Un ultimo scandalo travolge Sanremo, note spese taroccate e pneumatici spariti nel crepuscolo dell’era Scajola

Il casinò di Sanremo, simbolo di divertimento che può portare alla rovina. E di corruzione

Roba da miseria. “Rubavano” la Vespa magari modello 50, la Vespetta del Comune, comprata per umili servizi pubblici di minitrasporto, per farci andare i figli alla spiaggia. Mettevano in nota spese, sempre del Comune, il pieno di gasolio del furgone o del camper o dell’auto di famiglia, fino a caricare sulla schiena delle finanze pubbliche 10 mila euro. Cambiavano i mobili di casa, caricandoli sulle spese di ufficio alla voce “trasloco”. Comunale.

Robetta, se paragonato agli scandali classici di Sanremo, città dei Fiori, del Casinò, del Festival della canzonetta, dove di grandi inchieste giudiziarie scoperchianti il malaffare di questa piccola Las Vegas italiana se ne intendono, eccome.

Roba un po’ meno modesta, se il parco automezzi di questo rutilante Comune rivierasco ligure, 30 mila abitanti e la maledizione perpetua del fiume di denaro da roulettes e slot machine, era composto di 320 automezzi dei quali novanta risultano “scomparsi”. Se li sono imboscati i dipendenti comunali, i funzionari, i dirigenti, per ora senza volto, di una amministrazione civica i cui uffici sono in un grande palazzo, stile Belle èpoque, sulla collina bassa di Sanremo, tra palmizi e vegetazione rigogliosa, a duecento metri da un palazzo di Giustizia che sta sparando alzo zero sul Comune, con un’inchiesta a raffica che hanno già battezzato “Sprecopoli”, inventando l’ennesimo neologismo, che mancava nella lussureggiante (come i giardini sanremesi) vegetazione della cronaca giudiziaria italiana.

Il bello è che questo scandalo, che sta esplodendo come un fuoco artificiale a Sanremo nella pentola comunale, è stato provocato proprio dalle denunce dell’attuale sindaco, Mauro Zoccarato, un trentenne del Pdl, scajolano di ferro, eletto quattordici mesi fa e già decantato per la sua fama di cow boy della politica perchè gira per la città come uno sceriffo, la pistola fumante in mano delle denunce e delle sfide, la barbetta incolta e la lingua sciolta.

Ma chi sono i veri responsabili di Sprecopoli, un andazzo che aveva trasformato il Comune di Sanremo in una greppia gigantesca, nella quale mangiavano tutti e chissà da quanti anni, da quante amministrazioni, da quante leadership politiche della città del feudo Scajola, ma prima ancora di una Dc bianca che più bianca non si poteva.

Prima del cow boy del Pdl c’era una amministrazione di centro sinistra, presieduta da un imprenditore doc Claudio Borea, uno dei più noti produttori di materiale da bagno in Italia, soprannominato mister Bean per la somiglianza di tratto e di eloquio con il celebre comico inglese.

Borea aveva scalzato a sorpresa una amministrazione di centro destra, affondata in un altro scandalo, quello sì non roba da miserabili, perchè aveva travolto la gestione del Festival di Sanremo e portato alla ribalta gli intrallazzi che stavano dietro l’Accademia della Canzone, la “fucina” delle cosiddette voci nuove, pronte e scelte per salire sul “mitico” palco del teatro Ariston.

Erano “caduti” il sindaco berlusconiano, Giovenale Bottini, un medico termale e l’assessore Roberto Bissolotti, giovane avvocato molto sveglio e capace di strappare alla Rai convenzioni molto favorevoli a Sanremo. Accuse ritmiche nella storia giudiziaria di Sanremo e nelle sue evoluzioni politiche, anche sotto il grande ombrello protettivo di Claudio Scajola, il capo oggi caduto in disgrazia e ormai rifugiato nella sua villa sulla collina di Oneglia ad assistere ai fuochi d’artificio degli scandali che stanno esplodendo come petardi in tutta la provincia, da quando il “Re” deve occuparsi di difendere se stesso.

Lo scandalo del megaporto di Imperia, costruito da una liason imprenditoriale imperiese-romana, intrecciata con una love story, con la comparsa sulla scena del noto palazzinaro romano Caltagirone Bellavista…. La love story è tra il settantenne costruttore e la bella trentacinquenne Beatrice Cozzi Parodi, vedova di un onorevole Udc perito in un incidente stradale lasciandole un patrimonio di aziende e imprese edili e pure la carica di presidente della Camera di Commercio.

Su questo scandalo indaga la Procura di Imperia per costi che sarebbero cinque volte quelli previsti e sui quali sta muovendosi anche la Corte dei Conti, sezione ligure per disastri ambientali provocati dalla mega costruzione, che finiranno con il gravare pesantemente sui bilanci delle pubbliche amministrazioni locali, obbligate a riparare ai danni dei moli, delle calate violentemente piazzati sulla dolce linea di costa tra Oneglia e Porto Maurizio.

Lo scandalo della giunta comunale di Bordighera, altra perla della estrema costa ligure, dove tre assessori si sono dimessi per sospette connivenze con gli esponenti della n’drangheta locale, i boss nipotini degli antichi immigrati venuti in Liguria a coltivare fiori nelle serre, mentre ora i loro eredi coltivano i “pizzi” da far pagare a commercianti e impresari e strizzano l’occhiolino alla classe dirigente politica della nuova era.

