Basta una frana sulla linea a binario unico ferroviario del Ponente e la Liguria è segata in due: non sono riusciti a raddoppiarla quella linea che collega con la Francia e sembra un binario da Far West, solo che in fondo non c’è neppure uno sceriffo che aspetta con la stella sul petto. Ci sono comuni chiusi e riaperti per le ingerenze mafiose, leader sepolti agli arresti domiciliari come Claudio Scajola, chiuso nel suo giardino di Imperia da sei mesi domiciliari….. quando aveva avuto in mano le chiavi del futuro non solo ligure e imperiese.
Il mare di Genova è Rosso, perchè un parallelo destino di accoglienza turistica e di nuova città d’arte non è riuscito a svilupparsi come si poteva, anche se la famosa “città dei camerieri”, temuta nelle roccaforti rosse della ex classe operaia del fu Pci e dei suoi discendenti, sì è alla fine imposta con un’altra nomenclatura, appunto meno classista ed ora l’Acquario della Costa Edutainement, l’Expò e altre attrazioni, tra cui l’isola felice di Palazzo Ducale, calamitano, non gli eserciti di Roma, Venezia, Napoli e Firenze, ma almeno qualche plotone di turisti.
Insomma questo Mar Rosso in tempesta bisogna attraversarlo, prima che le onde di un vero tsunami travolgano tutto e allora ecco che si ricorre a Renzo Piano, il Mosè che non dice mai di no, perchè ha qua le sue radici, perchè il mare è il suo grembo materno, perchè è diventato grazie a Giorgio Napolitano anche senatore a vita e perchè la sua matita è fisiologicamente attratta a disegnare la sua città a correggere e esaltare quelle prerogative, che stanno nella pancia della città stessa, ma anche in quella di Mosè, ogni volta che rimbalzando per il mondo, dove è ancora a settantasette anni di età, uno dei professionisti più richiesti torna a Zena e riceve, magnanimo più di Mosè, le delegazioni dei potentati locali che salgono nel suo paradisiaco ufficio sulle alture di Vesima, là in fondo a Genova.
Oggi Doria, Burlando e Merlo gli hanno chiesto di attr5aversare il mar Rosso con un progetto forse più facile del mitico Affresco o dell’Expò 92 e anche di Erzelli: collegare il cuore del vecchio porto con la Genova di Levante. Sdoganare un pezzo di città che ha sempre vissuto un mix spurio di industria navale, turismo, perfino grandi uffici dell’Ansaldo nucleare e ombelicali attività sportive, tra le quali la mitica sede dello Yacht Club italiano, il più antico e snob d’Italia, con le sue barche e i suoi leggendari saloni. Un’operazione di cerniera che può riscattare molto del tempo moderno perduto in incertezze, fallimenti, scandali, incapacità, perchè finalmente un segno forte su un terreno urbano che si è riempito per tre decenni solo di visioni oniriche, di progetti da mille convegni, dibattiti sterminati e neppure una pietra su una pietra, tunnel sottomarini, ponti alla san Francisco, gronde e bretelle ferroviarie, nuovi stadi calcistici a ogni angolo della città, funivie, seggiovie, sopraelevate, perfino grandi disegni di risistemazione post industriale di personaggi come Giovanni Gambardella, l’ultimo amministratore di Finsider o ancora Riccardo Garrone, chiamati Utopia o Viva Genova e mai approdati a nulla….
In silenzio Piano ha lavorato per tre mesi ed ora propone alla città un progetto lungo come un canale di quattro o cinque chilometri, che sarà largo non più di quaranta metri e porterà l’acqua dove non c’era e avvolgerà le ex fabbriche, le ex darsene perfine i pezzi della Fiera del mare, come il vecchio Palasport, dove si esaltavano i concerti dei Beatles anni Sessanta e segnerà un collegamento tra due pezzi di città, scorrendo sotto un quartiere borghese come quello di Carignano. Un progetto da 160-170 milioni di euro da realizzare in una decina di anni, ma Mosè che di anni ne ha settantasette ha chiesto entro quattro anni di “vedere già qualcosa” ai maggiorenti che sono arrivati con la supplica e li ha quasi minacciati: “Mi raccomando…..guai se non incominciate subito”.
Il disegno con il quale Piano ha intrapreso la sua ultima traversata genovese ha molto seguito, perchè la disperazione del mar Rosso scatenato sta piegano la città, anche se i critici si sono già mossi a partire dal vicesindaco di Doria, Bernini, un vecchio leone della politica locale.
Quelli dell’establishmen mezzo imbalsamato della città, che avevano affondato il primo Affresco ora applaudono, come i Riparatori Navali, i cantieri storici come Mariotti e San Giorgio.
Fedele alla sua Bibbia di architetto, Piano ha immaginato di “togliere” più che di mettere. Significa che tra le Mure di Malapaga, a ridosso del vecchio porto antico e la foce del fiume Bisagno, i confini del progetto ci saranno più demolizioni che costruzioni, più scavi intorno al canale che cubature di cemento nuovo. Ci sarà anche un grande parco e una maxi spiaggia, dove si posteggiavano le migliaia di automobili del Salone Nautico, giunto in questi giorni alla sua cinquantaquattresima edizione, un altro grandeur che la Superba ha sepolto nel suo declino.
Un sogno o veramente un progetto a cui aggrapparsi per non morire, come capitò al popolo di Mosè?
Il problema dei finanziamenti è affidato inizialmente alla iniziativa della Regione, che dirotterà i primi milioni per incominciare gli sbancamenti, sottraendoli a non si capisce cosa, visto il buco della Sanità e visto il patatrac regionale. Si punta sugli investiimenti dei privati: possono credere in una riscossa globale dell’immagine di una città che come nel 1992 del Colombo riscommette sui se stessa.
Ma questa volta l’asso nella manica non è Colombo ma Mosè-Piano, il suo credito, il suo appeal e il fatto che se non lo fa attraversare lui il mar Rosso in tempesta sollevando le onde, la Superba non avrà più scampo.
Il galeone di Marco Doria farebbe una fine che i suoi antenati bollerebbero a palle incatenate, il governatorato di Burlando finirebbe nel ludibrio di un grande fallimento politico, senza eredi e nessun segno di sviluppo e l’Autorità Portuale di Lugi Merlo consegnerebbe il grande porto, ex leader del Mediterraneo, a un declino per soffocamento. Ma attenzione: alla fine Mosè ricevette i dieci comandamenti e li impose al suo popolo che si impegnò a rispettarli uno a uno. Saranno capace i genovesi di obbedire a Mosè e di allearsi veramente tra di loro?