“ Quale mistero? Io l’ho interrogata Isabelle, subito dopo la scomparsa di Milena, della quale poi non era così amica; era una ragazzina timida e anche bruttina che non sapeva nulla di Bozano e non scappò da Genova. Suo padre era stato trasferito e nell’estate tutta la famiglia lo seguì a Bruxelles.” Ma perchè difendersi solo ora, accettare una intervista in tv, svelarsi con la sua faccia, perchè oggi che di fatto la sua pena è scontata, che la sua vita è bruciata? L’avvocato Gamalero non si stupisce, come non si è mai stupito del fatto che Bozano abbia sempre strombazzato di voler chiedere la revisione del processo e poi non lo abbia mai fatto.
“Anche questa scelta rientra nel personaggio che si è ritagliato dopo l’arresto e le condanne e la detenzione. Ha venduto per anni esclusive rivelazioni a giornali scandalistici, è riuscito a sposarsi due volte e a farsi mandare al diavolo dalle mogli, nonostante la detenzione, è riuscito a mettere in piedi anche un commercio di uova, quando era in semilibertà, sempre spacciandosi per vittima.” – racconta Gamalero per il quale alla fine Lorenzo Bozano su quella condanna, su quell’ergastolo ha costruito un personaggio, che altrimenti non sarebbe esistito. “C’è stato un momento nell’inchiesta iniziale – rievoca l’avvocato – nel quale tutto poteva capovolgersi. Quando mostrammo a Bozano il numero della Scuola Svizzera e lui vacillò un poco, il suo avvocato di allora, Marcellini, un penalista molto valente, chiese la sospensione dell’interrogatorio e annunciò che il giorno dopo avrebbero avuto dichiarazioni importanti da fare.
Era l’annuncio di una probabile confessione di Bozano, messo alle strette, ma il giorno dopo l’imputato rievocò il mandato, cambiò avvocato e al suo fianco comparve Silvio Romanelli, un legale molto giovane che poi si fece affiancare dal principe del Foro, Sotgiu. E Bozano non confessò nulla e un anno dopo, a inchiesta conclusa, a rinvio a giudizio culminato nel primo processo con un suo interrogatorio in aula imbarazzante per la pochezza delle domande e la vacuità delle risposte, fu assolto per insufficienza di prove.”
Quale situazione migliore per “costruire” il personaggio? All’inizio del secondo processo, nella primavera del 1975, Bozano, il bidonista, finge una colica renale dopo la prima udienza, si fa ricoverare nell’ospedale di san Martino e scompare. L’Interpol gli da la caccia, ma se per caso la gendarmeria francese non lo avesse beccato in una strada provinciale, vicino a Limoges, a guidare senza cintura di sicurezza, chissà dove sarebbe finito Bozano. Gamalero spiega come anche la sua estradizione in Italia fu una specie di capolavoro strategico della accusa nei suoi confronti. La Francia non aveva nessuna intenzione di estradarlo in Italia, dove pendeva la condanna per omicidio.
Bozano protetto come i brigatisti latitanti a Parigi? “Riuscimmo a ottenere che lo spedissero in Svizzera con una manovra difficile, perchè lui era riuscito a pagarsi avvocati di grande potere e influenza – dice Gamalero – e la Svizzera era il paese della famiglia della povera Milena, che lo mollò subito alla giustizia italiana. “ Non sorride Gamalero, rievocando il passaggio cruciale che “ha fatto giustizia” di quel crimine indimenticabile per molte generazioni di genovesi.
Restano molti dubbi, come le presunte protezioni che quel fasullo biondino della spyder rossa probabilmente ebbe e che gli consentirono di guadagnarsi una clandestinità non certo gratuita, prima della condanna, poi una latitanza tranquilla, poi una chance addirittura di salvarsi anche dopo la cattura casuale dei francesi. L’avvocato allarga le braccia e ripete uno a uno gli indizi e le prove per le quali Bozano alla fine è stato condannato e sta ancora scontando la sua pena: i testimoni che lo videro per giorni fuori dalla scuola della povera Milena, i bigliettini “programmatori” del sequestro, la cintura da sub che affondò la sventurata e che era innegabilmente sua, gli altri testinoni che lo videro sul Monte Fasce, alle spalle di Genova, vicino alla fossa nella quale lui aveva previsto di sepellire il corpo della ragazzina secondo il piano B…..
Bozano cambiava avvocati, perchè decideva lui la linea, non rispondeva alle domande per alimentare il suo personaggio, lui stesso in qualche modo si era fatto ricercare con la storia del piano di sequestro nelle serate con i giornalisti. “ Chi poteva rapire una bambina all’uscita di scuola, chi poteva essere tanto abbietto da portarla via mentre correva a casa?” – si chiede ancora l’avvocato che ha dipanato quella matassa, che ha risolto con la polizia, con i carabinieri quel giallo di quarantadue anni fa. E che oggi davanti a quello schermo, davanti a quella faccia prova il disgusto di allora: Bozano, ancora lui, ancora la sua menzogna, inutile a pena scontata, proterva, con quella faccia senza sentimenti, neppure una smorfia di pentimento o di rabbia o di rivalsa. La maschera, solo la maschera di Bozano, che non scende dal 20 maggio del 1971, quando Genova piangeva una ragazza-bambina di 13 anni, sfigurata dai pesci, affondata, uccisa non si sa neppure come per un dolore che non finisce mai.
