GENOVA – Big bang. La preparazione delle elezioni regionali in Liguria, previste al 31 di maggio, sta praticamente disintegrando il quadro politico che reggeva nei trapassi dalla Prima alla Seconda e alla ipotetica Terza Repubblica. Si sbriciolano i partiti uno per uno e cadono a pezzi le coalizioni, sia a destra che a sinistra, lasciando al centro un buco nero, perfetto per una visione siderale, spaziale, di vera o falsa fantascienza. In una regione che freme di scandali piccoli e grandi, ma soprattutto di dismissioni postindustriali, di incertezze strategiche, di visioni non condivise e di scelte non fatte, fosse solo quella del giardinetto sotto casa, in una regione in potente calo demografico, dove il crack immobiliare sta assumendo scenari da fine del mondo, con interi quartieri svuotati, in una regione dove l’immigrazione stessa si ritira perchè non c’è più da lavorare, che ti combina la politica?
Invece di arginare il dissesto socio economico, di alzare barriere contro il declino ambientale, contro il dissesto del lavoro, che una volta qua si chiamava “saper fare”, contro le emergenze della città capoluogo più vecchia del mondo (record di vecchiaia anche in Europa, conclamato proprio ieri a Bruxelles, con una percentuale di anziani over 65 anni del 27 per centro contro il 20 della Ue) , la politica sceglie di affrontare questa corsa polverizzandosi come con lo spray e già, da de-ideologizzata come è, fa emergere preti stregoni, cambiabandiera di ogni risma, traditori, candidati cercati con la scritta Wanted sui muri screpolati della città Far West della dismissione a tappeto, una generazione intera, quella dei 25-35 anni in fuga ovunque, basta non restare qua, in un mix di ambizioni e presunzioni ingiustificate e di ritorni al passato, di recuperi di vecchie figure e rilanci di presunte giovani promesse.
E’ come se l’enormità dei problemi mettesse in fuga i possibili candidati veri e aspirasse nella esclusione del big bang un battaglione di dilettanti allo sbaraglio, di pretendenti a vanvera e di vecchie glorie sognanti un recupero insperato, dove è difficile scovare qualche candidato vero. Si incomincia, ovviamente dal Pd, che ha dato inizio alle danze più di un anno fa, lanciando la delfina di Burlando, Raffaella Paita, la quarantenne spezzina, regina del continuismo di un regime lungo dieci anni e radicato da ben oltre nel sistema del potere dem, post Pci e aprendo la strada al Big bang.
Essendo la Paita una clonazione del suo presidente Burlando e una proiezione monarchica del suo potere da non sperperare, chi si è opposto è stato prima di tutto il Pd stesso, spiazzato dal gioco d’anticipo ed anche dal folgorante aggancio al carro del premier Renzi del duetto Burlando-Paita. Li ci sono stati i prodromi delle maledette Primarie, cui il Pd è sottostato, provocando il secondo passo verso il Big bang: discesa in campo imprevista e clamorosa di Sergio Cofferati, il leone della Cgil, eurodeputato appena rieletto, “mostro sacro” della Sinistra-sinistra nel panorama genovese e ligure e anche nazionale, inquinamento del voto con 113 seggi censurati dagli organi interni di garanzia e due inchieste della magistratura penale, dimissioni dal Pd del Cofferati stesso, con strappo storico, successo della Paita, ma non certo sua consacrazione globale nella corsa alle Regionali.
L’effetto Big bang dentro al Pd ha prodotto un esito come le faglie di un terremoto che non si ferma e anzi si irradia con l’affannosa ricerca di alternative da schierare a sinistra, con separazioni e divorzi nel cuore dell’ ex grande “partito rosso”, di fronte alle quali i crolli dei matrimoni nella vita civile sembrano barzellette. Un esempio per tutti: il vice presidente di Burlando, Claudio Montaldo, potente assessore alla Sanità, già vice sindaco di Genova e dirigente Pci, PDS, DS e Pd ha rotto con il suo amico Claudio e dopo essersi schierato con Cofferati ora corre dove si riunisca qualsiasi assemblea pronta a sfornare qualsiasi candidato anti Paita. Ma oramai in qual che sia vertice, riunione o assemblea lo sport preferito degli osservatori è pescare gli ex amici di Burlando, passati altrove, distanti, critici, perfino incazzati.
