GENOVA – Venerdì 16 gennaio 2015, la Commissione di Garanzia delle Primarie del centro sinistra decide la legittimità del voto tenuto in Liguria per scegliere il candidato alla presidenza della Liguria. Deve esprimersi su 26 ricorsi che denunciano inquinamenti, interferenze, perfino reati penali nel voto.
Domenica 18 gennaio 2015 si riuniscono i vertici della Destra, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega per decidere chi sarà il candidato che sfida il vincitore delle Primarie del centro sinistra, molto probabilmente Raffaella Paita, che ha conquistato una netta maggioranza, oltre 4 mila voti più del suo concorrente Sergio Cofferati. Intanto la Liguria, improvvisamente brucia di una febbre politica inconsueta. S’ode e destra uno squillo di tromba e a sinistra rispondo uno squillo. D’ambo i lati..Non c’è neppure bisogno di Alessandro Manzoni e del suo “Conte di Carmagnola” per descrivere la situazione esplosiva che le primarie-farsa di Genova hanno innescato nel corpo cadente di Genova, la ex Superba e della Liguria.
E’ come una improvvisa febbre di partecipazione, come se i 54 mila voti della consultazione preventiva del centro sinistra, allargatosi ,ma sarebbe neglio dire, sbrecciatosi a chiunque altro passasse dai seggi, esponenti delle Destra post berlusconiana, post fascista, cinesi, marocchini, albanesi, n’dranghetisti, mafiosi, presunti boss e bassa manovalanza, semplici provocatori, gente assoldata a euro cinque, dicasi cinque, pronto cassa, avessero sturato, questi 54 mila inquinati e commisti in vario modo, la classica pruderie genovese, il mood avverso alla politica politicante, alla politica di Stato, quella del Partito Unico. Perchè 54 mila elettori , grande sorpresa rispetto ai trentamila previsti, che fanno strabuzzare gli occhi della vincitrice Raffella Paita e che gonfiano la barba di Burlando e fanno alzare le sopracciglia del segretario nazionale vicario Lorenzo Guerini ( Renti tace, tace e ritace su Genova da mesi e mesi…..) e che fanno sbattere i tacchi alla generalessa-ministro della Giustizia, Roberta Pinoti, sono voti da “Partito Unico”.
Altro che larghe intese, maglie larghe di nuove alleanze, eccolo lì il Partito Unico della Nazione, senza barriere, divisioni, differenze, snobismi, puzze sotto il naso.
Venghino venghino nel grande abbraccio della bella Lella,( le elezioni dopo le alluvioni, l’hanno, in verità, un po’ tanto asciugata e reso più aggressivo il suo look, oggi sembra un po’ la matrigna Brunilde della favola di Cenerentola, quella che chiedeva sempre: specchio, specchio del reame chi è la più bella del reame?).
Le Primarie incontestabilmente, anche se ancora sub iudice di garanzia che si pronuncerà venerdi, hanno detto che è lei, la ragazza di La Spezia, maritata a Spezia con Luigi Merlo, presidente del porto di Genova spezzino anche lui, come è spezzino il ministro di Grazia e Giustizia Andrea Orlando, la più bella del reame. E quindi eccola approntarsi a regnare su questo reame che è ancora da conquistare del tutto e che il partito unico consacrato nei seggi dei liguri, dei cinesi, degli albanesi, dei marocchini, ma sopratutto dei transfughi dalla Destra sbrindellata, con le pezze al culo delle storiche sconfitte-scomparse dei suoi leaders storici, Claudio Scajola e Luigi Grillo, deputati e senatori del Berlusca e delle loro famiglie, cerca di mangiarsi, scatenando finalmente gli altrui appetiti.
E’ come una febbre che sale quella che sta scatenando la possibile discesa in campo dei concorrenti che vogliono andare a piantare la bandiera in cima alla Regione sulle macerie delle Primarie, delle pre Primarie, dello sconquasso politico che sta macinando Genova e non solo, le sue Riviere, ribattezzate curiosamente così, stile favolosi Anni Cinquanta-Sessanta, in questa circostanza della geografia ridisegnata nella battaglia tra la Paita e il suo nemico, Sergio Cofferati, il “cinese”, fregato dai cinesi veri.