Foto e documenti, che comprovano i legami, stanno scuotendo tutto il milieu politico e minacciano carriere emergenti come quella del deputato sanremese Roberto Minasso, ex An, oggi quarantenne Pdl, eletto proprio a Sanremo e amico dello sceriffo-sindaco Zoccarato.

Lo scandalo che ha sfiorato l’ultimo delfino della famiglia Scajola, Marco, neo eletto in Regione, nipote di Claudio e figlio di Alessandro, vice presidente di Carige, la cassaforte ligure divenuta la quinta banca italiana per patrimonialiazzazione, recordman di preferenze con 11 mila voti, ex vicesindaco di Imperia: sospetti in un concorso per assumere i croupier del Casinò, nella cui commissione giudicatrice sedeva, come psicologo, proprio l’ultimo rampollo……

Si potrebbe continuare con gli scandali in ebollizione, in preparazione, in immersione se non fosse che Sprecopoli ha catalizzato tutta la attenzione probabilmente perchè la sostanza dei possibili reati appare molto minuta ed anche diffusa su e giù per le scale di una piccola nomenclatura comunale, dispiegata nelle proprie funzioni probabilmente per decenni.

Il sindaco in carica ha tuonato scaricando un superesposto alla Procura, il cui ufficio principale è occupato da meno di un anno da Roberto Cavallone, un magistrato tutto d’un pezzo, corrente Magistratura Democratica, origine meridionale, piovuto a Sanremo, dopo l’uscita di scena di Italo Galliano, procuratore capo da quasi venti anni.

Galliano, celebre perchè cinque anni fa aveva riaperto l’inchiesta sulla morte di Luigi Tenco, il famoso cantautore trovato cadavere durante uno dei Festival degli anni Sessanta, in una stanza di un albergo sanremese, dopo la bocciatura della sua canzone, aveva fatto parte della intoccabile oligarchia della città dei Fiori. Si parla di una quarantina di avvisi di garanzia che la Procura avrebbe già firmato e di truffe e corruzioni per una cifra globale di 100 milioni di euro. Questa somma quisquilie non lo è proprio.

Ma si ignorano sia la gittata nel tempo dello scandalo, cioè il numero delle amministrazioni che coinvolge, sia il livello di responsabilità che raggiunge. Arriva o no al livello politico? L’ultimo sindaco in carica prima dello sceriffo cow boy, Claudio Borea, respinge sdegnato ogni illazione e rivendica di avere istituito un assessorato alla trasparenza, apposta per smascherare sprechi e dall’altra parte gli rispondono che quel ruolo non ha portato a svelare nulla, se oggi tutto emerge da un banale controllo contabile che ha fatto saltare sulla sedia un impiegato: ma che fine avevano fatto quelle novanta autoblu o mezzi similari che il Comune aveva in carico, di cui pagava bollo e assicurazione e delle quali si era persa ogni traccia nella gestione quotidiana?

Alla fine dell’estate degli scandali, incominciata con le dimissioni di Claudio Scajola, dall’incarico di ministro dello Sviluppo Economico, il 18 maggio scorso, Sprecopoli fa anche un po’ scuotere la testa ai notabili sanremesi e alla vecchia guardia di una classe dirigente che ne ha viste di tutti i colori negli ultimi decenni. Come diceva Totò, il principe Antonio De Curtis, in una delle più note gag comiche, queste sono quisquilie rispetto agli scandali di una volta. Altro che la storia di Capitan Uncino, quel croupier del Casinò, smascherato dopo mesi, se non anni, per aver alleggerito le casse dei tavoli da gioco, approfittando del trasporto dalla sala giochi alla sala conta dei contenitori di denaro.

Lo chiamavano così perchè approfittava del passaggio nei corridoi per arpionare con un uncino le banconote attraverso la fessura nella quale le banconote delle mance venivano inserite. “Tirava sù” pezzi da cinquanta e centomila lire, prima ancora che avvenisse la conta che poi precedeva la divisione tra il personale di servizio in quel momento. In quel modo capitan Uncino si era soffiato impunemente decine di milioni. E nessuno aveva saputo nulla.

Ma quello era un furto nobile, da Robin Hood, da sfida nelle sale ovattate della roulettes, dello chemin de fer, del trente quarante, dei giochi in voga all’epoca, prima che anche a Sanremo piombassero i nuovi giochi, i poker texani e sopratutto le slot machine. Un furto in guanti bianchi altro che trucchi da nota spese!

Quisquilie i furti di gasolio, i treni di gomme fatti pagare al Comune per auto scomparse e poi montati sulle proprie automobili private, rispetto ai veri scandali edilizi che per decenni hanno soverchiato Sanremo, conducendo a quello che viene considerato “il sacco edilizio” della città rivierasca, invasa dal cemento, distrutta da una speculazione che Italo Calvino ha raccontato così bene nel suo capolavoro di inizio anni Sessanta, intitolato, appunto “ La speculazione edilizia”.

Calvino ha studiato al liceo Cassini di Sanremo, che sta proprio tra il palazzo Bellevue, oggi scosso dallo scandalo di Sprecopoli e il Casinò di Capitan Uncino, delle bianche torrette, oggi ridipinte di un pallido colore giallino. Il colore della ultima vergogna sanremese o della rabbia degli smascherati?

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fmanzitti