Un Big bang che separa vite in comune, militanze storiche, sintonie quasi ataviche, amicizie fedeli, solidarietà a prova di bombe e cataclismi superati indenni e uniti. Il mondo alla rovescia, soprattutto in una città come Genova, fatta per decenni di battaglie muro a muro, perfino di separazioni geografico ambientali, dove il Pci e il post Pci erano una roccia non scalfibile, la “linea” di partito forgiata da un acciaio duro come quello che usciva dall’altoforno della mitica fabbrica Italsider di Cornigliano.
Ora sono briciole , frammenti, neppure un partito “liquido”, piuttosto la dissolvenza di una aggregazione che “spara” pezzi a destra e a manca. Si salvi chi può a sinistra e allora ecco che sul pulpito proprio quello vero, non figurato, salgono i preti-stregoni della politica, come l’oramai dirompente don Paolo Farinella, un sacerdote militante della Sinistra che si è piccato di trovare lui un candidato che “salvasse” il Pd e la sinistra dallo sfacelo Paita. E’, questo prete, il parroco di una chiesa nel cuore ombelicale dei caruggi genovesi, nella piazzetta di san Giorgio, intitolata a san Torpete, un prete che in mezzo al Big bang più del Vangelo sembra amare la politica o meglio mixa la predica delle parole del Signore con la spinta a tradurle nella diffusione di un credo politico. Salvare le anime, ma anche gli uomini dal Diavolo più cattivo, che spesso è il nemico politico, mica quello tentatore del deserto.
Il cardinale principe Giuseppe Siri lo aveva spedito a Gerusalemme da una parrocchia nella periferia genovese a studiare testi sacri e forse le radici di quel Vangelo. Poi lui è tornato a Genova e si è trasformato, magari anche in buona fede, in una bandiera politica, mescolando nella sua chiesa raffinatissimi concerti di musica barocca e tonanti prediche politiche con dure intemerate anche contro il suo vescovo, fosse il potente cardinale Tarcisio Bertone o il più defilato cardinale Angelo Bagnasco.
In una rubrica domenicale, pubblicata sull’edizione ligure di Repubblica, questo don Farinella ha mandato per anni in brodo di giuggiole il suo pubblico “rivoluzionario” ed ha indignato, invece, i cattolici meno barricadieri, ma si è conquistato un ruolo pubblico ben diverso da quello delle sue mani consacrate e della sua veste di sacerdote.
Si e spinto, don Farinella, a un attacco frontale contro la Madonna della Guardia, cui i genovesi sono devotissimi, arrivando a trasformare un culto popolare in una scelta “a tavolino” fatta dalla elite cattolico industriale: basta una visita al deposito degli ex voto per capire la forzatura. Non era certo, nella multiforme città di Genova, quel ruolo politico con la tonaca una novità, anzi. I predecessori più recenti del parroco di san Torpete sono stati niente meno che il leggendario don Andrea Gallo e don Gianni Baget Bozzo, preti diventati figure di primo piano, non solo dentro la loro Chiesa e nelle loro attività di magistero ecclesiastico, ma proprio nella politica e nella pubblicistica in generale.
Ma don Andrea Gallo, icona del prete da strada, coscienza civile dalla testimonianza viva e potente, capace di salvare chissà quante vite umane nelle sue battaglie contro la droga nelle sue comunità e nel lottare a mani nude contro il disagio sociale, tornava sempre al vangelo, lo predicava, lo traduceva, ne testimoniava il messaggio, partendo dagli ultimi e lasciando ai politici gli scampoli del suo carisma. E’ stato lui a scegliere Marco Doria come sindaco di Genova e a farlo vincere inaspettatamente nelle elezioni comunali di tre anni fa. E dopo la sua morte la forza del sindaco-marchese, schierato a sinistra, si è come affievolita, come se la protezione “superiore” fosse venuta meno.