S’ode a sinistra uno squillo ed è quello che sale stridulo, ma anche incazzato di Sel e delle frange radicali del Pd, i civatiani con Pippo, che è stato il primo a scendere l’Appennino verso Zena, dopo la domenica scandalo del voto, la lista Doria, che regge sulle spalle il sindaco-marchese Marco Doria e perfino una bella fetta dei 5 Stelle in odore di scomunica, quelli tra i pantastellati che non ne possono più di Beppe Grillo e vorrebbero affrancarsi.
Quale palcoscenico migliore della Regione Liguria, dove sfibrare il centro-sinistra, egemone da quasi sempre? E allora ecco che salta fuori il nome dello spin doctor televisivo, Carlo Freccero, savonese doc, di sinistra da sempre. Più credibile ancora quello di Alessandro Ghibellini, avvocato, notissimo ex campione mondiale e olimpico di pallanuoto, uno dei sostenitori della candidatura Doria, tre anni fa in Comune. Su Alessandro Ghibellini potrebbero convergere Sel, gli scontenti del Pd, i dissidenti di Beppe Grillo. A favore di Ghibellini, possono giocare carisma e fascino personali, fama di ottimo avvocato del lavoro, storia di grande pallanotista in una specie di Camelot genovese, una famiglia dell’aristocrazia di sinistra, il padre comunista e noto avvocato, il figlio anche lui campione di pallanuoto.
Potrebbero scendere in campo, rosicchiando la Paita e il Pd? Non si sa se saranno loro o se il candidato sarà più di uno, nel caso che i 5 Stelle corrano da soli. Ma quel che sembra certo è che una candidatura a sinistra della Paita quasi sicuramente spunterà e che ciò potrebbe significare la spaccatura del Pd, trasformando Genova nel laboratorio politico che ci si aspettava.
Quello che nessuno aspettava era che il laboratorio si mettesse in piedi dopo che gli alambicchi e le provette e le misture di pozioni diverse producessero i fetori e i mali odori delle Primarie. Quella puzza insopportabile di alleanze proibite, di commistioni tra non solo partiti, ma anche di alchimie “proibite” dai più banali codici della politica, i post fascisti che si inchinano ai postcomunisti, la periferia operaia di Spezia che va a braccetto con gli affaristi da Casinò, con i prestinai della roulettes sanremese, con il “mondo di mezzo”, tanto per usare il vocabolario di Roma capitale, tra la frontiera italo-francese, le piantagioni dei fiori sulle colline del Ponente, nelle serre costruite dagli immigrati abruzzesi, dalle terze generazioni dei calabresi che si sono trasferiti a Bordighera, Vallecrosia, Coldirodi, Ventimiglia, nell’entroterra fantastico di quella costa una volta rutilante di turismo e oggi saccheggiata dal cemento, dai porticcioli incominciati a costruire e poi piantati lì, come quello di Ospedaletti, luogo di sogno, oggi una discarica in mezzo alle palme e al lussureggiare di giardini mediterranei, ridotti a cloaca dal malgoverno e solo nobilitati di sfioro dalla pistra ciclabile che scorre al posto della ferrovia, spostata a monte, che per molti chilometri resta un binario unico da Far West, dove i treni rischiano le frane e gli stop. Come esattamente un anno fa con i vagoni pencolati sulla scogliera e il mitico Festival di Sanremo segato fuori dalla linea ferroviaria….
