa il pieno di tifosi tra i pensionati piemontesi, che si sono trasferiti al caldo della Liguria, a salvare la vecchia signora del turismo ligure, appannata per il business in decadenza del Casinò, incrinata nel turismo(cento alberghi chiusi negli ultimi due anni) rimasto all’età della pietra, affidata ora solo agli scodinzolamenti di Belem e Elisabetta, circondata da inchieste esplosive, mentre continuano a brillare i cento fuochi?