Don Baget Bozzo era certo un prete affascinato dalla politica fino a mettere sul suo altare prima Bettino Craxi e poi Silvio Berlusconi, anche se sempre sotto la statua della sua adorata Madonna. Aveva infranto le regole, candidandosi e facendosi eleggere eurodeputato socialista e meritandosi, quindi, la sospensione a divinis, comminata da suo “padre”, Giuseppe Siri. Ma la sua capacità comunicativa, la sua forza intellettuale, quella che lo aveva fatto definire dal cardinale Siri “simile all’altoparlante della biblioteca di Lipsia”, come dire che era un pozzo di cultura, meritavano una attenzione molto larga anche da chi ne censurava la partigianeria politica e il suo amore per Genova e le sue profezioni, ahimè tutte avverate, sul suo declino avevano una profondità sicuramente sottovalutata e intrisa della sua convinzione di prete.
Don Farinella, invece, fa spesso solo l’agit prop e sfogliando la margherita dei candidati possibili per una Altra Sinistra, si è proclamato il confessore non dei peccatori della città in senso largo, ma proprio di questa sinistra. Ha individuato alla fine un candidato nella figura rispettabilissima di Giorgio Pagano, un efficientissimo ex sindaco di la Spezia, da lui veramente salvata e rilanciata tra il 1996 e il 2006, curiosamente il capo della allora giovanissima Paita, che ne era allora capogabinetto in Comune. Pagano, rara figura di chi se ne era uscito dalla politica, rifiutando poltrone e strapuntini per denunciare la massificazione del suo Pd e la relativa trasformazione in Partito Unico della Nazione, aveva preferito dedicarsi al volontariato e osservare la politica molto dal basso, la povertà, la sofferenza, i disagi mondiali a partire dalla Palestina.
Forse Farinella ha avuto almeno un’ispirazione superiore, nel convincerlo a accettare la possibile candidatura alla testa della Altra sinistra, quella non paitiana, ma anche qui non aveva calcolato quel Big bang che squassa tutto. E, infatti, Pagano ha dovuto mettersi al telaio di una ricucitura per cucire insieme un mondo complesso, che sta dentro al Pd anti Paita e alla sua sinistra e al mondo perfino moderato che non vuole sentire della Paita, seppure spinta dalle lobby territoriali e da quelle del clan Burlando.
La logica del Big bang ha subito cercato di sparare nel cosmo anche il volenteroso Pagano: Sel lo ha accettato ma la Rete a Sinistra, costellazione della galassia che gravitava nello spazio indefinito in attesa di buchi neri elettorali, ha rivendicato la possibilità di indicare un altro candidato oltre a lui. Ed è incominciata un’altra ridda di nomi, polvere non di stelle, ma di frammenti politici con la pretesa di cosa? Rosicchiare qualche voto, abbassare il livello che la candidata Paita sta cercando di raggranellare al centro dell’esplosione astrale: lei scampata alle Primarie, allo strappo di Cofferati, alla diffidenza diffusa, ma non tanto esplicita del corpaccione molle del suo Pd, fatto di separati in casa, gente che annuncia, comunque di non votarla, o anche proprio di non andare a votare.
Dall’altra parte dello schieramento, passando per il buco nero del centro, il Big bang è stato meno esplosivo, più diffuso e lungo, anche perchè il vuoto tra i buchi neri era già pronto a inghiottire tutto. La Destra e cioè l’altra galassia, che mette insieme confusamente Forza Italia, Ncd e la Lega, avrebbe davanti pur nella sua frammentazione totale la grande chance di sfidare più da vicino quella sinistra appena descritta, spezzata nelle sue briciole, traumatizzata dalle Primarie inquinate.