Ecco il Partito Unico della Nazione come si combina bene quando di mezzo ci sono gli affari: la pista che corre da san Lorenzo Al Mare verso levante l’hanno progettata, costruita, finanziata sotto la regia della Destra scajolana e ora se ne mena vanto la sinistra Burlando-Paita, velocissima ad appropriarsi di questo angolo di Paradiso e delle sue grandi prospettive, vendute come un atout mondiale: che sogno andare in bicicletta sospeso sulla spiaggia, in mezzo a gallerie, scorci mozzafiato, attraversando borghi antichi per totali e finali 77 chilometri. Presto, corriamo a mettere la firma su questa grande realizzazione che cancella scandali, marchette e connubi politici ed anche privati, Scajola che su questa scena rincorreva la bella signora Matacena, Burlando che tagliava nastri con Scajola, Francesco Bellavista Caltagirone che costruiva il maxiporto, sprofondava nello scandalo della carcerazione per nove mesi lui settantenne poi proclamato innocente e veniva assolto con il primo verdetto nel silenzio quasi generale “perchè il fatto non sussiste”…Burlando che accompagna la sua assessora Paita nei Comuni, nei villaggi, nei presepi di questa terra del Ponente, ex bianco, ex democristiano, ex berlusconiano, ex scaiolano e oggi totalmente nazionalpopolare da Partito Unico.
Bisogna venire qua per scoprire come porta lontano il Partito Unico della Nazione che ha trovato a Ponente la sua coniugazione più spregiudicata e che fa squillare le tromba a sinistra…..
E’ ovvio, allora che a Destra risponda uno squillo, quello di un ceto medio-alto borghese e anche più popolare che non accetta la vittoria del burlandismo e, quindi, della Paita, non vi riconosce la genetica del Pd, il partito nuovo che doveva crescere, aprendosi all’esterno, incamerando i “pezzi” della società civile, trasformando la politica con quella inclusione della quale proprio Burlando era apparso, in origine, il primo interprete. Hanno incamerato spezzoni della Destra, non pezzi di società civile, hanno messo insieme gli immigrati disperati, non quelli che l’etica dem vuole proteggere e includere appunto, hanno chiesto il misero pizzo di due, tre quattro, cinque euro per quei voti che vanno nell’urna di Raffaella Paita, cosciente o meno dell’intrallazzo, a Albenga, quel paesone del Ponente, in fondo alla pianura, agricolo e turistico, dal centro storico affascinate e lei ha preso 1250 voti dei 1450 espressi alle Primarie.
Come si spiega, se non con una inclusione un po’ diversa da quella immaginata all’alba del Pd ed anche da quella da larghe intese con cui vengono certificate le aperture a Alessio Saso, del Nuovo Centro Destra, lo “scambista” di voti, indagato dalle Procure? A Franco Orsi, il senatore ex Fi, il più bravo di tutti, tradito dai suoi e trasformato in angelo vendicatore per lo schiaffo subito di non essere stato più messo nelle liste dei nominati da Berlusconi, solo perchè era schierato con Claudio Scajola.
Troppi tradimenti, troppe delusioni all’ombra del burlandismo, che occupa la Liguria da tempo immemorabile e che questa ragazza di la Spezia trasforma nella sua perpetuazione per il tempo futuro, oltre a SuperClaudio e la sua infinita carriera di partito e di istituzioni, segretario di sezione Pci, segretario provinciale Pci, poi Pds, sindaco Pds, poi deputato Pds, poi responsabile enti locali Pds, poi Ministro dei Trasporti Ds, poi responsabile economia nazionale dei Ds, poi governatore della Liguria per i Ds e poi del Pd, poi…Nel decimo mistero glorioso del santo Rosario si contempla ancora Burlando al potere…
Così lo squillo a Destra parte anche da trombe che avevano suonato per il Pd, che si erano illuse e che ora non ne possono più e sono disposte a tornare indietro e sopratutto a andare in soccorso alla Destra Doc stessa, imbesughita dalle sconfitte liguri, tradita dai suoi stessi figli, vedova di Scajola e di Gigi Grillo, i potenti caduti in disgrazia, impallinati dalle Procure e dalle cricche “ a sua insaputa”.
