PARIGI – Una buna parte della mia generazione, nata negli anni ottanta, รจ cresciuta europeista e forse non poteva essere altrimenti. La nostra รจ la generazione dello spazio Schengen (1985), del programma Erasmus (1987), dei viaggi Interrail, dei voli low cost, la prima generazione per cui viaggiare in Europa non รจ una questione di frontiere e visti, ma solo di orari, di biglietti da prendere in tempo, di amici da avvertire.
Il risultato di questa politica รจ che ormai lโEuropa fa parte della nostra identitร . Ci sentiamo italiani ma anche poi, indiscutibilmente, europei. Per mio conto, sono nato e cresciuto a Roma, da lungo tempo vivo a Parigi, con una pausa di un anno in Germania, e un giorno forse, non lo escludo, potrei anche vivere altrove, che so in Spagna o in Inghilterra. Se lโEuropa finisse, sarebbe, senzโaltro, la fine di una patria, di una delle mie patrie.
Questa eventualitร โ la fine dellโEuropa โ solo pochi mesi fa non esisteva. Oggi perรฒ lโEuropa, travolta da una crisi che ne scuote le fondamenta, si interroga sulle condizioni della sua esistenza. E sono diversi i paesi, specie i piรน fortunati, che si arroccano in egoismi nazionali che credevamo estinti. La politica di Angela Merkel e del suo governo nei confronti della crisi greca e della politica economica comune (gli eurobond) suscita non poche perplessitร tanto per i contenuti quanto per i toni. Eโ evidente, mi sembra, che il veleno dellโegoismo nazionale si รจ ormai diffuso nelle membra, una volta sane, del continente, e della Germania in particolare.
Le opinioni e le prese di posizione di Angela Merkel sono solo la punta politica di un iceberg, un blocco ancora piรน duro e ruvido, quello dellโopinione pubblica tedesca. Trovare i sentimenti peggiori della Germania รจ fin troppo facile, basta andare in edicola o su Internet e leggere il Bild-Zeitung, il quotidiano piรน venduto del paese, ma anche dellโEuropa, il sesto nel mondo, due milioni e settecentomila copie vendute ogni giorno.
Sfogliando le pagine di questo tabloid che ama i toni populisti e le donne nude sulla prima pagina, si scopre che nessun freno, nessuna misura, รจ adoperata nei confronti della Grecia. Uno dei titoli piรน recenti del giornale, riferendosi a violente e volgari critiche antitedesche ad Atene, diceva: ยซNoi paghiamo, loro ci insultano. Buttiamo la Grecia fuori dallโEuropaยป.
Poco tempo prima, lโeditoriale del giorno spiegava ยซPerchรฉ la Grecia deve uscire dallโEuropaยป, con ironico titolo di accompagnamento ยซPer Zeus! Chi ci salva dal paese-bancarotta?ยป. Ma sono innumerevoli gli articoli che esprimono un unico concetto, incessante e ripetitivo, un leit-motiv che rimbalza da una pagina allโaltra e che รจ stato esemplificato da un efficace slogan : ยซNessun centesimo di piรน per Ateneยป.
I commenti, decine e decine, lasciati dai lettori utilizzano, con poche eccezioni, gli stessi toni. Un certo Edwin Burdak scrive che ยซin queste circostanze, dopo la Grecia, verrร il turno degli altri paesi. LโItalia sbraita giร perchรฉ il contributo economico della Germania sia aumentato. Questi paesi in bancarotta faranno sempre in modo che a pagare sia lโUnione Europea, o Michel il tedesco (personificazione della nazione come Marianne per la Francia o John Bull per il Regno Unito. NdR)ยป Altri lettori se la prendono con la mancanza di carattere dei greci, come Eckart Langer: ยซPer la Grecia la cosa migliore รจ tornare alla dracma, e mostrare cosรฌ di essere abbastanza orgogliosi da non voler nuocere agli altriยป o come Sebastian-Maria Seefeld : ยซI greci non vogliono un aiuto, vogliono solo soldi. Non vogliono cambiare nulla, vogliono solo scroccare. Se avessero solo un poโ dโorgoglioโฆ Che se ne vadano dallโEuro, e anche subito!ยป.
Il piรน potente ยซopinion makerยป del paese e dellโEuropa rivela quello che sapevamo da mesi: una parte importante del popolo tedesco non si sente legata in nessun modo al destino di Atene. Chiaramente, il sentimento europeista che una parte della mia generazione credeva radicato nelle coscienze non esiste ancora, specie nel paese piรน importante, per dimensioni ed economia, del continente. Certe espressioni di un nazionalismo ruvido e meschino, degne delle birrerie piรน che di giornali e discussioni pubbliche, ci dicono che la strada per una vera integrazione, malgrado il sentimento europeista di alcuni, รจ ancora lunga, e in salita.