E invece no. A novanta giorni dal voto la Destra, vedova per niente inconsolabile dell’ex ministro Claudio Scajola, oppone la sua miniaturizzazione a quella esplosione centrifuga. Il leader di Forza Italia, coordinatore regionale e deputato Sandro Biasotti, che nel 2000 vinse a sorpresa le Regionali, regnando per cinque anni, ha infine messo in campo un candidato, il costruttore edile quarantenne Federico Garaventa, ma poi lo ha tenuto fermo al palo, aspettando che l’asse Berlusconi-Salvini scegliesse il campione da schierare, magari un candidato unico, tanto per approfittare della situazione.
In questo stand bay si sono consumate farse incredibili, perchè di fatto una bella fetta di questa Destra postberlusconiana e in particolare il NCD avevano partecipato alle Primarie del Centro-sinistra volando a votare Paita, in una commistione incestuosa. E tra i pro Paita erano comparsi palesemente personaggi come l’onorevole Eugenio Minasso, un postfascista di Sanremo o come il consigliere regionale Domenico Saso. Non in campagna delle Primarie, ma fuori testo, si era schierato per la ragazza-delfina, con un salto della quaglia più che acrobatico l’ex senatore scajolano di ferro, ed ex vice presidente della Giunta regionale, Franco Orsi, forse uno dei pezzi più pregiati nell’argenteria di famiglia per la sua qualità politica.
Non basta: un accosto verso Paita aveva fatto anche l’ex scudiero di Scajola, l’ex vicepresidente della quasi defunta Fondazione Carige, Pierluigi Vinai, candidato sindaco per Forza Italia nelle ultime Comunali, nonchè membro numerario dell’Opus Dei e attualmente segretario dell’Anci.
In questo clima come si fa a compattare la Destra dietro un candidato? E allora ecco l’altro Big bang, quello che squassa Forza Italia, dove i consiglieri regionali “forti” come Raffaella Della Bianca si mettono a correre da soli o abbandonano la barca, come il potente medico, padrone di un succoso pacchetto di voti Matteo Rosso, per salire a bordo del carroccio leghista. O fondano liste civiche per “liberare” la Liguria, come il consigliere Gino Morgillo, che “assolda” perfino l’ex senatore Enrico Musso, la grande speranza sfiorita dei moderati liguri, che lasciò Berlusconi per primo di tutti, sognò un futuro liberale e ora vaga da prof universitario nella galassia del Big bang.
La Lega, bontà sua, ha l’unico candidato completo che può navigare con o senza Gps in quella galassia del Big bang, Edoardo Rixi, anche lui quarantenne, consigliere regionale uscente ed anche consigliere comunale, vice segretario nazionale di Salvini, un bel tipo che calca la scena da oppositore oramai da dieci anni e che potrebbe anche puntare a una carriera nazionale, ma fiuta aria di colpi di scena in Liguria.
Riusciranno i nostri eroi della destra, persi nelle loro navicelle spaziali, a puntare su un unico candidato, cercando di mettere insieme i pezzi? Forse bisogna gettare una rete nello spazio per cercare di raccogliere più frammenti possibili.
Nel frattempo il partito che guadagna a man bassa per colpa del Big bang è quello del non voto, calcolabile in una cifra superiore al 50 per cento. Salvo sorprese Raffaella Paita corre questa ultima parte della sua estenuante corsa in testa, anche con un bel vantaggio, sopratutto sul concorrente che non arriva dalla galassia frastornata dal Big Band, i 5 Stelle del genovese Beppe Grillo, che hanno candidato una ragazza di 32 anni Alice Salvatore, laureanda fuori corso in Lingue, votata dalla Rete.
Dietro i rimasugli di Forza Italia, la Lega che seppure spinta da Rixi sconta un pregiudizio ligure molto radicato e poi gli spezzoni di Sinistra. Salvo sorprese, perchè attenzione questo è proprio un Big bang.