Non c’è cartolina più o meno ingiallita del porto di Genova che non coniughi il mare, la navigazione con la C di Costa, anche se quella sigla oramai abborda ogni Continente e furoreggia nei Caraibi e circumnaviga tutti i continenti in un andarivieni che ha, e chissà se ancora dura, costruito il boom turistico numero uno dell’epoca moderna.
Non è più sola colpa di Schettino, perchè la compagnia che fu dei Costa e che rimanda il nome di Genova è nel mirino della Giustizia e della Procura di Grosseto e nel mare magnum delle intercettazioni e dei verbali i dialoghi tra il comandante e la società fanno cadere veli di responsabilità in qualche modo condivise.
Quel buco di un’ora e mezzo tra il cozzo con lo scoglio, che ogni navigante di sottocosta ligure e toscano conosce a memoria e l’ordine di evacuazione è un fantasma che circola anche sulle banchine genovesi. Chi ha deciso, chi ha tergiversato, chi ha messo il business e l’immagine davanti a tutto il resto, alla sicurezza dei passeggeri? Ma è sopratutto la rotta dell’inchino che incrina l’orgoglio della tradizione: come è possibile che un’operazione così ardita sia stata fatta passare nel cervello decisionale della flotta che sta in un grande palazzo nel cuore di Genova, a due passi dalla statua di Balilla, il ragazzo zeneise che lanciò la pietra contro gli invasori austriaci, a dieci passi da dove il governo di centro destra di Tambroni, nel giugno del 1960 fu arpionato dagli uncini dei portuali, dei camalli indomabili.
Sarà una compagnia americana, avrà capitali multinazionali e dimensioni globali, dagli uffici agli equipaggi che sono diventati una torre di Babele di razze e idiomi, ma l’ombelico è sempre orgogliosamente a Genova nel suo centro città, si direbbe oggi nella city, dentro la quale lavorano ancora i migliori avvocati marittimisti, gli assicuratori, gli agenti marittimi, gli ship broker con maggiore lignaggio professionale. E chi sono gli agenti della Costa Carnival in Italia, da Ventimiglia a Capodistria, se non i soci di Cambiaso e Risso, una grande società di brokeraggio marittimo e assicurativo di potenti tradizioni e di forte business mondiale, ben piantata nel cuore genovese? E’ Cambiaso e Risso ad occuparsi dell’operazione svuotamento del carburante, che sta nella pancia della Costa Concordia, non qualcuno che viene da un altro continente.
E sempre a Genova c’è la sede del Rina, il Registro Navale Italiano, l’ente che un tempo certificava la classe delle navi, garantendo sicurezza e standard e oggi oltre a questo verifica la congruità e la sicurezza di infiniti altri impianti anche sulla terraferma. Rina, trasformato in una società moderna con quasi duemila dipendenti, dei quali almeno 800 a Genova, è stato indirettamente investito dal naufragio perchè il suo presidente Gianni Scerni ha dovuto dimettersi per una dichiarazione un po’ troppo spontanea sulla Costa, rilasciata sulla scia dell’emozione per la tragedia e che metteva un po’ in discussione il controllo della compagnia di navigazione sulle rotte disinvolte delle sue crociere.