Gamalero sorride amaro, come quaranta anni fa, quando rievoca come la sentenza della Corte d’Assise di Genova assolse in primo grado clamorosamente Bozano con la formula dubitativa, dopo una memorabile arringa dell’avvocato Giuseppe Sotgiu, un penalista di grido capace di insinuare in una giuria fragile nei due magistrati togati, Giuseppe Napolitano e Guido Zavanone e nei rappresntanti popolari, l’ombra del dubbio. Un vedetto che fece uno scalpore immenso e provocò perfino marce di protesta di cittadini e ci vollero quasi due anni per capovolgerla in appello e altri due per confermarla in Cassazione, mentre Bozano era scappato via, latitante in Francia, barba lunga, una giovane moglie bresciana di Chiari, invaghita dal suo mefistofelico personaggio.
“ Quando il corpo della povera Milena emerse dall’acqua del mare con quella cintura, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto sepellirla in mare per sempre, Bozano cambiò personaggio. – spiega Gamalero – Fino all’esplosione dell’inchiesta contro di lui era vissuto come un barbone, quasi ripudiato come era dalla famiglia, uno sbandato che girava da perditempo per la città, frequentava i grandi magazzini con gli specchietti sulle scarpe per sbirciare sotto le gonne delle ragazze.
“Dopo” indossò i panni della vittima, sulla quale i poliziotti e i magistrati si erano buttati per placare un’opinione pubblica choccata dalla efferatezza di quel crimine. Una ragazzina con quel viso pulito, quella famiglia perfetta, portata via da un bruto , mentre correva con la sua cartella a una ripetizione dopo la scuola”. Insomma Bozano contrappone a quella valanga di indizi questo atteggiamento quasi di sfida e si trasforma in un perseguitato, cercando probabilmente senza saperlo di sfruttare il sistema mediatico che costruisce intorno a lui una figura oscillante tra la incertezza, l’ingiustizia e la macroscopica responsabilità di avere effettivamente rapito, ucciso, affondato.
“ Un altro sospettato, un altro biondino di nome Claudio su cui potevamo sospettare, che potevamo cercare? – si interroga Gamalero – Bozano era stato visto da tanti testimoni intorno alla Scuola Svizzera, in viale Mosto, dove abitava la famiglia Sutter, nelle perquisizioni avevano trovato i biglietti del sequestro programmato, poi il numero telefonico della scuola, poi erano saltate fuori la tuta da sub, il ripostiglio nel quale aveva celato il corpo, lui negava il sole, non c’era nessun altro “biondino”, nessun nome che spuntasse dalla meticolosa inchiesta della squadra Mobile che aveva setacciato tutto nella “piccola” vita di Milena.”
Ancora dallo schermo dello scoop di La 7 Bozano tira fuori una sua versione sul famoso bigliettino, “affondare nel canale della Fiera, murare, sepellire”, e racconta nell’intervista in esclusiva che quello era una specie di scherzo scritto ragionando con qualche giornalista nelle prime serate dell’inchiesta, quando la città era in sommovimento e tutti si almanaccavano sulla ipotesi di un sequestro, un crimine che Genova aveva vissuto un anno prima, quando era scomparso Sergio Gadolla figlio di un imprenditore edile, rapito dalla banda della XXII Ottobre, i “nonni” delle Br genovesi, che poi, invece, liberarono il ragazzo dopo il pagamento di un riscatto.
E Gamalero commenta: “Era ed è ancora un bidonista, recitava, sicuro che il corpo della ragazzina era effettivamente scomparso per sempre, sicuro di se stesso, del suo piano perfetto, si permetteva perfino di teorizzare. E dall’altra parte pefezionava il colpo: fece solo una telefonata per chiedere i 50 milioni di riscatto, indicando come prova del sequestro il luogo dove aveva piazzato la cartella di Milena, la prima aiuola di Corso Italia.”
Quella cartella fu trovata dalla polizia con difficoltà, perchè Corso Italia è la lunga promenade sul mare di Genova e la polizia l’aveva percorsa per il verso sbagliato, trovando alla fine la cartella all’altra estremità, quasi davanti a Boccadasse. Ma, intanto, Bozano oramai sicuro del fatto suo era già andato ordinarsi in un autosalone di Piazza Rossetti una supermacchina, altro che la sua spyder ammaccata e perfino un motoscafo. Altro che alibi, altro che dubbi. La voce di Gamalero vibra un po’ di più, mentre rievoca quei dieci giorni, prima del 20 maggio terribile del corpo di Milena che galleggia davanti alla spiaggia.
“ Sono state giornate terribili perchè io correvo con la polizia dietro agli sciacalli che telefonavano a ripetizione, sostenendo di essere loro i sequestratori e di avere nelle mani Milena. Non scorderò mai la violenza di quelle telefonate, una volta ci fecero perfino sentire la voce di una bambola che chiamava: mamma, mamma…….Non si può immaginare dove arriva la cattiveria degli uomini. Ci furono perfino due bande di calabresi che si contendevano il bottino del riscatto dall’estremo Ponente ligure. E noi che dovevamo fare…..correvamo a smascherare questi terribili bluff……”
Il mistero di Isabelle Delsaux, figlia di un alto dirigente dell’Eternit in servizio a Genova e dopo la tragedia trasferita fulmineamente e mai interrogata nelle inchieste e nei processi, l’amichetta di Milena, che Bozano “sforna” in Tv per la prima volta, sostenendo che “non l’hanno mai voluta coinvolgere…..perchè tanto ero io il predestinato” Gamalero lo chiarisce subito.