Ma la Destra ha poca merce da offrire, non trova da anni candidati validi dopo il tramonto repentino di Enrico Musso, l’ex senatore, che per primo lasciò Berlusconi, ma che dopo ha vagolato dai gruppi misti ai liberali-democratici, ai gianniniani, alla sua fondazione Oltremare. E neppure oggi sforna un nome che possa contrastare la Paita a maggio. Sforna terne e quaterne di possibili contendenti, tutti diversi, tutti rispettabili, ma senza il famoso quid, il costruttore Ferdinando Garaventa, perfino uno dei Costa, l’epica famiglia imprenditoriale della “C” sui fumaioli, Enrico, agente marittimo, figlio della leggendaria Bianca Costa, la “madre della solidarietà”, Alessandro Cavo, un giovane e pimpante commerciante del centro storico, financo, la star televisiva del G8 nel 2001, Ilaria Cavo, oggi inviata di Mediaset.
Si arrende quasi, questa Destra, alla prorompente Lega che ha messo subito in campo Edoardo Rixi, un trentanovenne consigliere comunale e regionale, vice segretario nazionale di Salvini, pimpante e lui si con il quid, ma a chi tocca la Liguria, dopo che in Emilia Romagna il candidato del centro destra è stato “verde”?
Rixi si è lanciato cercando di sfruttare i furori a sinistra, ma un vertice entro domenica tra Berlusconi, Giorgia Meloni di “Fratelli d’Italia” e lo stesso Salvini dovrebbe sancire che la Liguria tocca agli altri.
E così, in questo deserto di candidature forti, dopo che il coordinatore regionale di Forza Italia, Sandro Biasotti, ex presidente regionale tra il 2000 e il 2005, sconfitto nel 2005 e nel 2010 da Burlando, ha esaurito i petali della margherita, chiedendo invano di candidarsi o mandando richieste indirette anche a illustri figure, come l’ex preside di ingegneria Paola Girdinio, consigliera d’amministrazione dell’Enel e del Rina o come l’imprenditorissimo, presidente di Federacciai, amministatore delegato di Duferco, Tonino Gozzi, dopo tanti “no” lo squillo arriva da altre valli rispetto a quelle dove si è rifugiata la Destra.
Si pensa a una lista civica indipendente, che poi, magari, chieda gli appoggi a quel che resta dei partiti e che scovi nell’ urna, ancora una volta manzoniana, uomini di buona volontà, civil servant disposti a sacrificarsi. Lo hanno chiesto a Stefano Zara, ex presidente di Assindustria, fondatore del Pd e uno dei più delusi dalle Primarie, che ha detto un no grosso come una casa, lo chiederanno, magari, a Giuseppe Pericu, il sindaco migliore degli ultimi lustri a Genova, anche lui fondatore del Pd ligure che aveva già dato una disponibilità “ a patti che non ci fossero le Primarie di mezzo”. Ma era una situazione diversa, perchè ora si tratterebbe di correre contro la vincitrice assoluta, lanciata dai 54 mila voti, per quanto un po’ inquinati e sub judice e questo non è nello stile lealista di Pericu, considerato ancora un uomo tutto d’un pezzo, non solo in piena forma malgrado le 76 primavere.
S’ode a destra uno squillo di tromba e a sinistra risponde uno squillo e la febbre sale ancora, ma non sarà per molto, perché tra venerdì e domenica le commissioni di garanzia e i vertici dei big decidono e i candidati partono. Hanno tempo fino al 17 maggio per scavalcare le macerie delle Primarie e quelle più ingombranti da scavalcare di un disgusto per la politica, una lontananza che presagisce già un 60 per cento circa di astensioni
Con le Primarie forse è caduta, dopo secoli e secoli, la Repubblica di Genova, conquistata da una ragazza spezzina, si rompe una egemonia perché Paita, il suo consorte Luigi Merlo presidente del porto di Genova e Andrea Orlando, il Guardasigilli di Renzi sono tutti di quella città che molti continuano a considerare “diversamente ligure” e che Genova spesso ignorava o temeva solo come concorrente portuale.