Perché l’Italia non insegue sempre il modello Morandi? In meno di due anni, è stato ricostruito un ponte indispensabile per il futuro della Liguria e dell’intero Paese.
Genova, ottocento tra operai e tecnici hanno compiuto “il miracolo” infischiandosene della burocrazia e dei mille lacci e lacciuoli. Spesso se non sempre sono quelli che intralciano il cammino del progresso.
Segno evidente che “quando si vuole, si può andare avanti” con celerità superando qualsiasi ostacolo. Per cui la gente che ha seguito l’iter della magnifica costruzione si chiede: per quale ragione in Italia questo deve essere considerato un caso eccezionale e non deve diventare una prassi?
Al contrario, ci si comporta in modo diametralmente opposto. Ogni iniziativa viene bloccata o comunque rimandata perché “scegliere è complicato, meglio rimandare”. In particolare quando le forze politiche non trovano un accordo e si rischia di andare a sbattere.
Ecco quindi il motivo per cui otto volte su dieci (ad essere ottimisti) qualsiasi passo in avanti che si vuole compiere incontra le resistenze degli avversari. Se non talvolta degli stessi amici. Insomma è un continuo braccio di ferro non solo fra maggioranza e opposizione, ma anche fra gli stessi alleati.
L’ultimo esempio? Il problema dei migranti. Conte ha compreso (tardi) che non si può più scherzare ed ha spiegato a tutti che bisogna prendere subito provvedimenti senza perdere tempo ulteriore. Il comportamento del premier ha indispettito il segretario del Pd, il quale avrebbe voluto in passato decisioni più tempestive invece “che inseguire oggi quel che desiderava la Lega”.
Invece che agire immediatamente perché la situazione diventa ogni giorno più difficile, si continua a polemizzare e a trovare il pelo nell’uovo. Mentre i centri di accoglienza scoppiano e le fughe a migliaia continuano. Perché vivere in quella maniera diventa impossibile oltre che disumano.
“Se sapevo che questo doveva essere il mio futuro meglio rimanere nel mio Paese”, ha commentato in uno stentato inglese uno dei profughi allontanatosi da Lampedusa. Ma questo non è l’unico caso in cui qualsiasi forma di sintonia diventa improbabile.
A settembre si va a votare per il referendum che riguarda il taglio dei parlamentari. C’è chi teme (e non sono pochi) che gli italiani si pronuncino per il sì mandando a casa molti senatori e deputati. Ed allora si cerca di salvare il salvabile impedendo in qualche modo che si vada a votare. Forza Italia, i renziani e pure una parte del Pd fanno comunella facendo infuriare i Grillini che di questo problema hanno fatto uno dei loro cavalli di battaglia.
Il “modello Morandi” non fa proseliti. Le polemiche divampano anche fra gli stessi alleati e fra gli esponenti di un identico partito o Movimento. Fra i 5Stelle, ad esempio, è lotta aperta perché in molti vorrebbero far fuori il ministro Vincenzo Spadafora. Perché? Non la pensa come lor signori per la riforma dello sport.
Nella Lega i mal di pancia sono ancora più evidenti per la costituzione di un nuovo partito che abbandonerebbe la politica di “tutto al Nord”. Fra Salvini e lo stesso Giorgetti (il vice del leader) c’è una frizione evidente che non giova al Carroccio.
Berlusconi si riavvicina alla Lega difendendo Salvini dall’attacco della magistratura, simile a “quello che ho subito io qualche anno fa”. Una domanda è lecita a questo punto: il nuovo ponte di Genova è stato solo una scintilla di razionalità? Se il Paese vuole dimostrare il contrario, manifesti in estate, ma anche in autunno, il proprio talento.