Anche Stefano Zara, ex presidente di Confindustria Genova, ex alto dirigente Iri e deputato Pd per una legislatura, uno dei fondatori del Pd, si schiera pubblicamente con il “cinese” che chissà magari avrà affrontato in tante vertenze sindacali. E con lui viaggia l’avvocato post democristiano Giorgio Guerello, oggi presidente del consiglio comunale di Genova.
Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? La platea di Cofferati è ovviamente infittita dalla legione dei sindacalisti per i quali Sergio era il terminale storico e che arrivano qua un po’ tra la nostalgia del tempo che fu e un po’ per marcare un territorio che sanguina e per il quale il “cinese” offre ai loro occhi una garanzia di esperienza molto più forte dell’alternativa “nuova”. E quanti di Sel e della lista Doria, il sindaco eletto tre anni fa sconfiggendo al cuore il Pd, siedono in platea e in galleria per Sergio? Molti e sicuramente i principali leader di quella Sinistra sofferente e lontana da Renzi. “State btranquilli, non acccetteremo trasformismi”_ mette subito le mani avanti Cofferati quando il discorso scivola sulle alleanze, ricordando che i governi Burlando sono sempre stati garantiti dai centristi dell’Udc.
“Alla Liguria non serve un sindaco”, spara ancora dal palco dell’intervista pubblica Cofferati-Tex, alludendo ai superpoteri che Burlando ha cercato e cerca ancora di esercitare per fare da stampella al vacillante primo cittadino Marco Doria, mezzo travolto anche in queste ore dalle ribellioni dei dipendenti dell’Amt, l’ azienda dei Trasporti, quasi in liquidazione, dell’Amiu, l’azienda dei rifiuti, che sparge scandali giudiziari tanto estesi da far indagare perfino un cuginetto di Massimo D’Alema, Pietro che in quella azienda fa il direttore generale e che vogliono processare per turbativa d’asta.
Anche qualche signora della Genova-chic applaude in poltrona l’ex sindacalista, che venne dopo Giuseppe Di Vittorio, Agostino Novella, Luciano Lama, Antonio Pizzinato, Bruno Trentin, avversari di gente come Angelo Costa, dei Costa, presidente più longevo di Confindustria, quello della grande flotta che ora è americana. E altre signore di una altra Genova si preoccupano, alzandosi nel finale del comizio-incontro-intervista e chiedendosi: “ Ma con lui non diveteremmo una Regione contro?” Contro il Governo, contro Renzi, il renzismo, la sua “annuncite”, le sue riforme disegnate per ora e in attesa di esecuzione.
Sorride sotto i baffi e la barba il Cofferati neonato alla quinta vita genovese e amministrativa, mentre suona la canzone da lui scelta per chiudere: “Siamo chi siamo” del grande Ligabue, non a caso un emiliano, della città che il cinese ha governato e che ora è l’epicentro del rebus astensionistico che scuote tutti e che potrebbe far precipitare tutto questo nel melodramma se non nel dramma vero.
Da Lucio Battisti a Ligabue il Cofferati show scuote la città. Alla sua discesa ogni giorno replicano con una serie impressionante di interviste sui giornali della città, “Il Secolo XIX”, “La Repubblica” e “Il Corriere Mercantile”, una volta Burlando e una volta la Paita. Nell’ultima pubblicata dal “Decimonono” la bella Raffaella definisce “politica da foyer”, quella di Cofferati. Lui scendendo dal palco della sala Sivori e abbracciando Montaldo, che si rimetteva il testa il suo gran capello, aveva assicurato:”Non accetto la politica degli insulti, della denigrazione, i discorsi sull’età e sulle provenienze geografiche, io uso un altro stile”.
