
Chapeau, Monsieur Hollande. Bisogna saper uscire di scena, prendere atto di una situazione, mettere da parte il proprio narcisismo, scegliere in funzione di un’idea politica e del modo migliore per difenderla: rinunciando a ricandidarsi, il capo dello Stato ha compiuto un gesto umile ed elegante. Ha dato prova di essere un fine politico, di saper valutare serenamente lo stato del Paese e dell’opinione pubblica. A sorpresa, Franςois Hollande ne ha tratto la conclusione più logica, evitando il rischio di essere umiliato dagli elettori, magari già alle primarie socialiste di gennaio.
Ciò detto, una volta che si è reso omaggio alla dignità di un uomo certamente ferito nel suo amor proprio, non si può dimenticare l’essenziale: non ripresentarsi significa ammettere un fallimento, constatare un’impopolarità senza precedenti (le intenzioni di voto in suo favore non raggiungevano, in questi giorni, il 10 per cento). Sotto la V Repubblica, nessun presidente uscente aveva desistito, sia pur con alterne fortune (De Gaulle, Mitterrand e Chirac sono stati rieletti, Giscard d’Estaing e Sarkozy battuti). I sondaggi, l’umore del paese, le reticenze nel Partito socialista e i dubbi emersi perfino tra i suoi fedelissimi hanno avuto ragione della volontà di un uomo che ha la politica nel sangue e che fin ora non si era mai tirato indietro davanti a una battaglia.
Avremo tempo di fare un bilancio del quinquennio, forse non così negativo come sembra a prima vista. Ma è la sua personalità a non aver convinto i francesi: era piaciuto come un presidente normale per sconfiggere l’agitatissimo Sarkozy, ma non è mai riuscito a vestire i panni di un capo dello Stato carismatico, tranne al momento degli attentati. Gli scarsi risultati ottenuti, una certa difficoltà a bucare lo schermo ne hanno fatto un personaggio scialbo, che ha suscitato indifferenza più che ostilità. L’inattesa uscita di scena di un uomo emozionato riscatta la sua presidenza: « Ho servito il paese con sincerità, con onestà. L’esperienza mi ha dato l’umiltà indispensabile all’azione pubblica e di fronte alle prove ho potuto avere una capacità inesauribile di resistenza di fronte all’avversità. Ma il potere, l’esercizio del potere, i luoghi del potere e i riti del potere non mi hanno mai fatto perdere la mia lucidità, né su me stesso né sulla situazione ».
In meno di quindici giorni, il panorama politico francese è stato terremotato. Fuori le vecchie glorie, come Alain Juppé, Nicolas Sarkozy e adesso Holland. A destra è emerso un uomo su cui pochi avevano scommesso come François Fillon, che non è certo un pivellino. E a sinistra ? Adesso il favorito delle primarie socialiste è Manuel Valls. Per un primo ministro uscente, però, il percorso verso l’Eliseo (e verso la candidatura) è sempre impervio. Senza contare l’avversione fortissima dell’ala sinistra del Ps e la concorrenza dell’ex ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, che si è candidato al di fuori delle procedure di partito. Comunque vada, tutte le previsioni prevalenti appena quindici giorni fa sono state spazzate via come castelli di carte : le presidenziali di primavera sono più aperte di quel che avevamo immaginato.